lunedì 23 Dicembre 2024
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Nestlé investe in Italia e nello stabilimento Perugina contro la crisi

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PERUGIA – Nestlé è «fortemente convinta» che lo stabilimento Perugina di San Sisto «possa affrontare e vincere le nuove sfide competitive, pur in un contesto di crisi, tanto da aver proposto al sindacato l’adozione di un “patto generazionale per favorire l’occupazione giovanile”.

L’azienda «a fronte dello slittamento delle pensioni, che rischia di sbarrare la strada alle occasioni di lavoro per i giovani, ha ritenuto opportuno offrire ai lavoratori che volontariamente accetteranno di ridurre l’orario di lavoro da 40 a 30 ore settimanali, la possibilità dell’assunzione di un figlio presso lo stabilimento di San Sisto».

In un comunicato, Nestlé Italiana definisce questa proposta una

«risposta seria, responsabile e coraggiosa in un momento di difficoltà per l’economia, non solo in Umbria e in Italia, ma in molti Paesi europei». E non si fermerà a Perugia la proposta della Nestlé per una sorta di «patto generazionale» in termini di contratto di lavoro tra genitori e figli.

«Se ci sono le condizioni verrà estesa anche ad altre realtà, per esempio agli uffici di Milano» ha detto Gianluigi Toia, direttore relazione industriale del gruppo Nestlé. «Non si tratta di un automatismo, la scelta è a totale discrezione del lavoratore o lavoratrice – afferma Toia – nel caso abbiano figli idonei».

«Non tutti se la sentono di continuare a lavorare fino a 67 anni, diciamo – ha proseguito Toia – che la proposta è una diretta conseguenza della riforma Fornero». Se ci sono le condizioni, è lo stesso dipendente con un contratto di 40 ore, a proporre di lavorarne 30; in tal modo – prosegue il direttore delle relazioni industriali della Nestlé – si vedrà decurtato lo stipendio del 20% anziché del 25%.

Il figlio o la figlia, se considerati idonei, verranno assunti con un contratto a tempo indeterminato a 30 ore per iniziare. Insomma – dice Toia – in una famiglia entra uno stipendio e mezzo invece di uno. Tra molti lavoratori la proposta ha suscitato commenti positivi, anche sul web. Molti hanno detto «perché no?».

Una proposta quindi figlia della riforma Fornero ?

«Finora si andava in pensione a 60 anni, oggi a 67. Per alcune persone – spiega – può andare bene, ad altri può non entusiasmare, preferiscono passare meno ore al lavoro. Il vantaggio di un’azienda sta nel giusto equilibrio tra forze »imparate« e forze fresche. In tal modo introduciamo forze fresche, sfruttando allo stesso tempo l’esperienza. Per quelli che non se la sentono è un’opportunità, così come quella per un giovane di avere un contratto a tempo indeterminato di questi tempo.

La precarietà di cui parlano i sindacati non so dove la vedono» «Non ci vedo nulla di strano. Spero che le resistenze dei sindacati possano essere superate. Se così sarà, l’iniziativa potrà essere estesa, realisticamente potrebbero essere interessati gli uffici milanesi. È ancora da discutere, tanto rumore per nulla». In Italia il gruppo Nestlé ha 18 sedi e conta oltre 5.500 dipendenti; le più grandi sono la Perugina a San Sisto e la sede di Milano, con oltre un migliaio di addetti l’una. A proposito di Perugia l’azienda smentisce l’ipotesi circolata di 150 esuberi.

La Cgil: “La proposta Nestlé è una provocazione”

MILANO – La proposta di Nestlè di barattare i diritti dei lavoratori dello stabilimento Perugina di San Sisto, acquisiti negli anni, con una prospettiva di lavoro, comunque flessibile per i figli, è «assolutamente inaccettabile oltre che impraticabile». La Flai Cgil l’ha già respinta al tavolo ufficiale in Confindustria, «prima di tutto – si legge in una nota – perché non risolverebbe né i problemi occupazionali, né quelli della fabbrica. Quello che serve realmente, e che il sindacato chiede da tempo, è un piano pluriennale serio di rilancio dello stabilimento di San Sisto e non certo un improbabile scambio tra diritti, che peserebbe comunque tutto sulle spalle dei lavoratori».

«Se Nestlè – continua la nota – vuole veramente guardare al futuro e favorire l’occupazione giovanile, lasci perdere queste uscite estemporanee, e realizzi investimenti, assumendo giovani lavoratrici e lavoratori, senza per questo penalizzare chi per anni ha costruito la ricchezza di questa fabbrica. Le guerre tra generazioni in stile Fornero non ci interessano. Gli errori commessi in questi anni dal management non posso ricadere sempre sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori di San Sisto che non hanno certo responsabilità».

«Infine – conclude la nota – facciamo notare che a forza di processi di mobilità e di riorganizzazione l’età media in fabbrica si è talmente abbassata che nella stragrande maggioranza dei casi i figli dei dipendenti oggi sono minorenni e l’assunzione dei minorenni è una pratica che siamo certi Nestlé non voglia adottare in nessuna parte del mondo». E «Sulla pseudo vertenza che si è aperta a Perugia dopo la proposta avanza dalla Nestlé su una sorta di patto generazionale», la Flai Cgil respinge le accuse di «arretratezza culturale e politica».

