lunedì 23 Dicembre 2024
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Napoli: “Ventimila baristi denunciano una condizione di sfruttamento”

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NAPOLI – Il personale dietro al bancone, gli operatori che ogni giorno garantiscono il servizio nei tanti locali napoletani, protesta anche se in modo anonimo per evitare ritorsioni. Il motivo? Le condizioni denunciate dagli stessi protagonisti, che lamentano un lavoro simile allo schiavismo. Dove le realtà in nero e irregolari abbondano. Riportiamo la notizia dall’articolo di Ciro Crescentini per ildesk.it.

Napoli: un esercito di circa 20 mila lavoratori e lavoratrici in balia di titolari disinvolti

Baristi sfruttati e camerieri in nero. A Napoli e provincia un esercito di circa 20 mila persone sono in balia di titolari senza scrupoli. Interessati unicamente al massimo del profitto. Lavoratori che chiedono l’intervento della Guardia di finanza, dell’ispettorato del lavoro e dei carabinieri del nucleo di tutela del lavoro.

Per procedere a controlli effettivi e incrociati e ripristinare regole e diritti. Il contratto nazionale di lavoro e le leggi vigenti prevedono che la durata normale del lavoro effettivo, per la generalità delle aziende commerciali, sia fissata in 40 ore settimanali.

Al fine di garantire la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, il contratto stabilisce un riposo minimo continuativo di almeno 9 ore. Per assicurare un’adeguata protezione dei lavoratori.

Spiega Luigi, cameriere presso un bar di Mergellina

“Non credo ci sia una pizzeria, pub, bar che rispetti queste regole. Soprattutto i locali aperti giorno e notte. Il più delle volte si finisce di lavorare alle 2, alle 3 o alle 4 di notte. Per poi riprendere il servizio la mattina seguente o fare turni da 12 ore”.

Moderno schiavismo a Napoli?

Lavoratori sfruttati, che non hanno la possibilità di cenare prima o dopo il servizio, spesso sono costretti a consumare un piatto di pasta o qualche avanzo mangiato al volo; senza beneficiare di maggiorazione notturna, di straordinari, di pause. Il guadagno vero di questi pseudo-imprenditori della ristorazione non è più sul fatturato, ma sul risparmio con contratti fittizi o sul nero nei confronti dei dipendenti.

Contratti da 15 ore per poi costringere a farne 48, 50 o più senza straordinari

Oppure contratti da apprendistato da 40 ore, poca spesa del titolare per via delle agevolazioni fiscali. Ovvero se hai 31 anni non ti assumo perché sei vecchio. Meglio un giovanotto. E i professionisti dove stanno in tutto ciò? Contratti a chiamata, senza Trattamento di fine rapporto, senza malattie, senza nulla; rinnovabili per anni senza problemi. Pagamenti in nero da pochi euro l’ora per un paio di ore extra nel week end. Senza entrare nello specifico della busta paga che non corrisponde mai alla paga effettiva.

Se ci sono delle leggi perché nessuno le rispetta?

Sembrerebbe che il campo della ristorazione sia ancora una terra franca dal controllo istituzionale, dove tutto è permesso, compreso lo sfruttamento dei lavoratori. “Perché la Guardia di finanza, i Carabinieri, l’Ispettorato del lavoro non attivano controlli? – domanda Teresa, barista. – nelle pizzerie, bar, ristoranti di Napoli e della provincia centinaia di lavoratori e lavoratrici vengono sfruttati e trattati come schiavi. Le irregolarità sono diffuse soprattutto nelle zone di Mergellina/Torrretta, via Chiaia, lungomare Caracciolo, Posillipo; Vomero, Pozzuoli e Centro Storico.

Questo potrebbe essere un deterrente per l’irregolarità”. Tante le forme di lavoro in nero ovvero di totale evasione, sommerso e irregolare. Come tipologia non abbiamo solo il lavoratore a cui non viene data una busta paga, ma anche chi, pur essendo regolarmente assunto percepisce, ad esempio, gli straordinari come fuori busta. Oppure è chiamato a svolgere mansioni non di sua competenza.

“È una prassi che è costretto ad accettare chi vuole lavorare e ha comunque bisogno di uno stipendio, in nero o irregolare che sia”

I controlli potrebbero essere un efficace deterrente contro le illegalità sui posti di lavoro. Intanto, i ritmi di lavoro aumentano producendo danni alla salute dei lavoratori. “Sai quante volte un barista tira giù la leva per il caffè? Due volte per ogni ordinazione, la prima è per sciacquare le condotte della macchina che il padrone lo esige, la seconda è per far scendere il caffè nel bicchiere.

Conta che, se in una giornata se ne fanno circa trecento, sono seicento tirate al giorno; quindi tremila minimo in cinque giorni”. – racconta Dario, barman in un locale di Posillipo. Sul sistematico utilizzo di lavoratori in nero o in grigio nel settore della ristorazione non hanno ancora preso posizione le organizzazioni di categoria degli esercenti come la Confesercenti e la Confcommercio.

Organizzazioni sempre pronte a chiedere ai governi maggiore flessibilità, benefici e sgravi fiscali per i propri scritti, scagliarsi contro lo Statuto dei lavoratori o il salario minimo. Ma puntualmente silenti sulle condizioni di lavoro e sui diritti di migliaia di lavoratori e di lavoratori del settore.

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