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venerdì 22 Novembre 2024
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Nuovo studio: cinque espressi al giorno riducono numerosi rischi per la salute

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MILANO – Se siete già alla quarta tazzina di espresso e vi sentite in colpa, un vasto studio dell’università di Southampton sul consumo di caffè potrebbe cambiarvi l’umore.

I ricercatori hanno analizzato oltre 200 ricerche già esistenti, condotte in tutto il mondo, sull’impatto che la bevanda può avere sui diversi parametri della salute, e hanno concluso che l’effetto benefico sorpassa di gran lunga le conseguenze negative (precedentemente suggerite da altre ricerche).

Le conclusioni suggeriscono che il caffè non solo possa ridurre i rischi di ammalarsi di diabete, malattie cardiovascolari e Alzheimer, ma che possa anche prevenire certi tipi di tumori e abbassare del 17% il rischio di morte prematura.

Va detto, però, che la maggioranza di questi 200 studi è puramente osservazionale e che, in ultima analisi, i ricercatori non possono essere certi che sia proprio il caffè ad aver prodotto risultati così significativi.

La quantità che massimizza gli effetti positivi sembra essere di circa 400 milligrammi.

Ossia 3-4 tazzine (da 25-30 ml) al giorno. Anche 5, quando si beve del buon arabica (47-75 milligrammi per tazzina).

Consumando questa dose si taglia del 15% il pericolo di malattie al cuore, del 36% di ammalarsi di Parkinson e del 27% di Alzheimer.

La bevanda interviene anche sulla prevenzione del cancro. Riducendo del 34% il rischio di tumore al fegato, del 17% di quello all’intestino e rivelandosi anche particolarmente efficace nel tenere lontano il tumore alla prostata, all’endometrio, alla pelle e il melanoma.

Infine il caffè è stato associato anche alla prevenzione del diabete di tipo 2 e alla cirrosi epatica. Perfino assumendo 7 tazzine al giorno i benefici superano ancora i potenziali effetti indesiderati, riducendo del 10% il rischio di morte prematura, suggerisce lo studio pubblicato sul British Medical Journal.

Gli stessi benefici sono stati osservati anche nella bevanda decaffeinata, suggerendo che non sia dunque la caffeina in sé ad agire sulla salute.

Che cosa allora?

“Il caffè contiene una complessa miscela di compound bioattivi che potrebbero avere un impatto positivo”, spiega Robin Poole, specialista di salute pubblica all’università di Southampton e co-autore dello studio, “è stato dimostrato che una larga porzione del fabbisogno giornaliero di antiossidanti arrivi proprio dal caffè, che ne fornisce più di tè, frutta e verdura. L’antiossidante più abbondante presente nella bevanda è l’acido clorogenico. Il processo di tostatura in parte lo elimina ma forma altri ossidanti alternativi”.

Effetti positivi, ma non per tutti

Gli effetti positivi, però, non sono per tutti. Nelle donne in gravidanza un elevato consumo della bevanda può incidere negativamente sul peso del neonato, contribuire a nascite premature e ad aborti spontanei.

E le donne a rischio fratture (per esempio se affette da osteoporosi) dovrebbero limitarsi a un consumo moderato (sempre 3-4 tazzine).

“Non possiamo essere certi che sia l’apporto di caffè ad aver fatto la differenza – ammette il professore di Salute Pubblica Paul Roderick, co-autore dello studio – Fattori come l’età, l’esercizio fisico e il fumo possono contribuire all’effetto finale. Per questo servono altri studi di controllo randomizzato per verificare. Ma possiamo dire, anche valutando i risultati di altre ricerche recenti, che i benefici di un moderato consumo di caffè sorpassano i rischi”.

Meglio berlo in purezza

In un editoriale, però, il British Medical Journal espone l’opinione di Eliseo Guallar, professore della John Hopkins Bloomberg School of Public Health del Maryland. Il quale scrive: “Il consumo di caffè sembra generalmente sicuro, ma di solito viene bevuto accompagnandolo con prodotti ricchi di zuccheri raffinati e grassi. Per esempio dolci, zucchero, panna, latte, che possono indipendentemente contribuire ad annullare i benefici della bevanda”.

E poi aggiunge, a scanso di equivoci: “Il caffè previene le malattie croniche e riduce la mortalità? Semplicemente non lo sappiamo. I medici dovrebbero raccomandarlo per prevenire le malattie? La gente dovrebbe cominciare a berlo per ragioni mediche? La risposta è no a entrambe le domande”.

Deborah Ameri

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