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venerdì 22 Novembre 2024
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Da Nuova Torrefazione Autonoma a Pescara, specialty e non solo: “Caffè, prodotto agricolo, non disdegniamo alcune Robuste”

Pietro: Monacelli “Quando presento il caffè ai nostri clienti, faccio passare un messaggio importante: il cibo è l’espressione culturale di un popolo, quindi qualsiasi cosa, anche lo squalo putrefatto che viene mangiato in Nord Europa, diventa appetibile. L’interazione tra uomo e ambiente fa nascere cultura: a noi interessa mantenere questa relazione anche sul caffè.

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MILANO – A Pescara, dove abitualmente l’espresso è sinonimo di miscela, tanta Robusta, molto corpo e tostature scure, Pietro Monacelli ha scelto per Nuova Torrefazione Autonoma – sul Gambero Rosso con 2 chicchi e 2 tazze -, lo specialty coffee, in linea con la sua visione enogastronomica di alto livello.

Una storia di evoluzione, che ha fatto crescere l’attività trasformandola in una location in cui poter vivere un’esperienza completa di degustazione, dal caffè al cibo, e ora al vino e i cocktail con l’entrata di due nuovi soci, Jacopo e Mario.

Nuova Torrefazione Autonoma: quando tutto è cominciato e perché puntare sullo specialty a Pescara?

“Qualche anno fa mi sono lasciato trainare dalla mia passione per il vino, che mi ha avvicinato al piacere del buon cibo. L’incontro con il caffè è stato un caso, avvenuto partecipando ad un cupping durante una giornata di divulgazione a Roma: da lì mi sono appassionato a questa bevanda.

Così ho deciso di seguire i primi corsi: l’introduction con Gianluca La Vacca de Il Manovale a Bari, da Espresso Academy con Marco Cremonesi, da Chupa Lab a Roma con Davide Spinelli per il brewing, insieme a Ermanno Perotti per il sensory e il green coffee e infine con Andrea Matarangolo per l’espresso. È diventata man mano una vera e propria professione.”

Ma come funziona Nuova Torrefazione Autonoma?

“Ci occupiamo della tostatura del verde nel nostro laboratorio di Alanno – un paesino a 30 chilometri da Pescara – con una Giesen da 6 chili a gas per servire poi i nostri caffè nel locale al centro: da Nuova Torrefazione Autonoma si trova una micro cucina e con l’uso di pochi ingredienti selezionati riusciamo a realizzare dei piatti che vadano oltre una precisa linea geografica e culturale seguendo quello che ci piace.”

Racconta Jacopo: “Abbiamo deciso di proporre una micro cucina, ovvero realizzare servire una cultura gastronomica microscopica, prendendo come riferimento dei piatti che reputiamo interessanti da varie culture: ad esempio, non faccio cucina giapponese, ma preparo il ramen, non cucina magrebina ma lo shakshuka.

Ci sono delle ricette ricorrenti nelle diverse culture gastronomiche, nonostante gli stessi popoli siano distanti non solo geograficamente ma anche culturalmente. Si parla molto di territorio, ma secondo noi esiste un livello superiore in cui non sono le località a raccontare l’uomo, ma è l’uomo che si nasconde dietro a dei piatti che ricorrono nonostante non ci siano affinità culturali o geografiche.

Ad esempio, una pasta farcita esiste in molte tradizioni, che si chiamino Gyoza o Piroghi, non importa. Così le uova al purgatorio sono simili allo shakshuka. Il fatto che siano ricorrenti significa che raccontano un piano superiore, rappresentato dall’umanità stessa: sono forme che sono dentro di noi.”

Mario aggiunge: “Per quanto riguarda i vini, abbiamo una bella cantina bio. I distillati sono di alta gamma e scelti con cura. Le serate organizzate sono diverse, anche con cibo-vino e caffè. Abbiamo anche degli Gyoza con gli scampi serviti soltanto con un’emulsione in rapid infusion con sifone a nitrato d’azoto di olio al caffè (ricavato con la robusta Indonesiana).”

Riprende Pietro: “Abbiamo scelto la Robusta perché siamo dell’idea che se scelta bene, anche questa varietà può essere interessante senza doversi riferire per forza al Fine Robusta, che quasi vuole simulare un’Arabica, perdendo però le caratteristiche tipiche della Robusta che hanno dignità di esistere a prescindere).

Per noi il caffè è un prodotto agricolo e anche per questo non disdegniamo alcune Robuste, comunque sono il frutto del lavoro dell’uomo e rappresentano un’esperienza e una declinazione culturale di un determinato Paese.

E questa è un po’ la nostra visione che abbiamo portato in Nuova Torrefazione Autonoma: è attraverso l’agricoltura che l’uomo si esprime, mettendosi in relazione con il contesto che lo circonda, servendosi delle tecnologie che ha a disposizione. Ci piace contaminare, ed è ciò che facciamo con i prodotti agricoli legati al nostro territorio. L’olio ad esempio, è di un’azienda agricola locale.

