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sabato 02 Novembre 2024
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Yemen, Ofairi: “1€ non ripaga il mio lavoro”

"Mi alzo molto presto la mattina e se è tempo di raccolta, mi occupo delle ciliegie oppure delle volte do l'acqua agli alberi. O ancora aro il terreno. Ogni giorno mi adopero a un compito diverso, a seconda dei bisogni della pianta. Comunque la vita nei campi è felice. Più ti prendi cura dei tuoi alberi, più sarai ricompensato: questo è l'obiettivo del farmer."

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MILANO – Dell’interessante e ambizioso progetto firmato Lavazza 1895 ne abbiamo parlato da più punti di vista, approfondendo ogni aspetto di questo lavoro ampissimo all’insegna degli specialty coffee. Su questo torniamo ancora partendo adesso dalle origini. Intervistando cioè chi sta dietro la tazzina d’eccellenza. Cominciamo da Naser Ali Al Ofairi che dallo Yemen, come coltivatore, porta avanti un’attività di famiglia con passione e dedizione. E che ha conferito, con altri che sentiremo, alla nuovissima e speciale torrefazione Lavazza 1895 di Settimo Torinese il microlotto da 600 kg per il caffè monorigine definito “Opera prima”.

Opera Prima è definita da Lavazza “La più compiuta espressione dell’eccellenza 1895. Un capolavoro di tecnica e gusto: la perfetta tostatura ottenuta con il metodo naturale sprigiona le dolci note della frutta essiccata nello specialty coffee yemenita simbolo del progetto 1895.”

Precisa ancora Lavazza: “Si tratta di un caffè estremamente raro e di ineguagliabile valore, nato dalla maestria dei nostri Maestri Tostatori e culmine della creatività 1895. Un gusto inedito e sofisticato, che svela nuovi piaceri, per una limited edition numerata tutta da collezionare.”

Naser Ali Al Ofairi, com’è la vita di ogni giorno per un coltivatore dello Yemen?

“Mi alzo molto presto la mattina e se è tempo di raccolta, mi occupo delle ciliegie oppure delle volte do l’acqua agli alberi. O ancora aro il terreno. Ogni giorno mi concentro su un compito diverso, a seconda dei bisogni della pianta. Comunque la vita nei campi è felice. Più ti prendi cura dei tuoi alberi, più sarai ricompensato: questo è l’obiettivo del farmer.”

Quali sono le caratteristiche principali della sua piantagione?

“Le piante crescono tra i 2000 e i 2200 metri sul livello del mare. Il clima è freddo e a volte è piuttosto duro per le piante. Alcune non sopravvivono più di 40-50 anni, anche per via delle condizioni del suolo.”

Ci sono altre colture oltre il caffè?

“Coltivo anche il mais e il peperoncino, oltre che un po’ di frutta come ad esempio le pesche. Ogni raccolto ha un suo percorso indipendente.”

Quali sono le varietà di caffè che produce e che metodi usa?

“Pianto il caffè locale che è conosciuto con il nome di Udaini.”

Naser Ali Al Ofairi, cosa è necessario sapere per fare il suo mestiere in maniera professionale?

Il farmer a lavoro

“Colleziono il terreno buono da diverse aree e faccio riposare il letame per un po’ di tempo, così da assicurare il miglior risultato. Queste sono le pratiche più tradizionali. Quando posiziono una piantina, utilizzo un letame diverso ogni anno. Poto gli alberi annualmente, un’operazione davvero essenziale.”

Quando e perché ha deciso di diventare un farmer?

Prosegue Naser Ali Al Ofairi: “Ho iniziato a lavorare nella piantagione quando avevo 11 anni. Andarci insieme a mio nonno è il mio ricordo più remoto di questo posto. Siamo stati farmer dall’epoca, ma prima del 2015 non avevamo speranze di coltivare il caffè, perché non era una fonte sufficiente di guadagno. Attualmente invece è il nostro prodotto principale per quanto riguarda le entrate.”

Naser Ali Al Ofairi , quali sono le maggiori difficoltà di questo lavoro?

Direttamente sui campi

“La mancanza di acqua è il problema principale, perché le fonti sono distanti dalle piantagioni. Non ci sono metodi di irrigazione che siano collegati con esse. Un altro nemico del caffè è lo scarafaggio Borer Beetle, che è nei nostri territori da molto tempo: prima eravamo più capaci di contrastarli, oggi invece sono diventati piuttosto resistenti. Rovinano anche un ottavo del raccolto. Alcuni farmer che non fanno attenzione alle malattie, addirittura perdono metà della produzione. Nel 2017 abbiamo innaffiato le piante la notte e già il giorno seguente abbiamo trovato le ciliegie rovinate.”

E quali sono i rischi se non cambia qualcosa?
“Più caffè perdiamo più questo avrà degli effetti sul terreno e le proprietà. Pensiamo solo al fatto che ci vogliono anni per riparare le piante e il suolo.”

Come pensa lei, Naser Ali Al Ofairi, di combattere il cambiamento climatico e tutte le malattie che minacciano il futuro delle piantagioni?

“Penso che dovremo piantare nuovi alberi che possano resistere alle variazioni del clima. Una cosa che non è facile, dato che dovremmo cambiare sia il terreno che le piante con nuove semine”.

Naser Ali Al Ofairi, in primo piano

Come è riuscito a collaborare con una grande azienda come Lavazza?

“La qualità del mio caffè mi ha portato a questa importante collaborazione. Non ho mai usato fertilizzanti chimici e il mio duro lavoro di dedizione alle piante è quello che ha determinato un risultato così importante.”

Com’è cambiato il suo lavoro e la sua vita da questa partnership?
“Sto espandendo le terre coltivate col caffè e ne ottengo un guadagno maggiore”.

In poche parole, potrebbe cercare di convincere un consumatore medio italiano che è ingiusto pagare una tazzina soltanto un euro, e perché?

“Un albero genera solo poche tazzine di caffè. Un euro non può coprire neppure in parte le spese e il duro lavoro dietro quel caffè. Io lavoro un anno intero nella piantagione e questo mi costa molto, e la stessa cosa vale per l’esportatore dei chicchi che deve andare avanti e indietro per le strade e per dei percorsi che rendono estremamente difficile raggiungere i nostri villaggi.”

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