MILANO – Il cacao come il petrolio. Le quotazioni sono in caduta e la crisi si sta ripercuotendo sui Paesi produttori ed esportatori: la Costa d’ Avorio in primis , che da sola produce il 37% di tutto il cacao del mondo, seguita da Ghana (24%), Nigeria (6,6%), Ecuador (6,4%) e Camerun (6,3%).
L’ Africa Occidentale e l’ America Latina forniscono il 70% della produzione mondiale. Da circa un anno, i prezzi si sono messi a scendere, toccando i minimi da tre anni a Londra (1.524 sterline per una tonnellata) e i minimi da quasi nove anni a New York (1.881 dollari a tonnellata).
Due i fattori che hanno determinato la discesa delle quotazioni: l’ abbondanza dei raccolti, che sono risultati molto floridi rispetto alle stagioni precedenti, e il calo della domanda, che ha portato a un aumento delle scorte.
In base a dati dell’ Organizzazione internazionale del Cacao (Icco), la produzione mondiale nella stagione 2016/17 raggiungerà 4,552 milioni di tonnellate, in aumento rispetto a 3,965 milioni della stagione precedente.
L’ organizzazione che ha sede nella capitale della Costa d’ Avorio Abidjan ha confermato i rischi di un surplus dell’ offerta, con eccedenze previste a 264 mila tonnellate per la stagione cominciata lo scorso ottobre, mentre l’ anno scorso c’ era stato un deficit di 196 mila tonnellate.
In Costa d’ Avorio, montagne di cacao sono ferme nei porti o addirittura nei campi. Abidjan si ritrova con quattrocentomila tonnellate invendute.
Una parte degli 800 mila coltivatori è in sciopero e gli esportatori sono in attesa di un risarcimento da parte del governo.
Secondo Joëlle Stoll, delegata della piattaforma del commercio equo e solidale della filiera che ha parlato all’ agenzia di stampa Afp, la caduta dei prezzi è una «bomba sociale», perché il prezzo di vendita è inferiore ai costi di produzione.
Il passaggio da una situazione di mancanza a una situazione di eccesso ha portato al crollo dei futures , scesi del 35% a New York negli ultimi dodici mesi, portandoli ai livelli del 2008. La discesa del prezzo rischia, quindi, di proseguire.
Se i Paesi esportatori soffrono, al contrario le quotazioni basse stanno facendo guadagnare chi il cacao lo compra per rivenderlo alle industrie. I due acquirenti più grandi al mondo sono il gruppo svizzero Barry Callebaut e la multinazionale americana Cargill.
Barry Callebaut è leader mondiale nella fabbricazione di prodotti a base di cacao e cioccolato di alta qualità.
Rifornisce Cadbury, azienda britannica di prodotti alimentari e bevande e seconda azienda al mondo per la produzione di dolciumi, e rifornisce anche Unilever e Hershey, la più grande compagnia statunitense nella produzione di cioccolato.
Dal 2015 il gruppo è guidato dal francese Antoine de Saint-Affrique. Nel 2016 ha registrato ricavi per 6,1 miliardi di euro.
Come riporta il sito del gruppo, «un prodotto su quattro a base di cacao e cioccolato consumato nel mondo proviene da Barry Callebaut, partner preferito dall’ industria alimentare e, con i due marchi globali Callebaut e Cacao Barry, il più grande fornitore al mondo di specialità di cioccolato».
Il secondo compratore – in base a dati Bloomberg – è Cargill, guidata da David MacLennan. La multinazionale statunitense, di proprietà degli eredi Cargill e MacMillian e non quotata in Borsa, con 107,2 miliardi di dollari di ricavi, è considerata l’ azienda a controllo familiare più grande del mondo 2016.
Cargill è presente in 70 Paesi e offre ingredienti utilizzati dall’ industria alimentare per la produzione di dolci, pralineria e prodotti da forno.
Fausta Chiesa