MILANO – Peggio delle montagne russe: alti e bassi marcati e turbolenze caratterizzano i mercati del caffè in quest’ultimo scorcio dell’anno. All’Ice Arabica, il contratto per scadenza marzo si è rivalutato, martedì 19 dicembre, del 6% volando a quota 202,40 centesimi, ai massimi da metà aprile.
Ma i guadagni sono andati totalmente persi nella seduta di ieri, mercoledì 20 dicembre, quando il benchmark newyorchese ha lasciato sul campo 1.180 punti precipitando a 190,60 centesimi.
Meno marcata la caduta dei robusta. La scadenza marzo della borsa londinese ha guadagnato martedì il 4,9% chiudendo a 2.932 dollari, dopo avere toccato in corso di contrattazione un massimo di 2.952 dollari, il livello più alto degli ultimi 15 anni. Nella seduta di mercoledì è subentrato un parziale ridimensionamento, che ha riportato il benchmark a 2.870 dollari.
Cosa motiva questo andamento così discontinuo nei mercati del caffè?
Come sempre, le concause sono molteplici. Va innanzitutto tenuto conto del perdurante stato di sofferenza delle scorte certificate, sempre prossime ai minimi storici, sia a New York che a Londra.
La variabile aleatoria del clima fa anch’essa la sua parte, con molte aree di produzione soggette ad anomalie imputabili al fenomeno El Niño.
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