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martedì 05 Novembre 2024
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“Di Moka in Moka”: le voci di 10 donne di fronte alla caffettiera in un saggio fotografico

Il rito del caffè è innanzitutto sociale: ha aiutato a creare un clima di intimità con le intervistate?  Si, assolutamente. Quando abbiamo proposto alle nostre intervistate di conversare intorno alla moka e al caffè si è determinata immediatamente una disponibilità che ci ha aiutati a entrare nelle case e nella loro vita ordinaria e quotidiana

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MILANO – La moka torna protagonista di un altro racconto che testimonia il suo legame con il rito sociale del caffè italiano domestico e le donne. Nel saggio “Di Moka in Moka. Storie di donne davanti a un caffè.” (Edizioni Ex Libris, pagg. 103, 15 euro) i due co-autori (con compiti così suddivisi: Carlo Baiamonte ha curato le interviste, Giusy Tarantino tutti gli scatti fotografici) hanno condiviso con i lettori un’unica storia di genere, articolata su 10 voci di donne.

Abbiamo intervistato entrambi, per conoscere dai creatori la nascita di questo progetto socio-culturale, legato a uno degli strumenti più presenti nelle case italiane.

La prima domanda nasce proprio dal titolo: come mai avete scelto la moka e non quello che oggi va più di moda nelle cucine, le capsule, le cialde?

“La moka è il simbolo dell’ospitalità e dell’accoglienza. L’idea di utilizzarla è parte integrante di quanto abbiamo realizzato, la parola chiave che ha animato sin dall’inizio il progetto: la moka sul fuoco, il tempo e l’attesa la conversazione informale e confidenziale.

Nel nostro progetto l’intervista prende corpo nel momento in cui la padrona di casa ci invita o accetta di condividere con gli autori il caffè rigorosamente preparato con la moka. In Sicilia intorno al caffè nascono le relazioni più importanti, sia sotto l’aspetto affettivo e fiduciario, sia sul piano degli accordi commerciali e professionali.

La moka rallenta le preoccupazioni, contiene l’ansia e crea un clima intimo e familiare

In tante occasioni ha supportato l’ascolto e consentito quelle pause indispensabili per rimettere ordine tra i pensieri mentre ci si raccontava. Mettendo in primo piano il vissuto personale e soggettivo. Come si può leggere nelle parole di una delle nostre intervistate la moka, differentemente dalle capsule e dalle cialde ci consente di “perdere tempo”.

Il servizio buono per accogliere gli ospiti

Non a caso la copertina è dedicata alla moka

Un oggetto che immediatamente fa venire il mente le radici, la memoria, la lentezza, i processi di attesa che non sono mai una perdita di tempo.

Come mai avete deciso di intervistare le donne all’interno di un ambiente domestico?

“L’ambiente domestico e la cucina in particolare sono luoghi molto particolari in cui si giocano partite interpersonali di grande significato e interesse. Ospitano affetti e abbracci ma anche conflitti, confidenze e fragilità, arrabbiature e speranza. Nelle cucine nascono le migliori idee e i più grandi slanci, si progetta la vita; si compiono gesti quotidiani e di routine, ci si conforta, si affrontano le preoccupazioni. Oppure si guarda l’orologio appeso alla parete, ci si riposa un attimo quando arriviamo a casa stanchi con i sacchetti della spesa.

Le protagoniste sono dieci donne perché era nel nostro intento raccontare, attraverso dieci storie diverse, la sensibilità femminile, la forza e la capacità di superare gli ostacoli. Il saggio è un omaggio al genere femminile, in una dimensione positiva e costruttiva.”

Perché avete scelto come bevanda proprio il caffè e non uno Spritz (per fare un esempio)

“Il caffè è una bevanda universale, non conosce differenze di stili di consumo; attraversa il passato e il presente, gode di uno status interculturale che non ha pari rispetto alle altre bevande. Accompagna i momenti più importanti e attivi della giornata, la colazione, il pranzo e le pause sul lavoro.

Il rito del caffè è innanzitutto sociale: ha aiutato a creare un clima di intimità con le intervistate?

Si, assolutamente. Quando abbiamo proposto alle nostre intervistate di conversare intorno alla moka e al caffè si è determinata immediatamente una disponibilità che ci ha aiutati a entrare nelle case e nella loro vita ordinaria e quotidiana.

La maggior parte delle interviste sono state realizzate di buon mattino o nel primo pomeriggio. Ovvero due momenti della giornata in cui la presenza del caffè può essere considerata, soprattutto nella nostra tradizione, un must di accoglienza.”

La tazzina è fotogenica? Che cosa avete voluto cogliere attorno ad essa?

Il rito del caffè apparecchiato per gli scatti

“Si, straordinariamente fotogenica come la moka, i cucchiaini, le zuccheriere, i servizi che hanno i molti casi un design raffinato. Tutto ciò che popola e accompagna la gestualità intorno al caffè è fotogenico e bello. Per chi fotografa è importante pur mantenendo la spontaneità dell’incontro creare un piccolo set. Utilizzando oggetti come quelli che hanno poi caratterizzato le immagini che sono state proposte per il saggio.

