TORINO – La «Nuvola» (nella foto sopra). La casa di seicento «collaboratori» – così in Lavazza chiamano i dipendenti – che entro una decina di giorni completeranno il trasloco comincia da un ingresso di 900 metri quadri nato per essere uno spazio comune. (Sulla costruzione si veda https://www.comunicaffe.it/lavazza-dentro-la-nuova-sede-della-societa-torinese/ )
Cino Zucchi il progettista lo ha pensato per accogliere e «accoglienza» è una parola fondamentale per chi produce, vende, trasforma e crea sogni al profumo di caffè. La «Nuvola» è in via Bologna 32, quartiere Aurora.
Un pezzo di città che grazie alla nuova casa di Lavazza sarà restituito alla città un po’ più sano e che ha forse la più grande occasione di riscatto della sua storia.
Anche perché a inizio 2018 saranno aperti il Museo Lavazza, de La Centrale – che ospiterà al suo interno il ristorante gourmet «Condividere» studiato insieme a Ferran Adrià, con la scenografia disegnata da Dante Ferretti e la cucina di Federico Zanasi – e uno spazio eventi in grado di accogliere fino a mille persone, in cui si potranno tenere mostre, concerti, esposizioni temporanee.
Varcando la soglia si arriva nell’ ingresso-cuore della «Nuvola». Il percorso che da metà maggio a metà giugno stanno facendo tutti i 600 collaboratori di Lavazza. Che, superando quelle porte, entrano nella loro nuova vita.
Un luogo pronto per essere il centro di centinaia di eventi e lo sovrasta una scala «molliniana» che porta ai piani superiori chi sceglie di camminare ed evita gli ascensori ipertecnologici.
Una scelta che in qualche modo è suggerita qui a casa Lavazza dove ogni spazio è concepito per muoversi, per evitare la vita sedentaria e le ore alla scrivania.
Non una dichiarazione di intenti, ma una scelta nata quando i progettisti si sono messi al lavoro e hanno condiviso con i collaboratori la gestione di ogni singolo spazio. Questo è avvenuto attraverso un sistema di ambassador che hanno coinvolto tutti i colleghi nelle scelte.
Condivisione è la parola chiave qui in via Bologna 32. Perché prima di arrivare a mettere giù un piano con chi avrebbe usato gli spazi, la multinazionale del caffè ha «condiviso» l’intero progetto con il quartiere. Informando le mamme dell’asilo come i vicini di ogni progresso.
E non è un caso torinese ma il filo che lega gli spazi Lavazza. Da Stoccolma, a Francoforte, a New York. Un filo che tiene insieme anche i colori scelti per gli interni dal color caffè al rosso Lavazza.
Una coerenza nel nome che torna negli ometti del calciobalilla fatti a forma di «caballero» o di «carmencita». Una simbologia che torna negli attaccapanni o nelle indicazioni di bagni e spogliatoi.
Una logica che collega tutti i seicento che lavorano nella «Nuvola». Perché la scelta di costruire la sede in via Bologna è anche il frutto di un’ analisi dei luoghi di residenza dei dipendenti. Deportarli in uno spazio realizzato su un terreno agricolo a Settimo oppure nell’ ex grattacielo Rai – tanto per citare due delle tante soluzioni prese in considerazione – avrebbe voluto dire deportare i dipendenti. O comunque costringerli a vite più difficili.
Invece via Bologna andava bene a tutti e guarda caso non si distacca neppure molto da dove il cuore Lavazza batte da sempre, visto che l’ azienda è nata a Ponte Mosca ed è cresciuta in corso Novara.
Se condivisione è la prima parola chiave nel sistema «Nuvola», la seconda è responsabilità. Quella che viene chiesta ai collaboratori. Vivere nella «Nuvola» progettata di Cino Zucchi vuol dire essere disciplinati.
A cominciare dalle sale riunioni che vanno prenotate, si attivano con il badge e vanno lasciate in condizioni perfette.
Altrimenti la «Nuvola» registra tutto. La luce è accesa solo quando le stanze sono occupate e una sonda monitora l’ anidride carbonica. In modo da immettere ossigeno e aria pulita ogni volta che ce n’ è bisogno.
In cambio un sistema wireless che dialoga con tutto il mondo Lavazza rende le cose più facili. Inoltre gli spazi dove è protagonista la luce naturale sono costruiti a misura di dipendente.
E chi arriva con un’ auto in carpooling – con almeno tre persone a bordo – può lasciarla nel parcheggio interno. Perché non c’ era posto per tutti.
A garantire che i collaboratori Lavazza a bordo sono davvero almeno tre ci pensa un app. Per chi sceglie altri mezzi Lavazza ha fatto convenzioni con Gtt, l’azienda del trasporto urbano. E ha aperto una postazione di «ToBike», ha costruito parcheggi per biciclette con tanto di docce e spogliatoi. Per arrivare freschi in riunione dopo aver pedalato.
Nella Nuvola anche le bottiglie d’ acqua minerale sono state bandite
Ognuno ha la sua bottiglietta aziendale e la può riempire nelle fontanelle che forniscono acqua gasata o naturale.
Scelte che in Lavazza hanno imparato a fare e a condividere in tutto il mondo.
Come la sostenibilità, il rispetto dell’ ambiente e della terra. Hanno cominciato dal caffè e ora portano l’ esperienza negli spazi del lavoro.
Anche per questo – da gennaio 2018 – la «Nuvola sarà un luogo tutto da visitare.
Luca Ferrua
Info
www.lavazza.com e www.lavazza.it