Monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo ausiliario dell’Aquila, com’è il caffè che prepara il Papa?
«Sicuramente buono, perché è fatto con umiltà! Andai a casa sua a Buenos Aires: non aveva nessuno che gli desse una mano, prese la caffettiera, la riempì d’acqua, mise il caffè dentro e accese il fornello…».
Ci può raccontare quel giorno?
«Lavoravo in Segreteria di Stato e mi trovavo in missione in Argentina con un’associazione.
Lui non mi conosceva ma mi accolse comunque in casa perché avevo chiesto di incontrarlo. All’appuntamento arrivò in ritardo di circa 45 minuti, si muoveva con i mezzi pubblici e non erano in orario».
E cosa fece quando la vide?
«Si scusò immediatamente, mi disse che aveva avuto un imprevisto dell’ultimo momento, poi mi fece entrare in questa casa semplice, dove viveva da solo e mi fece accomodare in cucina.
Mi chiese se mi andava un caffè, mi fece sedere mentre lui in piedi lo preparava».
Cosa vi siete detti?
«Versò il caffè nelle tazzine e mi chiese della mia vita, gli parlai del fondatore della mia congregazione religiosa, Don Orione, e della nostra presenza in Argentina.
Lui sembrava molto contento. Poi quando gli dissi che venivo da Roma mi rispose con aria scherzosa: “Ah vieni da Roma, allora sei uno importante!».
Che impressione le aveva fatto?
«Sicuramente di una persona sincera, un uomo semplice che stava in mezzo al popolo e che starà in mezzo al popolo.
Lo abbiamo già visto nei giorni scorsi».
Fonte: Il giornale