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venerdì 22 Novembre 2024
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Mokador filma e firma un viaggio intercontinentale nel mondo del caffè in tre corti

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MILANO – Il caffè è innanzitutto una passione: questo è vero tanto per gli addetti ai lavori quanto per chi beve guidato solo dal piacere. Di solito però, quando si è spinti dall’interesse che poi diventa amore per un prodotto, alla fine il desiderio è quello di saperne ancora di più. Moltiplicando l’esperienza di gusto attraverso la conoscenza. E quale metodo migliore di informazione, dell’immagine? Ed ecco che l’idea di Mokador assume un significato importante: avvicinare il consumatore comune di espresso al mondo nascosto dietro la tazzina. Attraverso la proposta di tre cortometraggi che raccontano la filiera, il lavoro che sta dietro una bevanda amata quanto spesso sottovalutata. Leggiamo la notizia da LaRepubblica.it

Il giro del mondo in tre sorsi

Per capire meglio. Per rendersi conto come mai quella pausa caffè è così importante per noi italiani. Nonché l’enorme lavoro e il viaggio intercontinentale che sta dietro alla sosta davanti al bancone del bar o al tavolino in una qualsiasi, bellissima piazza nostrana. La sberla aromatica che colpisce il naso prima di consolarti il palato. La sorpresa di quanti aromi possono convivere in una piccola tazza, sapori e profumi che restano in bocca anche un mattino intero. Mentre i neurotrasmettitori fanno la rumba nel nostro cervello.

Tanta roba, si direbbe oggi. Davvero, non c’è spot che renda giustizia a tutto questo.

E allora cinema!

Perché il cinema, a pensarci bene, ha molte analogie con il mondo del caffè: un film di un’ora e mezza costa un anno di lavoro, tra sopralluoghi, soggetto, dialoghi, scelta del cast, riprese, montaggio, postproduzione. Apparentemente effimero, come il caffè, ma con un’incredibile mole di lavoro dietro.

L’idea è venuta a Mokador

L’azienda faentina che si è guadagnata un posto speciale tra gli amanti dell’espresso (il caffè è “gusto” e “piacere” all’ennesima potenza, gli emiliani bisogna lasciarli fare perché giocano a casa loro), tre cortometraggi girati con taglio e qualità cinematografica.

Con l’intento di rendere trasparente un liquido così denso e scuro Mokador ha voluto mostrare chi, materialmente, raccoglie il suo caffè. Con quali arnesi, con quale destrezza (con quale gioia, verrebbe da dire. Con il massimo rispetto per chi si desta all’alba e parte in autobus verso le umide piantagioni).

Quindi la selezione maniacale dei chicchi

Perché quello che arriva in Italia, a Faenza, deve essere di primissima qualità, capace di sostenere la sollecitazione estrema del nostro espresso; ancora il trasporto, una fase fondamentale perché il raccolto non si alteri, le insidie che si nascondo nell’interminabile traversata oceanica, fino alle nostre sponde.

Nei tre corti parlano i coltivatori, il camionista che porta il raccolto. Perfino i marinai che stipano e impilano i container con precisione chirurgica.

Infine l’arrivo allo stabilimento

L’urgenza di vedere se tutto è a posto, la soddisfazione di tuffare le mani e il naso nel raccolto prima del cruciale momento, la tostatura (e qui dovrebbe partire una serie tv, altro che corto); i trucchi, gli accorgimenti e l’occhio clinico per fare in modo che quel caffè non te lo scordi più e magari te lo porti a casa, oltre che prenderlo al bar.

Qualcosa di non comune, meglio ancora di straordinario (non è un caso che lo staff di Mokador abbia scelto come claim pubblicitario “100% straordinario”. Una percentuale che oltre alla cura del prodotto include anche il rispetto per chi quel prodotto lo lavora).

Un vero caffè all’italiana da far scoprire al resto del mondo

Quello che quando viene in Italia chiede il cappuccino a fine pranzo ma poi comincia a guardarti, a spiarti. Finché prende coraggio e ordina il primo espresso: piccolo choc iniziale, il retrogusto imperioso, la botta di adrenalina ed è fatta. Loro di certo non conoscono quello che c’è dietro. Magari, adesso, con i corti Mokador.

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