MILANO – Niente da fare, alla fine Dan Shafer ha perso la guerra del caffè con gli asiatici. In un’asta online per una pregiata varietà di chicchi prodotta in Ruanda, l’americano, che lavora per la società di import Crop to Cup Coffee Importers, era convinto di potercela fare ad aggiudicarsi una tonnellata di caffè proveniente da una piccola fattoria del paese africano.
Ma, dopo circa quattro ore, egli ha dovuto arrendersi di fronte al prezzo balzato a 8 dollari (6,30 euro) alla libbra (circa 453 grammi): una somma più che quadrupla rispetto alla quotazione media mondiale.
A uscirne vincitore è stata una società sudcoreana. Molte realtà asiatiche dominano il mercato elettronico delle aste, dove viene commercializzata gran parte del caffè più costoso.
Il consumo di questa bevanda in Oriente sta crescendo rapidamente. Alcuni addetti ai lavori affermano che gli asiatici non si fanno problemi a sborsare enormi cifre per i tipi più rari di chicchi, che rappresentano una novità in nazioni tradizionalmente legate al tè come la Corea del Sud e la Cina.
I futures relativi al caffè di tipo arabica sono raddoppiati quest’anno a 2,20 dollari alla libbra: ciò ha portato marchi del largo consumo come Starbucks ad alzare i prezzi. Il caffè al quale puntava da Shafer può essere venduto, nei negozi e nei bar, anche a 30 dollari (23,50 euro) alla libbra.