giovedì 19 Dicembre 2024
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Moka in montagna porta: “La medicina sociale del caffè sulle alte vette”

Marrocco racconta: "Prima di tornare a casa, prendo una tazzina in acciaio inox alimentare 18.8 e la lascio insieme a una bustina di One dose di Andrea Antonelli, e, agganciato con un moschettone un messaggio con su scritto che lascio questa porzione di caffè e il suo contenitore perché penso che “la felicità è reale solo se condivisa”

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MILANO – Raffaele Marrocco è un amante del caffè senza se e senza ma: per lui questa bevanda ha un valore sociale e simbolico che va ben oltre la tazzina, al punto che, per comunicarlo agli altri, si è spinto sulle vette più alte: è suo il progetto parlante “Moka in montagna”, un report fotografico che dalla vita offline si è spostato presto su Instagram, per poi svilupparsi in una vera e propria rete di persone che amano la natura e anche il rito italiano.

E in fondo, come poteva esser diverso da così? Di solito, e ce lo ricorda lo stesso
Raffaele, il caffè è un collante potentissimo, che porta alla socializzazione. Barista, nel 2007 per 12 anni, formatore per Planet One, sfidante in due finali del circuito dei campionati
nazionali per caffetteria e poi giudice di gara, consulente per aziende anche estere per il mondo del caffè.

Moka in montagna: già il nome del progetto ci porta su altri livelli. Come e quando è nata questa idea?

“È nato tutto per caso. Vivo in un piccolo paesino ma suggestivo, che è l’Isola del Liri in provincia di Frosinone, riconosciuto per la sua cascata verticale di 27 metri in pieno centro. Sono quindi cresciuto nella natura che mi circondava anche quando si andava a bere il caffè al bar. Dalla finestra di casa vedo le montagne del parco nazionale Abruzzo-Lazio-Molise. Sono stato sempre attratto dal mondo dell’outdoor. Siamo a 30 minuti dalle montagne e ad un’oretta dal mare.

Inizialmente, avevo un classico profilo Instagram che utilizzavo come diario fotografico, un racconto per immagini di ciò che facevo. Ma sempre, nelle mie escursioni, portavo con me una moka, con cui mi preparavo colazioni e pranzo. Il caffè quindi era il mio compagno: sono un amante incondizionato di questa bevanda, che per me non è soltanto un prodotto caldo, ma è una medicina sociale.

Ha un valore, un’energia talmente positiva, che racchiude tutto al suo interno. Le storie cominciano spesso da lì, con un semplice: “vogliamo prenderci un caffè?”. Tutti noi conosciamo le “M” della caffetteria e per me, quella più fondamentale è la M della medicina sociale. L’uomo non ha bisogno effettivamente di bere il caffè: potrei ingerire qualsiasi altra cosa per avere uno sprint, come il cioccolato o il tè. Ma a casa, quando mi sveglio, incondizionatamente vado verso la moka. Che riempie le stanze col suo profumo, il suo rumore, e così può partire la giornata.

Solitamente faccio un gesto, da cui parte il mio progetto che ora si sta allargando in una community: vado sulle vette, nei boschi, in mezzo alla natura dove non prende il telefono. Qui ci sono spesso le croci di vetta, dove ci si riposa e ci si gode il panorama dopo ore di cammino. Prima di andar via, preparo la mia moka e la condivido con tutti quelli presenti nei dintorni. Offro il caffè a degli sconosciuti. E sono sempre entusiasti.

Arrivato alla croce di vetta, Marrocco lascia tazzina e caffè

Più di qualche volta è uscito il modo di dire “moka in montagna”: così ho dato vita a questo progetto. Prima di tornare a casa, prendo una tazzina in acciaio inox alimentare 18.8 e la lascio insieme a una bustina di One dose di Andrea Antonelli, e, agganciato con un moschettone un messaggio con su scritto che lascio questa porzione di caffè e il suo contenitore perché penso che “la felicità è reale solo se condivisa”. Una frase di Alex SuperTrump, un ragazzo che è davvero vissuto nella natura, da cui hanno tratto anche il
celebre libro e film Into the wild. Vorrei portare avanti questo messaggio, per smuovere le persone e farle tornare a condividere le loro esperienze.

