MILANO – La concorrenza tra le due catene di caffetterie più conosciute nel mondo, Starbucks e Luckin Coffee, procede agguerrita. Infatti, l’avversaria cinese ha fatto il suo ingresso al Nasdaq con un’entrata ad effetto. Infatti, la prima quotazione dell’azienda è di ben 25 dollari per azione. Quindi addirittura il 46% in più dei 17 con cui era partita l’offerta. Determinando un incasso totale di 516 milioni. Ecco la notizia completa dal sito ilgiornale.it.
Nasdaq: la sfida ai rivali dichiarati di Starbucks
Non solo perché, sotto il profilo della capitalizzazione, non c’è partita con il gruppo Usa. Il cui market value supera i 90 miliardi contro i quattro del gruppo pechinese. Questo divario è per i cinesi irrilevante.
Infatti, loro, scegliendo di quotarsi nel tempio del capitalismo a stelle e strisce, hanno portano la battaglia all’interno delle mura nemiche. Mostrando di non aver paura del confronto.
Inoltre, la mossa risulta ancor più audace perchè coincide col punto di tensione più alto nel duello commerciale tra Usa e Cina. In un clima reso ancor più velenoso dalla decisione di Donald Trump di mettere al bando Huawei.
La dote accumulata a Wall Street va ora ad aggiungersi ai circa 550 milioni già raccolti tra il luglio e il dicembre dello scorso anno
Oltre un miliardo da usare per mettere ancor più nel mirino Starbucks e cercare di scalzarla dal trono in Cina, dove possiede più di 3.300 negozi. Il fatto di aver operato per anni in un mercato privo di concorrenti ha dato al colosso Usa un assoluto vantaggio competitivo.
Almeno fino a quando, nove mesi fa, è comparsa sulla scena Luckin. Lo scenario è subito cambiato, frutto di una politica commerciale aggressiva da parte della startup di Pechino fin dall’inaugurazione dei punti vendita (ora se contano già 2.370, ma alla fine dell’anno è prevista l’apertura di altri 2.500 coffe-shop).
Basata sulla fidelizzazione del cliente attraverso le consegne a domicilio e sull’utilizzo di una app apposita per effettuare gli acquisti e su prezzi scontati del 20-30% rispetto a quelli dell’avversario americano. I cui listini nell’ex Celeste Impero sono più salati di quelli in patria.
Tutti ingredienti che hanno attirato l’attenzione dei grandi investitori
Per nulla intimoriti dalle perdite accumulate l’anno scorso (241 milioni di dollari a fronte di ricavi per 125 milioni) a causa dei costi di espansione e delle elevate spese di marketing e neppure spaventati dalla scarse prospettive di redditività nel breve periodo, visto che anche nel primo trimestre i conti sono finiti in rosso per 85 milioni.
Finanziamenti sono arrivati da Centurium Capital, un fondo di private equity fondato dall’ex capo cinese di Warburg Pincus, e dal Gic. Il fondo sovrano di Singapore, e da Blackrock, azionista col 7%.