MILANO – Ecco la terza e ultima parte della trascrizione del processo al caffè, tradizione VS innovazione che si è tenuto a Napoli sul palcoscenico del convegno Gran caffè Italia tra Dario Ciarlantini e Andrej Godina. Moderati da Ciro Cacciola.
Abbiamo diviso il lungo testo in tre parti per offrire all’analisi dei lettori i diversi temi affrontati senza confonderli e mescolarli uno con l’altro.
Vi interessano le prime due parti: basta mettere nel motore di ricerca interno del sito www.comunicaffe.it (la lentina in alto a destra) il cognome di uno dei relatori. Quindi Ciarlantini o Godina. sarà il motore a farvi apparire sullo scherno i due articoli precedenti.
In quest’ultima parte si comincia a parlare di #sostenibilità. Il primo intervento è di Andrej Godina. «Vi accennavo. Da questo punto di vista, da qualche tempo, utilizzo Umami Area per organizzare corsi di formazione per i coltivatori in piantagione».
«Oggi hanno portato più o meno 500 persone a formarsi in vari paesi del mondo . In Honduras poi, abbiamo scelto di iniziare un progetto di sostenibilità, per far vedere che effettivamente, il coltivatore in fatto di qualità può coinvidere con la sostenibilità».
«Questa oggi, si traduce nel fatto che i coltivatori di caffè a volte sostituiscono queste colture con altre piante. Perché non riescono a sostenere i costi per coltivare la materia prima. Sostenibilità anche nei paesi di consumo però.»
Prende la parola Dario Ciarlantini
«Sì. Dobbiamo elevare anche il prezzo della tazzina. Rapportata alla qualità. Quindi, dobbiamo curare quest’altro aspetto della sostenibilità. Perché, altrimenti, se la tazzina non la supporta a monte, diventa una finta sostenibilità.»
«Io, su questo discorso, nei Paesi d’origine, vedo una parte della produzione e del brand. Perché spesso nel cibo si parla di organico e bio e poi scopriamo che non è così.»
«Se utilizziamo la sostenibilità per promuoverci, non siamo corretti. Se la utilizziamo invece ocn un approccio vero e concreto, allora dobbiamo esser pronti a pagare il caffè molto di più.»
Fare passare questo concetto al consumatore
Bisogna vedere a lungo termine. «Non è possibile che questi piccoli spot in circolazione, bellissimi che ci fanno sentire più buoni, poi magari non è effettivo. O ci rendiamo conto dei veri punti critici, oppure crolla il castello. Com’è successo nel food e per l’organico.»
Si ricollega Andrej Godina.«In Honduras, per esempio la cooperativa con cui lavoriamo dice che senza il premium del biologico, loro non sopravviverebbero.»
«Non sarebbero in grado di portare avanti un caffè sostenibile e di qualità. D’altra parte si riflette questo anche sul resto della filiera.»
Ciarlatini. “Mi piacerebbe vedere qualche progetto che unisca un po’ tutti. Perché non è possibile che tutte le aziende abbiano il loro piccolo progetto di sostenibilità.»
«E il 90% del resto della produzione è sostenibile? C’è bisogno anche di un piccolo progetto. Parliamo solo del1% all’anno? Va bene, purché sia concreto. Senza grandi spot pubblicitari.»
Riprende Godina
«Mi piacerebbe vedere scrivere i più. I termini ecologia: si parla molto spesso di questo. È una delle parole molto usate e inflazionate. Ma in realtà, nel settore del caffè se ne parla poco, anche se ce n’è molto bisogno. Green economy e economia circolare. È un po’ il punto in cui si dovrebbe riflettere e innovarsi.»
#innovazione
Ciarlatini. «Io mi sono appuntato una domanda. Esiste una definizione che accomuna l’espresso di Bolzano a quello di Napoli? Una domanda che tutti ci si è fatti.»
«Però, come alcuni di voi sanno, circa un anno fa è stata fatta una riunione per parlare di una Cup in forma per la valutazione del caffè verde per l’espresso.»
«È stata una riunione molto interessante. Cioè, in sostanza, fino ad adesso, il caffè verde veniva valutato in punteggio, ma con un sistema Cup alla brasiliana.»
«Quindi o il caffè filtro o per infusione. Ma noi prendiamo molto spesso il caffè per espresso e quindi l’estrazione è completamente diversa.»
«Se delle note le troviamo in infusione, difficilmente troveremo le stesse in espresso quindi il valore per il torrefatto italiano è spesso diverso.»
Verso una scheda comune
«Molti torrefattori hanno la loro scheda di valutazione. Ognuno ha la sua. Ma se lavoriamo singolarmente non siamo potenti. Immaginate una scheda di valutazione di espresso comune per tutti.»
«Sarebbe un ottimo strumento anche di contrattazione nei Paesi d’origine. Perché, se io vado in Honduras e presento la mia scheda, potrò contrattare il prezzo in base a quella.»
«Ma andando altrove, ce ne sarebbe un’altra su cui basarsi. Invece, con una scheda univoca, ci sarebbero dei parametri chiari e condivisi per tutti i torrefattori.»
«Io penso, da italiano, che all’estero non la vogliono questa cosa proprio per questo. Io invece vorrei proprio farlo da italiano. Perché, abbiamo qualcosa di incisivo che ci accomuna.»
Chi sono i protagonisti di questo dibattito
Dario Ciarlantini è Master barista, Barmanager, e Authorised Trainer Sca (Speciality coffee association).
Andrej Godina, anche lui Authorised Trainer Sca, è presidente di Umami Area; oltre che Dottore di Ricerca in Scienza, Tecnologia ed Economia nell’industria del caffè.