MILANO – Torna Massimiliano Marchesi, Coffee Ambassador Nespresso, che ci
accoglie nella boutique di Piazza del Liberty 8 a Milano per raccontarci la storia del caffè;
un racconto che si distacca dai suoi precedenti interventi concentrati sulla degustazione.
“La storia del caffè è affascinante e nei dettagli la conoscono in pochi. Lo scorso anno
abbiamo già cominciato a raccontarla attraverso il lancio di Arabica Harrar e Robusta
Uganda. Due edizioni limitate che rimandavano alla storia della scoperta del caffè in questi due Paesi dell’Africa.
Iniziamo il racconto da Arabica Harrar, attraverso la famosa leggenda del pastore Kaldi
Il quale, attraverso le sue capre, si accorse per primo dei poteri energizzanti delle ciliegie
rosse. Il pastore consegnò le ciliegie al Monaco, il quale, pensando che fossero un
prodotto del diavolo, le buttò nel fuoco ma ne scoprì l’aroma inebriante del caffè tostato.
L’Uganda invece ha un vissuto dall’aspetto più tribale. Molto più legato ai riti di queste
popolazioni che intorno al Lago Vittoria, celebravano matrimoni e unioni tra tribù
utilizzando il chicco di caffè come simbolo di unione tra le famiglie.”
Marchesi assaggiatore: scegliamo Robusta particolari
“A noi piace proporre il Robusta perché sappiamo che è un tipo di varietà che incontra
molto il gusto dei nostri consumatori, in particolare di quelli italiani. Sappiamo inoltre
che dev’essere un Robusta Premium, molto ricercato e della massima qualità. Capace di
dare le sue caratteristiche alla miscela, ovvero la corposità, la speziatura e la persistenza; senza alcun difetto.”
E’ un prodotto dedicato all’Italia, oppure c’è una richiesta di questo Robusta Uganda anche all’estero?
“I caffè corposi piacciono anche all’estero e le nostre miscele contenenti Robusta Premium sono molto di moda anche in altri Paesi. Parliamo ad esempio di Kazaar. Ma anche di Ristretto, uno dei nostri caffè più venduti.”
Poi la storia è andata avanti…
“Ci spostiamo temporalmente nel 1500, subito dopo il Medioevo, quando le piante ed il
consumo di caffè passano dall’Etiopia attraverso il Mar Rosso. Fino alla Penisola
Arabica.
In particolare, nel Sud della penisola Arabica, nello Yemen, si comincia a bere questa
bevanda scura. Proprio in Yemen c’era, e c’è ancora oggi, un porto rinomato nella zona che si chiama Mocha. Che ha dato il nome a una varietà di caffè coltivata nello Yemen e
che, come potete intuire, ha dato il nome alla classica caffettiera.
Da qui prende poi la via del Nord, del Mar Rosso e del Mediterraneo. Dal porto di
Alessandria d’Egitto viene quindi distribuito verso il Medio Oriente a Istanbul. E poi verso l’Europa, a Venezia. Questi due luoghi sono il teatro della diffusione del caffè soprattutto per il popolo, come bevanda sociale accessibile a tutti.”
A Istanbul come si è diffuso?
“Siamo nel 1550 circa, quando l’ambasciatore turco nello Yemen porta al sultano di
Istanbul, all’epoca il famoso Solimano il Magnifico, il caffè per la prima volta. Questo
ambasciatore aveva visto le abitudini di consumo degli yemeniti e le propone al sultano; il quale apprezza molto e ne comincia il consumo riempiendo il palazzo Topkapi a Istanbul
dell’ aroma fragrante del caffè tostato.
All’epoca il caffè veniva tostato sul fuoco, macinato poi con dei pestelli e infine preparato
in infusione con il metodo ibrik, utilizzando il pentolino di rame la Cezve. Il caffè, portato a ebollizione, veniva poi servito con la polvere del caffè dentro.”
Su Venezia, che cosa avete scoperto? Il pentolino c’era?