Uso i social per dire: sono stato qui, se voi volete, potrete tornare e troverete una tazza di caffè per voi. Condivideremo comunque questa esperienza anche se a distanza e in momenti diversi. Questo è ciò che rappresenta per me Moka in montagna: uno stare insieme bene, uno scambio, un incontro. Perché il caffè è proprio quello. Se ci incontrassimo in un bar, si partirebbe sicuramente da quello per conoscersi.”

Quali altitudini raggiunge armato della sua moka?

“Il punto più alto è stato il Gran sasso a 2912 metri, per ora. Ho iniziato il progetto in pieno Covid, quando era difficile spostarsi verso qualsiasi parte. Quando si affrontano queste altitudini poi, nasce il problema della condivisione dei rifugi con delle persone che non conosci, cosa non particolarmente sicura in tempo di pandemia. Quindi per il momento non sono andato più in alto di così. Io e mia moglie andiamo insieme, lei immortala le nostre escursioni con la macchina fotografica: quando ci mettiamo lo zaino in spalla, tutta la negatività si allontana. La medicina del caffè e quella della natura si sposano. Basta andare piano, e poi c’è anche il caffettino a darti una spintarella.”

Tecnicamente come riesce a preparare il caffè? Il problema di pressione e temperatura rema contro la moka in montagna: come ha risolto?

“Mi è successo di aver problemi una sola volta: c’è una foto sul mio profilo, quando sono andato a meno dieci gradi. Lì non sono riuscito a prepararmi il caffè, le temperature erano troppo basse. Il fornellino funzionava, ma è stato impossibile far salire la moka, neppure in venti minuti. In questi casi si usa un pentolino diverso, studiato per temperature estreme, pratico per le emergenze e gli ambienti sui 4000 metri.

Ci sono altri metodi di estrazione che sto sperimentando: Handpresso Pump, macchina manuale per la preparazione del caffe “conosciuta dai coffee lovers” è stata lasciata nel 2008 e sviluppata in Francia. Questa attrezzatura manuale funziona come una “pompa” per bici ad una pressione di 16 bar, ideale per una vacanza outdoor. Ho usato anche un’altra macchina manuale per la preparazione del caffe “ Wacaco” mini espresso, versatile e molto pratica per l’utilizzo in ambienti difficili.

Nel corso del tempo ho avuto l’opportunità di essere affiancato da grandi aziende come OUTBACK97, di Bergamo, che opera nel settore distribuzione da oltre 30 anni, abbigliamento e attrezzature per la montagna, i suoi marchi sono tra i più ricercati nel mondo dell’outdoor come “Ortovox, Msr, Kohla, Seal Line, Platypus, PackTowl, Thermarest; un altro nome è Stanley 1913, che grazie alle loro preziose tazze portiamo insieme avanti il progetto delle tazze da lasciare selle croci di vetta. Ho avuto la possibilità grazie a Stanley di testare la loro macchina da caffe V60, molto semplice da utilizzare e che uso molto quando affronto percorsi di più giorni, un vero asso nella manica se si è in compagnia, data la sua velocita di preparazione e la quantità di caffè che permette di estrarre.

Il suo utilizzo è molto semplice: basta riscaldare l’acqua e versarla direttamente nel V60 e poi il filtro studiato per la vita “outdoor” farà il resto.”

E la pulizia?
“La moka, trovando ruscelli, è facile da lavare. Basta l’acqua in montagna. La smonto, tolgo la guarnizione, il filtro: per delle giornate di trekking è essenziale affinché non si intasi.”

Che tazzine sono più pratiche per un alpinista appassionato di moka?

Tazze o contenitori di felicità? Mi piace definirle cosi. Grazie ai social ho avuto l’opportunità di conoscere persone meravigliose e aziende con grandi idee, attente all’inquinamento oppure che attraverso un oggetto vorrebbero trasmettere un messaggio preciso. Espresso Away, un’azienda giovane guidata da Giorgio, ha creato una tazza in tritan, un polimero di ultima generazione utilizzata per contenitori alimentari ad alte temperature. Una tazzina accattivante molto leggera, dotata di un tappo a vite con guarnizione, utile per trasportare un caffè espresso mantenendo per ben 3 volte più a lungo la sua temperatura. Fin da subito ho apprezzato la sua qualità e i suoi dettagli ben curati.

