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Nanoparticelle di foglie del tè una possibile nuova cura per il cancro ai polmoni

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Nonostante la tecnologia abbia fatto passi da gigante, la cura contro il cancro presenta ancora troppi limiti. Uno di questi è rappresentato dall’utilizzo di farmaci non selettivi. Medicinali, cioè, particolarmente distruttivi anche nei confronti delle cellule umane oltreché per quelle tumorali.

E solo i poveri pazienti che si sono dovuti scontrare con la chemioterapia sanno quanti danni facciano questi farmaci – oltre a darci una possibilità di sopravvivere.

D’altro canto, la medicina sta cercando di mettere a punto strategie farmacologiche nettamente migliori come quelle derivanti dalla tecnica CAR-T Cell, la quale, tuttavia, è destinata – al momento – solo a pochi pazienti.

Ma una cura a base di nanoparticelle di foglie di tè potrebbe andare incontro a tutte le persone affette da cancro al polmone.

Nanoparticelle di foglie di tè

La scienza ormai ha imparato che se vuole sfornare prodotti altamente tecnologici deve chiedere aiuto alla natura o emularla. Ed è proprio ciò che hanno fatto gli scienziati dell’Università di Swansea insieme a un team di ricercatori indiani: utilizzare delle particelle contenute nelle foglie di tè per combattere i tumori.

Una scoperta casuale

La scoperta delle nanoparticelle di foglie di tè è avvenuta in maniera del tutto casuale. Gli scienziati, infatti, erano impegnati nella creazione di marcatori tumorali attraverso l’uso di particelle infinitesimali. Inaspettatamente, però, la loro creazione a base di nanoparticelle aveva distrutto l’80% delle cellule di cancro ai polmoni. Durante la loro ricerca hanno usato una sorta di punti quantici ovvero delle nanoparticelle della larghezza di un capello umano. Si possono riprodurre sinteticamente ma oltre a essere estremamente oneroso gli effetti collaterali possono essere notevoli. Per questo motivo, insieme a un team proveniente dall’Università di Bharathiar (india), gli studiosi hanno voluto sfruttare alcune molecole del tè.

L’utilizzo delle foglie di tè

«Il motivo principale per cui abbiamo iniziato a guardare le foglie di tè è che i punti quantici sintetizzati chimicamente costano tra le 250 e le 500 sterline per microgrammo, mentre quelli biologici possono essere prodotti per sole 10 sterline per microgrammo, e allo stesso tempo non avvelenano le cellule sane che circondano il cancro. Avevano un’eccezionale emissione di fluorescenza per la bio-imaging delle cellule tumorali». Ma in maniera del tutto inaspettata i ricercatori si sono accorti che «le cellule stavano anche morendo e non erano in grado di replicarsi».

Particelle microscopiche

Ciò che contraddistingue l’importanza della scoperta è che i punti quantici realizzati con le foglie di tè erano abbastanza piccole da penetrare nei nanopori delle pareti delle cellule tumorali. All’interno delle nanoparticelle si trovano dei polifenoli, degli amminoacidi, delle vitamine e degli antiossidanti in grado di indurre la morte delle cellule tumorali grazie a un processo noto da tempo con il termine di apoptosi. Questo è in grado di cancellare le informazioni del DNA che permettono alle cellule cancerose di riprodursi.

Pericolo cancro al polmone

Soltanto in Galles – luogo in cui è stata effettuata la ricerca – ogni anno muoiono migliaia di persone a causa del cancro al polmone, in una cifra più alta di quelli che muoiono per il cancro all’intestino e al seno messi insieme.

La maggior parte delle persone muoiono entro un anno dalla diagnosi. E questo avviene persino in persone che non hanno mai fumato in vita loro.

Ma nonostante la scoperta dei ricercatori sia estremamente eccitante, la dott.ssa Catherine Suenne de Castro, il dott. Matthew Lloyd Davies e il dott. Sudhagar Pitchaimuthu ritengono che prima che possa essere utilizzata su larga scala ci voglia ancora del tempo. «Prima di tutto dobbiamo aumentare la produzione dalle piccole quantità che abbiamo creato in laboratorio, per creare una fabbrica di punti quantici.

Fino ad ora abbiamo ucciso solo le cellule in una capsula di Petri introducendo direttamente i punti. Ora abbiamo bisogno di identificare un enzima che può consegnarli ai tumori nelle creature viventi, senza intaccare i tessuti sani circostanti.

Speriamo di iniziare a breve prove di laboratorio, mentre le prove cliniche sugli esseri umani avverranno fra circa due anni se tutto andrà bene, forse in un decennio potremmo avere un trattamento ampiamente disponibile».

Ma gli usi dei punti quantici, spiegano i ricercatori, potrebbero estendersi anche ad altri prodotti. Per esempio, stanno progettando di formula una vernice antibatterica da usare nelle sale operatorie.

Stefania del Principe

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