In questo momento, afferma il sindacato, «i lavoratori della Perugina si sono riuniti in assemblea, hanno detto no alla proposta e hanno fatto sciopero». «La Flai è all’avanguardia per la qualità delle relazioni sindacali – afferma il segretario generale Stefania Crogi – e ha già siglato accordi, fin dal 2004, che hanno permesso l’ingresso dei giovani. Penso ai 400 giovani a part time ai quali abbiamo offerto concrete prospettive di stabilizzazione; agli accordi per la flessibilità, per l’organizzazione del lavoro, per il rilancio della produttività».

«Di sbagliato nella proposta della Nestlé vi è innanzitutto – secondo Crogi – la scelta della via mediatica per comunicarla: una multinazionale come la Nestlé con cui abbiamo relazioni sindacali forti e consolidate, ha scelto le pagine dei giornali invece del tavolo di confronto, e questa è una modalità sbagliata, sempre e comunque, a prescindere. Quanto al merito, le cose non vanno meglio, e quando si ricevono proposte come quella fatta ai lavoratori della Perugina, bisogna capire le reali implicazioni che hanno, e magari questo non è il ruolo di un economista. Portare a riduzione di 10 ore l’orario equivale, su un salario netto medio per un lavoratore Perugina, passare da 1400 euro a 1000 circa; significa, grazie alla riforma Fornero che ci vedrà andare in pensione con il sistema contributivo, una incidenza di uguale entità sulla misura della pensione».

“Nelle banche nessun passaggio automatico lavoro padre-figlio solo impegni a latere dei contratti, mai negli accordi”

Assumere figli dei dipendenti che accettino di ridursi l’orario. È la proposta avanzata da Nestlè, che ha già suscitato l’alzata di scudi da parte dei sindacati. Un qualcosa di simile, il passaggio del posto di padre in figlio, lo si ritrova nella tradizione delle banche, tanto che i sindacati dei bancari lo hanno sperimentato nel corso della concertazione. «Quello che è accaduto nel settore bancario -spiega Massimo Masi, segretario generale della Uilca- è in realtà un po’ diverso, perché non si è mai trattato di uno scambio tra padre e figlio a fronte di una riduzione dell’orario, ma semmai di una possibilità di lavoro per il figlio offerta a fronte dell’uscita totale dal lavoro, per pensionamento, del padre».

E comunque, precisa Masi, «su questo non è mai stato fatto un accordo». «Ci sono state delle lettere di impegno da parte delle aziende a latere dei contratti -aggiunge- come nel caso di Unicredit, che si impegnava a fare un colloquio al figlio nel momento in cui il genitore andava via e il figlio si doveva rivelare idoneo all’assunzione. In alcune banche, come in alcune Bcc, è stato fatto in passato uno scambio padre-figlio -ricorda ancora Masi- così come questo scambio era un fatto molto presente in certe banche come la ex Banca di Roma, ma lì non si è trattato mai di una riduzione di orario».

Al Monte dei Paschi c’erano (ma ora non più) «addirittura due concorsi diversi: uno per tutti, più pesante, e uno per i figli dei dipendenti, più semplice, così come alla Bpm c’erano accordi per un ricambio generazionale, ma mai -sottolinea Masi- l’assunzione del figlio era garantita da un accordo sindacale e non è mai stata un automatismo completo».

Uila: la Nestlé torni ad investire in Italia

«Stupisce, innanzitutto, che la proposta sul cosiddetto patto generazionale abbia generato tanta attenzione mediatica e anche giudizi che denotano scarsa informazione, a 20 giorni di distanza dalla presentazione, da parte della Nestlé, del piano industriale che riguarda lo stabilimento Perugina di San Sisto (Pg)». È questo il giudizio del segretario nazionale della Uila-Uil Pietro Pellegrini sulle vicende che stanno interessando il gruppo Nestlé.

La proposta sul patto generazionale, sottolinea il sindacalista

«potrà anche essere positiva per qualche lavoratore e, se l’azienda intende portarla avanti, noi non alzeremo barricate: è e resterà sempre una scelta individuale che ciascun lavoratore potrà fare, ma i problemi sono altri. Rispetto ai contenuti del piano presentato da Nestlé, infatti -spiega Pellegrini- quella proposta appare come uno ‘specchietto per allodole che nasconde una realtà molto diversa e più complessa; quella di un gruppo che, negli anni, ha preferito investire in altri paesi piuttosto che in Italia e che mira a ristrutturare lo stabilimento di San Sisto della Perugina, per trasformarlo in un sito per produzioni stagionali».

L’azienda, infatti, sottolinea, «ha chiesto di introdurre, nei momenti di picco produttivo, un orario di lavoro di 6 ore al giorno per 6 giorni la settimana, distribuite su quattro turni; una soluzione che penalizzerebbe i lavoratori due volte con la perdita di 4 ore di lavoro (rispetto alle 40 settimanali previste dal Ccnl) e, sul versante salariale, degli elementi straordinari e accessori della retribuzione.

Come se non bastasse, il piano prevede che, ai periodi di massima produzione, ne seguano altri con l’applicazione di contratti di solidarietà, con la conseguente riduzione dei salari del 40%. Questo è per noi inaccettabile! L’azienda deve tornare a investire seriamente anche in Italia e mirare a de-stagionalizzare la produzione dello stabilimento di Perugia. Per questo, però, al di lá delle buone relazioni sindacali esistenti, serve un cambio di indirizzo da parte di Nestlé Europa».

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