Domm è conosciuto ormai come il bar del dialetto milanese. Roberto Vavassori scrive ogni giorno sulla lavagnetta del locale una parola in dialetto e, a chi ne indovina il significato, viene offerto una tazzina di espresso. Un’iniziativa decisamente originale che viene accompagnata da un listino di prezzi accessibile a tutti: il caffè si paga ancora 1 euro. Leggiamo di seguito la prima parte dell’articolo pubblicata sul quotidiano Il Corriere della Sera.
Il bar Domm di Milano
MILANO – È un piccolo bar, il bar del dialetto milanese. Quindi una riserva linguistica nella global city che non parla più come mangia: sushi e fast food e meno oss büs, ma la schiscia resiste. Dopo l’Expo anche l’italiano sembra un po’ ex. Va così: green, housing, week, smart, call, meeting, hub, brand, writing, Mind, fashion, design e “uè, ma i milanesi di Milano-Milano ci sono ancora?”.
Presente anglofono, passato afono e i campanili suonano incerti. Non immune allo spirito del tempo l’assessora comunale allo Sviluppo economico e al Lavoro, la vicentina Alessia Cappello, che ha lanciato il progetto Mentorship Milano per favorire l’incontro tra donne in carriera e ragazze aspiranti manager, un percorso di empowerment femminile, un’alleanza contro il gender gap. Te capì?
Non ha piantato una tenda, Roberto Vavassori, per protestare contro il caro-british, però nel 2013 ha rilevato un bar in via San Marco 23 rimanendo fedele al nome: Domm, Duomo. Una dichiarazione d’intenti, l’insegna che insegna il vernacolo nel quartiere chic di Brera, all’angolo con via della Moscova. Come? “Giocando — spiega il Roby, 57 anni —. Ogni giorno, appena apro, scrivo sulla lavagnetta una parola in dialetto: chi ne indovina il significato vince un caffè. Un’idea ispirata anche dalla storica cliente Paola Cavanna, che scrive poesie in dialetto e che lo insegna”.
Che sia un bar controcorrente, nella carissima Milano del centro, lo dimostrano pure i prezzi. Qui il caffè costa ancora un euro e se ne servono quasi 200 al dì. “So che diversi colleghi l’hanno rincarato di 10 o 20 centesimi, e posso capirli in tempi di inflazione, ma il caffè garantisce ancora una discreta marginalità. In fin dei conti è anche un rito sociale, una pausa dal lavoro, una scusa per darsi appuntamento: meglio non speculare sui riti — riflette il proprietario —. La gente ha apprezzato e mi fa i complimenti”.
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