“Possiamo ipotizzare che ci fosse il pentolino, perché a Venezia il caffè l’hanno portato i turchi. Il caffè si inizia a diffondere nei primi del 1700 – ben 150 anni dopo Solimano il
Magnifico. Qui la bevanda era in quel periodo vietata ai Cristiani, perché consumata dai
musulmani e quindi considerata la bevanda degli infedeli.
Arrivò poi Papa Clemente VIII, che era una persona molto curiosa e che volle farsi portare la migliore tra le miscele di caffè presente in commercio ai tempi. Provandola, decise che non c’era niente di male ad aprire il mercato a questa bevanda anche ai cristiani e così, il commercio del caffè si apre ai mercanti veneziani e attraverso questa città all’Italia.”
A Venezia come lo preparavano?
“Si pensa che inizialmente si fosse adottata la preparazione turca per ebollizione e
infusione. Solo dopo sono arrivati i filtri e ancora più tardi, le macchine da espresso e la
Moka. Ma ciò che ci piace celebrare in questo momento è la diffusione della cultura del caffè, tramite l’apertura delle botteghe del caffè sia a Istanbul che a Venezia.
Cosa successe? A Istanbul, dopo che il caffè si diffuse nel palazzo del sultano, si crearono
le prime figure di questo settore. Esisteva quindi il mastro torrefattore, il mastro
coppiere, ovvero colui che serviva il caffè al sultano, scelto per la sua discrezione nel
mantenere i segreti.
Dopodiché, il caffè entra nelle case dei nobili che frequentavano il sultano per poi arrivare
nei bazar e solo nel 1555, viene aperta la prima bottega del caffè a Istanbul, con il nome di Kiva Han.
Questo è il primo momento in cui tutto il popolo, sebbene soltanto gli uomini, viene a contatto con la bevanda che diventa sociale. Una bevanda attorno alla quale si
discute di attualità e di cultura, tanto che gli arabi e i turchi chiamavano il caffè “il latte dei pensatori e dei giocatori di scacchi.”
Una curiosità: a Istanbul c’erano miscele o monorigini?
“Principalmente il caffè arrivava dall’Africa e dallo Yemen. Ovviamente non esistevano
ancora i caffè sudamericani. Tuttavia si cominciava anche a percorrere la strada delle Indie per generare le prime miscele di caffè. Chiaramente non c’erano tutta l’attenzione e la cultura che esistono oggi nei confronti dell’aspetto organolettico del caffè. Che tengono conto non solo dei Paesi di origine del caffè, ma anche della tostatura, della miscelatura o della macinatura.”
Come mai vi siete concentrati più sulla storia che sul prodotto?
“I nostri clienti hanno voglia di conoscere tutto attorno al caffè e di innamorarsi di questo
prodotto. Per farlo, è importante anche conoscere la sua storia per capire come è nato e
si è diffuso. I nostri clienti hanno sempre un desiderio genuino di conoscere le nostre storie sul caffè.”
Come arriva al cliente Nespresso questo messaggio?
“Questo messaggio arriva ai nostri clienti attraverso tutti i nostri strumenti di
comunicazione. In particolare, nelle Boutique i nostri clienti sono i più coccolati, perché
hanno un rapporto diretto con noi, vis-à-vis, con i nostri ragazzi preparati ad affascinarli
con storie appassionanti come quella della diffusione del caffè a Istanbul e a Venezia.
Perchè Istanbul e Venezia sono edizioni limitate?
“Ci piace animare la nostra gamma con dei caffè in edizione limitata, che ci danno
l’opportunità di raccontare delle storie sempre diverse. Dalla storia del prodotto, al
racconto di diversi metodi di lavorazione come ci hanno danno l’opportunità di fare i nostri
Master Origin lanciati a settembre.
Le storie possono poi riguardare le varietà, Arabica e Robusta, oppure le terre d’origine. In questo modo, possiamo raccontare sempre qualcosa di diverso ai nostri clienti, ampliando la loro conoscenza della materia.”
Ci saranno altre incursioni di Nespresso nella storia?
“Senz’altro. Perché questo contribuisce tanto a creare amore e attaccamento al caffè. Le
storie affascinano non solo i bambini ma anche gli adulti e per questo restano il modo
migliore per avvicinarsi a questo meraviglioso mondo.”