I piatti in menù spesso variano: c’è anche il flan alla cipolla (che prima era di melanzane) con salsa al cappuccino con una sferificazione inversa di caffè. Rispetto al classico cappuccino, per questo piatto cambiamo il rapporto tra caffè e latte, in modo che risulti equilibrato nell’abbinamento con la cipolla, che poi viene addensata su fiamma a bassa temperatura e sopra avviene la sferificazione che appare come il caviale.”

Ma tostare il proprio caffè cosa comporta per Nuova Torrefazione Autonoma?

“Mi occupo io dell’approvvigionamento del verde in direct trading. Ho collaborato molto con Forest Coffee della Colombia, in carta abbiamo 4 dei loro caffè. Altrimenti mi servo delle relazioni instaurate che mi aiutano a trovare altri contatti. Oltre a questo, ospitiamo ogni settimana un caffè guest di una torrefazione di solito europea o italiana che proponiamo come filtro della settimana, con il metodo più adatto secondo il nostro palato.”

Ma è difficile raccontare questi caffè ai clienti di Pescara?

“Quando presento il caffè ai nostri clienti, faccio passare un messaggio importante: il cibo è l’espressione culturale di un popolo, quindi qualsiasi cosa, anche lo squalo putrefatto che viene mangiato in Nord Europa, diventa appetibile.

L’interazione tra uomo e ambiente fa nascere cultura: a noi interessa mantenere questa relazione anche sul caffè. Se pensiamo a questo paradigma, in Italia dobbiamo ammettere che è assolutamente sovvertito: l’idea che abbiamo di come dovrebbe essere un caffè non è infatti nato dal nostro rapporto con l’ambiente, dato che non coltiviamo la materia prima, ma da ciò che ci ha inculcato l’industria caffeicola.

Il modo in cui siamo abituati a bere l’espresso è un’espressione non tanto culturale ma di tipo commerciale: ciò che ci piace, ce l’hanno fatto piacere.

Noi di Nuova Torrefazione Autonoma, vogliamo tornare alla dinamica originaria che riguarda l’uomo e il suo rapporto con il prodotto agricolo.

Per questo, continueremo a proporre un piccolo corso di 3 ore per avvicinarsi al caffè da Nuova Torrefazione Autonoma e aprire il mondo del chicco specialty agli interessati, con un prezzo simbolico di 30 euro: l’idea di attribuire un valore anche alla divulgazione culturale è precisa, perché spesso nel mondo del caffè un prezzo basso è sinonimo di un basso valore percepito o comunicato.

Quindi da Nuova Torrefazione Autonoma i corsi hanno un prezzo che possa dare valore alla materia prima.

Devo dire che sono molto frequentati, le persone sono curiose e non si fermano ad un primo incontro. E poi vogliono anche bere il filtro singolo a 5 euro, (il batch brew lo vendiamo a 3 euro) che sono in aumento in questi anni (da noi arriviamo a prepararne almeno un 35% del volume): questo significa che, se le cose vengono spiegate, introdotte bene, chi è interessato si avvicina e si appassiona.

Ad esempio, il filtro lo prepariamo in maniera particolare: il cliente entra, sulla carta lo sceglie e io arrivo con i grani sul vassoio, il macinino al tavolo per preparare sul momento, e intanto racconto le caratteristiche del caffè che viene estratto lì sul tavolo.”

Quali attrezzature avete scelto?

L’espresso (foto concessa)

“Una XLVI indipendente a due gruppi che abbiamo scelto perché ci interessa la precisione nell’estrazione e perché l’assorbimento termico è basso. Bisogna essere sostenibili e il risparmio energetico è fondamentale. “

Da Nuova Torrefazione Autonoma come avete gestito la questione del personale?

“Siamo in tre: io mi occupo principalmente della parte che riguarda specificamente il caffè e gli altri due sono dei fratelli, Jacopo e Mario Antonini, baristi, sommelier e barman esperti che hanno sempre gravitato attorno al mondo dello specialty. L’idea è di affrontare un’operazione di rebranding per essere più accessibili.

Per l’espresso base è ancora oggi una miscela blend (Brasile, Colombia, Etiopia) che è a 1,50. Il cappuccino invece costa 2,50, preparato con un latte locale di qualità che costa uguale alla bevanda vegetale, perché così abbiamo stabilito così. Abbiamo anche una piccola drink list a base caffè, ma nell’offerta futura introdurremo anche delle novità.
Per il prossimo futuro non vogliamo perdere la nostra identità legata fortemente al caffè, ma trasferire questa stessa visione ed etica su tutte le altre categorie di prodotti proposti a Nuova Torrefazione Autonoma.”

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