Poi utilizzo la tazza di Stanley legata al progetto delle croci di vetta.

La Stanley condivisa in vetta

Ed infine ma non ultima la tazza di Cammini D’Italia. Cammini d’Italia è la più grande community sul trekking in Italia. Ha un duplice obiettivo:

-formare i camminatori in modo da rendere piacevole e sicura l’esperienza;
-valorizzare i cammini, trekking, escursioni in Italia e renderli accessibili nel miglior modo possibile.

Marrocco con in mano uno degli oggetti simbolo di Cammini d’Italia

Cammini d’Italia continua ad innovarsi continuamente e grazie al mondo online e alla continua interazione tra i camminatori sarà sempre più facile e sicuro vivere esperienze. La loro tazza sta diventando per noi escursionisti un oggetto di riconoscimento. Abbiamo iniziato una collaborazione: la prima volta che ho stretto in mano la tazza mi è venuto in mente questo pensiero ”stringendo in mano questa tazza non senti il metallo di cui è composta, ma si riescono a sentire i passi di tutti gli uomini con zaino in spalla che cercano la loro libertà”.

Ecco il motivo per cui le tazze sono contenitori di felicità. Poi per chi fosse un amante dell’infuso agli aghi di pino la tazza di Cammini d’Italia si sposa ottimamente, basta riempire il contenitore con acqua e aghi e aspettare che si crei l’infuso direttamente sul fornello da “outdoor”.

Che tipo di caffè si presta alla moka in montagna? Monorigine, blend? Da cosa dipende la tua scelta?

moka in montagna
La One Dose di Antonelli che si gode la vista e attende il prossimo alpinista

Andrea Antonelli è stato il mio primo partner in questa mia avventura e mi ha fornito coffee blend in una pratica bustina dal peso di circa 7/8 grammi che entra nel taschino della camicia. Un prodotto “favoloso” che sposa senza ombra di dubbio le mie esigenze, fa parte del progetto delle croci di vetta ( tazza e caffe).

Marco Poidomani mi prepara delle confezioni da 125 gr di caffè in grani che sono una selezioni di specialty che utilizza nelle sue competizioni, ottime per trekking di più giorni da macinare al momento. Ho la possibilità mentre preparo lo zaino, di scegliere anche che tipo di caffè portare con me: la cosa importante è che sia sempre di ottima qualità e come detto prima, valuto in base al tipo di escursioni che vado ad affrontare.”

La moka da, due, tre tazzine?
Consiglio la moka da due tazze (per condividerla con altri escursionisti) avendo un peso di circa 250 grammi, le altre le trovo ingombranti e a volte troppo delicate. C’è bisogno di qualcosa di pratico.”

Svelaci un’ultima curiosità: il caffè è più buono con l’acqua di montagna?

La granita al caffè preparata con la moka

“L’acqua è un elemento fondamentale per il caffè in qualsiasi tipo di estrazione. Personalmente con la neve ho preparato la granita di caffe, pochi giorni fa ho preparato la mia prima moka con la neve, devo dire che era un po’ diverso, poi facendo ricerche ho scoperto che nel Canada e molto diffuso questo modo di “cucinare”. Quindi in definitiva sì: è diverso il caffè con la neve come è diversa una moka preparata con acqua di montagna che sgorga a 2000 metri. Poi ho sempre sostenuto che essendo un “sapore” c’è a chi piace e chi no, ma resta sempre fondamentale con chi si beve una tazza di caffè e da cosa si è circondato.”

moka in montagna
La neve nel serbatoio della moka per dargli un sapore particolare

Lasciamo con questa immagine Raffaele, con la moka riempita dall’acqua montana, e ci prepariamo per il prossimo capitolo di Moka in montagna: in estate, ci anticipa in chiusura, si potrebbe pensare a una summer edition in kayak. Staremo a vedere, intanto è sufficiente seguirlo sulla sua pagina Instagram.

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