«È il progetto più importante del gruppo», spiega il presidente. Il luogo è ancora da definire, anche se la rosa delle possibilità — ancora segreta — ormai si è ristretta. Poi ci saranno le aperture su scala nazionale. E le città Howard Schultz (FOTO, nella Galleria Vittorio Emanuele dopo l’annuncio) le ha già tutte in testa: Milano per prima mentre Verona e Venezia potrebbero seguire a ruota.
Il primo Frappuccino preparato in Italia sarà così servito al banco all’inizio del 2017, forse addirittura entro la fine di quest’anno, con l’inaugurazione del primo negozio.
Il presidente di Starbucks, la multinazionale del caffè americano, ha raccontato i suoi programmi nella cornice di un palazzo settecentesco privato di via Cappuccio, nel cuore di Milano.
Da più di un anno fa la spola tra Seattle, nello Stato di Washington, sede del mito del caffè, e l’Italia con la squadra di manager. In testa Kris Engskov, presidente di Starbucks Europa, Medioriente e Africa con un passato alla Casa Bianca dove è stato uno degli assistenti storici di Bill Clinton.
Starbucks annuncia il suo arrivo in Italia a quindici giorni dalla scomparsa di Renato Bialetti, l’«omino con i baffi», che ha fatto della moka un’icona del caffè.
«La conosco bene — dice Schultz —. La vendiamo nei nostri negozi negli Stati Uniti. Il caffè italiano lo abbiamo sempre portato con noi. E adesso siamo pronti a investire milioni di dollari nel vostro Paese. Vogliamo creare occupazione. Formeremo il personale che godrà di una remunerazione complessivamente superiore alla media del settore. Ma attenzione, noi arriviamo nella Patria del caffè con umiltà e rispetto. Aver avuto successo nel mondo non ci permette di dare per scontato che riusciremo a replicare in Italia. È dal 1983, anno del mio primo viaggio in Italia, che studio la magnifica rappresentazione teatrale che va in scena ogni volta che in un bar viene servito un caffè. Non pretendo di insegnare un rito che è parte della storia italiana. Vorrei solo rendere omaggio a Milano».
Lo sbarco in Italia per Schultz è il coronamento del sogno italiano.
Perché proprio adesso, dopo tutti questi anni di attesa?
«Gli amici dai quali ho imparato mi incoraggiavano. Ma io non mi sono mai sentito all’altezza. Al suo fianco, a raccontare l’avventura ci sono infatti, tra i tanti ospiti, Aldo Lorenzi, l’artigiano milanese dei coltelli che Schultz venera come l’esperto per eccellenza della qualità nel servizio al cliente, Brunello Cucinelli, l’imprenditore del cachemire che vuole dare dignità al lavoro, Leonardo Ferragamo, e Renzo Rosso, l’inventore della Diesel.
«Questo è il momento giusto perché i miei amici mi hanno fatto conoscere Antonio Percassi, a lui ho affidato tutto il progetto». Natali a Clusone in provincia di Bergamo, 62 anni, ex calciatore del Cesena e dell’Atalanta, di cui ora è proprietario, ma soprattutto, guru degli shopping center, Percassi vanta nel curriculum l’espansione dei Benetton nonché quella del suo acerrimo concorrente, la spagnola Zara del gruppo Inditex.
È l’imprenditore che ha anche aperto la strada ai negozi di lingerie Victoria’s Secret e che ora con i due figli Matteo e Stefano, sotto la guida dell’amministratore delegato Massimo Dell’Acqua, dovrà servire in Italia il caffè di Starbucks.
L’ossatura dell’alleanza è una joint venture paritetica. «È come se i pianeti si fossero allineati», dice Schultz. L’imprenditore bergamasco e l’uomo d’affari della West Coast ragionano attorno a una formula che avrà il suo punto di forza nell’hi-tech e nel digitale. Starbucks sarà un luogo d’incontro. Per chi lavora, per i turisti e soprattutto per i giovani. Accomunati dal bisogno di una buona connessione wi-fi.
«Il negozio di Milano avrà un forte contenuto di design in armonia con la città e una musica ad hoc per il gusto milanese — dice Schultz —. Abbiamo una partnership con Spotify, la piattaforma per i servizi musicali. Lavoriamo assieme. Ci sarà poi un partner per il food, un nome del made in Italy artigianale».
Non teme la concorrenza dei grandi marchi del caffè?
La rete di amicizie in Italia l’imprenditore l’ha rafforzata negli ultimi dieci anni. Merito di Placido Arango, franchising partner di Starbucks in Spagna. Ma soprattutto, molto legato ad Angelo Moratti che a Starbucks ha aperto le porte del mercato italiano. Figlio di Gian Marco Moratti, Angelo è uno degli sperimentatori del venture capital e aveva già portato in Italia l’investitore americano Warren Buffett. E per Schultz ha creato il collegamento con i Percassi.
Starbucks è un gruppo con 19 miliardi di dollari di ricavi, cresciuti del 17%, e 23mila negozi.
Ecco la sfida di Schultz che di scommesse ne ha vinte parecchie. A partire dall’acquisto di Starbucks che all’inizio degli anni ‘80 era una torrefazione a Seattle e che è riuscita a insegnare a fare il caffè a un’intera generazione di americani.
«Sono nato a Brooklyn, da una famiglia povera che ha lottato per avere un lavoro e non sono mai stato rispettato dai miei datori — racconta Schultz —. Le persone lasciate indietro sviluppano una sensibilità maggiore. Vorrei che tutti coloro che lavorano per Starbucks, i partner italiani, fossero fieri di far parte della squadra».