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sabato 12 Aprile 2025
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L’Espresso Martini in spina con il cold brew: l’idea di Luca Di Carmine, fondatore di Moon Ray

Di Carmine: “Volevo fare un lavoro differente proprio sul caffè. La vodka è inodore e insapore e influenza poco il gusto finale. Così la ricerca si è focalizzata sull’altro ingrediente principale e per questo ho scelto lo specialty coffee: le monorigini hanno dei sentori particolari rispetto all’espresso tipico del bar."

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ROMA – Luca Di Carmine ha fatto il barman per tantissimi anni, cercando di usare ingredienti di qualità e fare ricerca: un obiettivo ambizioso, in un settore come quello dei cocktail, che spesso segue i trend – così racconta Di Carmine –. Dopo un periodo a Londra, dove l’Espresso Martini era sempre presente, (5-6 litri già pronti per la preparazione, con lo shaker insieme al Kalhua, la vodka, lo zucchero e uno shot di espresso) ha avuto l’intuizione di recuperare questa ricetta classica.

Di Carmine: “Volevo fare un lavoro differente proprio sul caffè. La vodka è inodore e insapore e influenza poco il gusto finale. Così la ricerca si è focalizzata sull’altro ingrediente principale e per questo ho scelto lo specialty coffee: le monorigini hanno dei sentori particolari rispetto all’espresso tipico del bar.

All’estero c’è più curiosità e richiesta di questo prodotto rispetto a quello che ancora viene chiesto in Italia. Sono un visionary drink strategist, e ho voluto puntare sull’Espresso Martini con lo specialty coffe di Cafè 124.”

La produzione avviene attraverso il marchio Moon Ray, azienda produttrice di cocktail alla spina nata nel 2018, che ha superato anche la prova del Covid grazie agli sforzi di Di Carmine, che oggi è qui a raccontare la forza e la visione di un bartender che sa cosa significa proporre qualità e innovazione (senza rinunciare alla praticità): “Sapevo che questa era la mia missione. Facendo sacrifici enormi, sono riuscito a crescere da un laboratorio di 60 metri quadri, ad un’azienda di 400 metri quadri già nel 2023.”

Ma l’Espresso Martini di Luca di Carmine non finisce qui

“Per conferirgli la sua foam caratteristica, ho impiegato diversi mesi di studio. Usare il cold brew deriva dal fatto che l’Espresso Martini si serve freddo: faccio fusti da 20 litri e mi interessava avere uno specialty brew coffee, più allungato che desse una persistenza importante al drink.

Sono produttore con il marchio Moon Ray, di drink alla spina artigianali, dallo Spritz al Gin Tonic, dalle sode alla ginger beer: seguendo molto le mode, ho capito che l’Espresso Martini avrebbe potuto facilmente ritrovare il suo mercato. Dopo aver realizzato la ricetta, l’abbiamo pensata per posizionarla all’interno di quei locali che raggiungono un certo volume di cocktail. Abbiamo un mercato aperto anche in Francia dove c’è stato richiesto, e sarà lanciato a Cannes e a Saint Tropez questa estate.”

Perché questa nuova versione dell’Espresso Martini?

“Preparare live l’Espresso Martini è complicato: è un drink che richiede tempo. Invece erogarlo alla spina, con la stessa identica schiuma, se non addirittura migliore, è l’ideale per il bartender. Il primo locale in cui l’abbiamo sperimentato è stato il The Sanctuary di Roma, un luogo frequentato specialmente da molta clientela estera che ha apprezzato tantissimo sia il cocktail che la sua preparazione.

Con un fusto da 20 litri si possono preparare 133 porzioni da 15 cl servite in coppa, e può durare fino ai sette-otto mesi.”

Quali sono le difficoltà tecniche maggiori affrontate e come le hai risolte?

“La prima cosa su cui abbiamo lavorato è la rotondità del gusto. Vogliamo prodotti buoni, di qualità, con ingredienti premium che portano le persone a ordinarne un secondo o un terzo. Le difficoltà maggiori sono state quelle di ridare la stessa consistenza di quando viene shackerato, ricreando l’effetto schiumoso del drink. È una tecnica che abbiamo messo a punto dopo tanti mesi di prove.

