Chi decide di dimagrire per prima cosa riduce o elimina grassi e zuccheri dalla dieta. Tagliare gli zuccheri è facile, basta ricorrere a qualcuno dei tanti dolcificanti artificiali disponibili. Ma questa strategia non ha ridotto l’incidenza dell’obesità che anzi è in aumento. A sua volta l’obesità aumenta il rischio delle malattie metaboliche come il diabete di tipo 2, caratterizzato da alti llivelli di zuccheri nel sangue (elevata glicemia) e da ridotta sensibilità delle cellule all’ormone insulina (insulinoresistenza) per cui non sono più in grado di assorbire il glucosio, loro carburante.
TOPI A DIETA. Ora un gruppo di ricercatori del Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele, guidato da Eran Elinav, pubblica online su Nature un articolo che fa le pulci ai dolcificanti artificiali e in particolare a saccarina (E954), sucralosio (E955) e aspartame (E951).
I ricercatori israeliani hanno somministrato dosi quotidiane normali dei tre dolcificanti artificiali separatamente a tre diversi gruppi di topi e hanno confrontato la glicemia di questi animali con quelli di un quarto gruppo di topi alimentati a zucchero, e hanno scoperto che la glicemia degli animali alimentati con i dolcificanti si alza molto più di quella degli animali alimentati a zucchero, a prescindere dalla dieta normale o povera di grassi.
Poché è risaputo che ogni cambiamento della dieta influisce sulle colonie di batteri che abitano il colon, i ricercatori israeliani hanno voluto verificare se nei loro topi qualcosa fosse cambiato: somministrando antibiotici per eliminare i batteri del colon hanno scoperto che con i batteri se ne andava anche l’intolleranza al glucosio dei topi alimentati con i dolcificanti. E che se trapiantavano le feci di topi alimentati con i dolcificanti in topi mantenuti con il colon sterile, questi sviluppavano un aumento della glicemia.
Anche il microbiota, la popolazione batterica intestinale dei topi alimentati a dolcificanti artificiali, risultava diverso da quello dei topi alimentati a zucchero: nei primi erano presenti batteri degradatori dei carboidrati, come nei topi obesi.
LO STUDIO SULL’UOMO I ricercatori del Weizmann non si sono fermati ai topi e hanno studiato 400 pazienti, dimostrando che anche nell’uomo il microbiota di chi consuma dolcificanti artificiali è diverso da quello di chi consuma zucchero. Sono però bastati 4 giorni di dieta a base di dolcificanti per alterare la glicemia e il microbiota di 7 pazienti che fino a quel momento non ne avevano consumati.
L’intestino è pervalentemente colonizzato da due ceppi batterici: i Bacteroidetes e i Firmicutes. Nei soggetti obesi, siano essi topi o esseri umani, la normale proporzione è alterata rispetto a quella dei soggetti normopeso: ci sono meno Bacteroidetes e più Firmicutes. Ma questa composizione è reversibile: basta cambiare dieta, e se si riduce la quota di carboidrati i Bacteroidetes aumentano.
A quali conclusioni porta questo studio? Prima di tutto che i dolcificanti artificiali sembrano essere una scelta non priva di conseguenze. Ma non si sa ancora esattamente per quale meccanismo: se i batteri rispondono ai dolcificanti artificiali aumentando l’estrazione di energia dalla dieta o se questi dolcificanti impediscono la crescita di particolari popolazioni batteriche favorevoli mentre le specie batteriche favorite aumentano la produzione di sostanze che contribuiscono all’insulino-resistenza. Ma sono ipotesi che troveranno soluzione nei prossimi studi.
Per ora i ricercatori israeliani si limitano a concludere il loro studio scrivendo «I nostri risultati suggeriscono che i dolcificanti artificiali possono aver contribuito in modo diretto all’aumento dell’epidemia che avrebbero dovuto combattere. Legano il consumo di dolcificanti artificiali con le alterazioni del microbiota e con le anomalie metaboliche. E impongono una rivalutazione del massiccio uso di dolcificanti arficiali».