Dobbiamo poi considerare che questi oggetti erano scelti dalle padrone di casa, avevano spesso un valore affettivo e simbolico, un significato preciso.”

Quali storie sono emerse bevendo un caffè assieme? Le più significative?

“Le storie sono tutte diverse perché le sensibilità che abbiamo coinvolto sono diverse, nei vissuti, nelle professioni svolte, nel modo di intendere la vita. A seconda dell’umore e del momento emozionale succede, rileggendo, di preferire un’intervista ad un’altra. Ma, in generale, le narrazioni sono tutte interessanti perché le abbiamo vissute, abbiamo riso o ci siamo commossi con loro.

Abbiamo scelto di intervistare donne non note perché eravamo interessati al quotidiano ed alla normalità che ci accomuna. Alcune storie sono “forti” e assumono un carattere simbolico e corale come la vicenda di Paolo Giaccone. Raccontata dalla figlia Milly, un coraggioso medico legale ucciso a Palermo dalla mafia nel 1982. C’è però anche tanto cibo esperienziale, l’impegno amministrativo di una sindaca, l’arte, le tradizioni; l’emancipazione, l’impegno nella sanità, il teatro nelle carceri, la genitorialità.

Tutto dentro un grande senso di libertà e di consapevolezza.”

Avete intervistato donne di carattere, una curiosità: bevono il caffè senza o con lo zucchero?

La moka è donna

“In tutti i modi possibili e immaginabili: amaro o zuccherato, con zucchero di canna o raffinato; qualcuna lo ha gustato con il latte o la panna. Per quanto ci riguarda il caffè va gustato amaro per apprezzarne le qualità.”

Il tempo è un concetto che avete esplorato con il vostro progetto: quanto vi ha preso questa”pausa caffè” sui generis con la moka?

“Tanto, ci siamo divertiti davvero, sia ad esplorare l’ambiente domestico, sia a trascorrere del tempo con le nostre intervistate. Sin dalla prima intervista abbiamo compreso che il tempo con loro non era programmabile. Spesso si entrava di buon mattino e si usciva dalla loro casa alle 13. In qualche caso siamo rimasti anche a pranzo. Quando inizi a raccontarti il tempo vola.”

Dove possiamo trovare e acquistare questo libro?

“Si può ordinare sui principali portali specializzati on line o prenotare nel circuito nazionale delle librerie.”

Nota biografica degli autori:

Giusy Tarantino, fotografa free lance, vive e svolge attività professionale nel settore turistico a Palermo. Da sempre appassionata ed interessata all’arte fotografica, matura esperienza significativa nel settore a partire dal 2011. Nella prima fase di produzione artistica non privilegia contenuti specifici dell’arte fotografica sviluppando una esperienza di carattere trasversale nei diversi generi. Senza trascurare gli elementi tecnici e l’evoluzione tecnologica degli strumenti fotografici.

In seguito porrà in valore gli elementi narrativi del reportage fotografico, con particolare attenzione ai contesti culturali ed alle immagini di forte contenuto espressivo e umano, privilegiando gli elementi della fotografia urbana, la ritrattistica delle emozioni e un tipo di fotografia calda e partecipativa. Ha collaborato come fotografa con il periodico Un Ospite a Palermo, con la testata Mediterraneo (Rai 3); partecipato alle Mostre collettive Impronte (Palazzo delle Aquile, Palermo 2012), Tali…ando con l’Obiettivo esponendo una collezione di immagini dal titolo Scorci di Poggioreale, la città fantasma, e Disa…bilmente: insieme tessiamo il nostro futuro (Associazione Culturale Talìa). Nel 2014 ha ottenuto il riconoscimento del 1° Premio della Giuria al Concorso fotografico Daniela Longo (Associazione Onlus Amici dell’Hospice ECHO).

Carlo Baiamonte, insegna Filosofia nei licei

Appassionato di fotografia, di psicologia e sociologia culturale, ha svolto una lunga esperienza nel terzo settore, nella comunicazione sanitaria e nella ricerca sociale, con un interesse specifico verso le periferie urbane e i temi della marginalità. Dal 2007 al 2013 ha diretto la testata giornalistica socio sanitaria Medeu.it e oggi cura il blog personale lorabuca.it. Al suo attivo anche diverse collaborazioni istituzionali sui temi delle pari opportunità di genere e sulla valutazione dei servizi sanitari. Nel 2009 ha pubblicato il saggio di sociologia della comunicazione Pandemia.

Oltre la notizia con Officine Trinacria Edizioni (2009), nel 2018 il saggio fotografico Nel segno di Palermo edito da People&Humanities. Responsabile degli eventi nel settore fotografia al Festival delle Filosofie, edizione 2019, promosso dall’Associazione Culturale Lympha, ha ideato la mostra fotografica collettiva Walking: outlet del paesaggio urbano.

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