Abbiamo appurato che c’era da risolvere un problema legato al tipo di gas scelto. Il caffè ci aiuta molto, l’Etiopia 124, perché è un sapore che ci ha conquistato fin da subito e si sposa bene con la nostra vodka, la miscela di aromi naturali e lo zucchero.“

È qualcosa di ripetibile nei bar? A che prezzo?

“Assolutamente sì. Il bartender è entusiasta di questa soluzione perché è una novità ma non troppo eccessiva: chi usa oggi lo specialty per preparare un Espresso Martini?

Con il nostro metodo alla spina, riusciamo ad inserire questa materia prima pregiata innanzitutto all’interno di un cocktail, e allo stesso tempo ad ottimizzare i tempi di preparazione e dare qualità negli ingredienti.

La ricetta dell’Espresso Martini nasce a Londra nell’83, chiamata precedentemente “Vodka Espresso” dal suo creatore Dick Bradsell, ma tecnicamente in ogni bar del mondo viene un po’ modificata, perché ciascun bartender rivisita la sua ricetta. Il nostro Espresso Martini invece ha il pregio di restare sempre uguale e la qualità del prodotto viene stabilizzata con una certa consistency.

Dopo sedici anni di lavoro dietro al bancone, ho capito che era fondamentale: i più grandi cocktail bar di oggi hanno un menù molto complicato, come può essere per un ristorante stellato. Quindi chi propone qualità deve prima contare su ore di preparazione anticipata: spesso la maggior parte dei drink nel menù sono già pronti dentro bottiglie da un litro (prebatch) per limitare l’errore durante il servizio vero e proprio.

La nostra azienda dà la possibilità di averne 20 litri di livello premium e questo è un vantaggio innanzitutto per il gestore, perché si risparmia sul personale e sulle tempistiche.
Ci stiamo specializzando su questo e puntiamo ad entrare nei grandi locali.”

La qualità quindi non rischia di deperire durante la produzione e lo stoccaggio

“Quando produciamo il nostro Espresso Martini, acquistiamo il caffè specialty , preparato due giorni prima della spedizione che poi viene lavorato immediatamente una volta arrivato nel nostro laboratorio. In questo modo lo preserviamo: la qualità non è mai messa in discussione, siamo molto sicuri.”

Ma quindi la mixology a base caffè è un trend?

“Nel panorama dei cocktail, in Italia i drink al caffè stanno iniziando a vedersi. Se il nostro Espresso Martini si dimostrerà all’altezza delle nostre aspettative come pensiamo che accadrà, magari penseremo ad altre ricette a base caffè. Per ora abbiamo già molti appuntamenti su Roma, al centro Italia e in Francia. Abbiamo in mente poi di fare un salto a Milano per farlo assaggiare in qualche locale.”

E il tè?

“Ho provato a sperimentarlo come ingrediente circa 14 anni fa, a Londra, durante una gara di cocktail in cui ho creato un drink facendo un’infusione di Earl Gray nel Gin. Ma la realtà è che nel mondo dei drink è già stato inventato di tutto e molti cocktail sono stati codificati a livello internazionale. È entusiasmante visitare locali in cui un barman investe in sviluppo e ricerca e in quel preciso momento crea una ricetta apposita. Ma è qualcosa di estemporaneo.

Ora è difficilissimo che venga codificato un nuovo drink su scala globale. Il tè all’interno di questo discorso, ancora non risulta un ingrediente codificato nei cocktail internazionali. Rimane qualcosa di speciale legato all’evento, al particolare momento. Ma magari è solo questione di tempo.

Ricette tradizionali come l’Espresso Martini, possono soltanto essere riscritte e portate su un livello superiore: nel settore cocktail ormai spesso è una questione di riprendere ricette già rodate, e migliorarle. Il nostro supporto è dato dall’entrare nei locali per capire quali sono i drink più richiesti e aiutare a prepararli più semplicemente.

L’italiano ancora oggi è più settato per il caffè espresso, con la tazzina bollente e la bustina di zucchero. Invece gli stranieri, soprattutto in una città come Roma che è frequentatissima dai turisti, entrano nei locali e ordinano un Espresso Martini.”

Il tasso alcolico zero alla guida è un problema per il consumo di cocktail?

“Tutti i nostri drink sono low-alcol: un drink a 8,5 gradi, con il ghiaccio e aggiungendo del cibo è meno alcolico di un bicchiere di vino bianco che si può aggirare tra i 12-13 e mezzo gradi.”

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