MILANO – Ne abbiamo già parlato ma è sempre bello rileggere i brevi, ma sempre verosimili e divertenti racconti di vita vissuta con un fino conduttore odoroso di caffè, narrati con la consueta vena ironica caratteristica dell’autore Riccardo Pazzaglia. Scorrendo la pagine del volumetto che li raccoglie è quasi impossibile non sentire il profumo della nera bevanda cui si riferisce il titolo, “Odore di caffè”. Ve ne proponiamo un passaggio.
Il caffè raccontato da Riccardo Pazzaglia
“Buongiorno, caffè – scrive Pazzaglia -: te lo dico ogni mattina, pensando a tutto quello che hai significato per me, attraverso gli anni, per me e per tutti, fin da quando – in braccio a mammà – tendemmo le manine verso la tazzina e la nostra linguetta, impaziente di conoscere i sapori del mondo, leccò il cucchiaino, e poi subito cominciammo a piangere perché il caffè ci era piaciuto e volevamo assaggiarlo di nuovo.”
“Quante volte poi mi sarò chiesto: ma come avrà fatto Pitagora a stare sveglio delle dolci notti di Crotone, come sarà giunto all’intuizione del carattere matematico dell’universo, senza un caffè? Tralascio tutti i pensatori che dovevano cercare di risolvere i grandi quesiti che si poneva per la prima volta la mente umana, i condottieri che dovevano preparare, nelle ore della della vigilia, i piani delle grandi battaglie della storia, gli scienziati che dovevano scoprire le leggi del la natura.”
“Essi furono grandi, ma ancora più grandi di quelli che li seguirono perché, durante le loro angosciose ricerche, non venne una sorella o una zia, una schiava, un’ancella, un luogotenente o un discepolo a dire: eccellenza, maestro, sire, il caffè è pronto, quanto zucchero?”
“Galileo dovette fare tutte le osservazioni e le scoperte che fece ancora senza poter bere alcunché che gli aprisse meglio il cervello. Mentre scriveva il Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo si guardava intorno, povero vecchio, cercando qualcosa che lo aiutasse a concentrarsi, senza sapere nemmeno che cosa. Cercava un caffè.”
“E invece mi fa ridere Emanuele Kant, che già può riempire la sua caffettiera, poi prepara la zuccheriera e poi si mette a pensare al problema della conoscenza, dice: stanotte lo risolvo.”
“Bello sforzo, con il caffè davanti il problema della conoscenza ormai lo possiamo risolvere tutti. O almeno io si”.