BERGAMO – Erminia Nodari, titolare di L’Art Caffè, ha ospitato una finale italiana del campionato roasting a Bergamo presso la sua microroastery di Piazza Pontida. Ha deciso di partecipare al dibattito che ruota attorno alla nuova offerta Coca-cola al gusto espresso. Aggiungendo la sua voce alle parole di Andrej Godina e Gianfranco Brumen.
Nodari: la lettera aperta
Carissimo Andrej,
ho letto con interesse le tue concise e sintetiche, ma efficaci osservazioni in merito alla recente notizia che ci informa di questo nuovo prodotto Coca-cola ‘ al gusto di espresso’ denominata Coca-Cola Plus Cafè Espresso e mi permetto qualche battuta.
Le tue considerazioni stimolano riflessioni che vorrei condividere.
Mi viene da chiedermi come si possa definire espresso una bevanda, tra l’altro, suppongo gassata, sia pure al gusto di espresso.
Quali caratteristiche ha questa bevanda? Cosa significa ‘gusto espresso’?
Di per sé ogni tazza di espresso ha, o dovrebbe avere, un profilo ed una identità unica lontana dall’omologazione. Per cui ci sarebbe da chiedersi quali sono le note sensoriali che, presenti nella bibita, evocherebbero l’espresso.
Così come viene codificato un espresso dal consumatore medio e quale sintesi, presente nella bevanda, possa evocarlo. Io credo, che questa sia una semplice operazione commerciale. Con facili e scontati riferimenti.
L’espresso viene utilizzato come slogan
Solo in relazione alle sue proprietà stimolanti, ( + caffeina) . Negazione quindi, e non riconoscimento dell’espresso.
In merito al marchio espresso italiano e alla sua improbabile identità nazionale, mi permetto di dire che a minare la sua esistenza e la sua filiera, siano non tanto la differenza di abitudini e gusti lungo la penisola, che caso mai potrebbe generare differenze interessanti, ma caso mai, una certa cattiva gestione della sua qualità in tazza.
Fra presunzione di onnipotenza, grossi interessi da tutelare; mancanza di consapevolezza, profonda ignoranza e una buona dose di cattiva fede sia fra gli operatori che, fra i consumatori.
Senza pregiudizi ma senza ipocrisia
Sappiamo che macchina da soldi è l’espresso in Italia e quali conseguenze nefaste abbia causato sulla sua qualità in tazza.
Difficile quindi tutelare o proteggere qualcosa che non si conosce, a cui non si dedica attenzione; che serve soprattutto per generare grandi profitti, sacrificando la qualità.
Invece di preoccuparci di definire e cercare di tutelare parametri ingessati che denotano una cattiva conoscenza del caffè e degli strumenti a disposizione per ottenere buoni risultati in tazza, varrebbe la pena di cercare come ottenere note aromatiche e una esperienza sensoriale sempre unica.
Incentivando sperimentazione e condivisione di informazioni e soprattutto dando spazio alla valorizzazione di tutta la catena del caffè.
L’espresso italiano è morto tanto tempo fa
Quando la ricerca del massimo profitto ha preso il sopravvento sulla ricerca della qualità. Questo ha generato confusione anche e soprattutto nel consumatore, che, ormai, spesso, si adegua ed è lontano mille miglia dalla consapevolezza di come possa essere un buon espresso.
L’Italia non è comunque sola, in questo panorama
Sempre per tenerci lontani da pregiudizi e luoghi comuni, la media dei caffè espressi scadenti è alta anche negli altri Paesi e la ricerca del buon espresso limitata al mondo dei caffè Specialty, ancora molto ristretto anche se vivace e molto interessante.
Per concludere, credo che i prodotti quali Coca-Cola Plus Cafè Espresso, abbiano spazio in mercati dove l’idea di espresso è molto lontana dall’essere associata all’esperienza sensoriale che può generare questa bevanda.