MILANO – Continua l’intervista a Kent Bakke, uomo chiave nel successo de La Marzocco International. Il focus si sposta dalla storia che lo ha portato a stringere i rapporti con l’azienda toscana, a quella delle macchine più moderne e di tendenza. Il presente e il futuro di questi strumenti a servizio degli operatori, nel segno del marchio Modbar, che ha inventato la macchina professionale modulare.
A questo link, per chi l’avesse persa, la prima puntata.
Ora La Marzocco ha un altro brand: Modbar
“ Modbar è un progetto nato con uno dei miei soci da oltre 30 anni, Joe Monaghan. Io e Joe abbiamo iniziato a collaborare con l’azienda Jet Steam e con i suoi due fondatori. Quasi sei anni fa siamo tornati a trovarli e abbiamo scoperto che avevano creato un nuovo concept. Ci hanno mostrato un disegno sul computer, chiamato Modbar, da “modulo per bar”, “bancone modulare”. Perché ogni elemento ha il suo modulo.
Non avevano un prototipo né le risorse. Ma Joe l’ha visto e ha capito che quello sarebbe stato il futuro. Cambia tutto: è possibile disegnare un locale e mettere le lance vapore, l’acqua, ogni elemento, dove e come si preferisce. Il progetto è molto pulito e garantisce una relazione diversa, finalmente diretta, tra il barista e i clienti. Quando Joe si è lanciato, io mi sono fidato del suo istinto.
Insieme ai due fondatori, abbiamo aperto Modbar. Dopo alcuni anni abbiamo presentato i primi esemplari alla Sca. E’ stata una sfida.”
Nel Modbar ci sono i bottoni della KB90, c’è ancora la sua firma
“All’inizio su Modbar si utilizzavano componenti di aziende americane, per capire se potesse svilupparsi in maniera indipendente. In seguito, abbiamo condiviso le componenti de La Marzocco.
È così che sono stati scelti i bottoni. Ma non sono la mia firma. Anzi, non ci avevo proprio mai pensato.“
Il futuro è Modbar?
“Ora abbiamo iniziato anche a guardare al mondo dei macinini. Una macchina da caffè senza macinino non è niente. Storicamente ce ne siamo occupati: con lo Swift, un concetto che era stato sviluppato per Starbucks, che poi non l’ha mai usato, ma ha avuto rilevanza per gli altri nostri clienti.”
Pensava che si sarebbe arrivati al presente sviluppo de La Marzocco? Che hanno dettato l’evoluzione dei bar italiani?
“Quando abbiamo cominciato, negli Stati Uniti abbiamo dovuto insegnare come si usa la macchina e come si fa la corretta manutenzione. Eravamo molto piccoli e nella nostra zona vendevamo direttamente. Questa esperienza è stata importante, perché tanti produttori sono invece lontani dal cliente.”
Quindi lei si è molto avvicinato al cliente
“Per i primi dieci anni anch’io sono andato in prima persona dai clienti per ascoltare le loro
esigenze. A Piero Bambi non piaceva molto vendere direttamente ai consumatori. Questa ormai è la mia vita, sono contento e molto fortunato. Mi piace lavorare con le persone, con i miei soci.”
La Marzocco è la storia del caffè per un motivo o per l’altro. Diversi modelli sono entrati nei libri del prodotto
“Sì, dopo 40 anni, possiamo dirlo. Ma non avrei mai pensato di entrare nella storia delle macchine professionali per espresso, nella storia del caffè. Mi ricordo, quando abbiamo comprato il 90% de La Marzocco, nel 1994, quando produceva 550 macchine all’anno. Anni fa, durante una riunione con il management team, ci siamo posti l’obiettivo di 5000 macchine l’anno.
Un target che sembrava lontanissimo. Invece l’anno scorso, abbiamo costruito e venduto oltre 18mila esemplari. La Marzocco è andata molto oltre le mie stesse aspettative. Il fatto è che non conoscevo il mercato nè quanto fosse grande. Perché nel momento in cui ho iniziato, il mio obiettivo era quello di introdurre la qualità dell’espresso italiano negli Usa, dato che vivevo in America e vedevo tutto da lì.”
La Marzocco ora è direttamente con filiali anche in Australia, Corea del Sud, Cina…insomma in tutto il mondo
“Più di 100 Paesi conoscono le macchine de La Marzocco e la sua vocazione al Made in Italy. È un aspetto molto romantico dell’azienda, che abbiamo sempre voluto preservare.”
Progetti futuri?
“Per me lo sviluppo interno dell’azienda, il suo consolidamento. L’Accademia del Caffè Espresso a Firenze, nei locali della vecchia fabbrica, era il sogno di Guido Bernardinelli. Questa iniziativa a favore dell’intera filiera del caffè dovrà essere uno sviluppo importante per noi. Per avere uno sguardo ampio su tutto il settore, dalla coltivazione alla tazza, si deve abbracciare l’intero processo. Un altro obiettivo importante sarà la sostenibilità per l’ambiente, per i coltivatori, per la materia prima.”
Un americano che scopre l’anima italiana, l’Italia riconosce il suo merito?
“L’anno scorso abbiamo partecipato al Comitato dei Cento al premio “In onore dell’Italia che ci onora”. I riconoscimenti non ci mancano. Tutto questo premia la cultura aziendale e i suoi leader. Una filosofia che cerchiamo di tramandare alle nuove generazioni di manager.”
Il suo rapporto con Firenze: La Marzocco è per antonomasia made in Florence
“Per me non si può distinguere Firenze da La Marzocco e La Marzocco da Firenze. Tante persone non conoscono la storia del marchio, il perché i due fratelli Bambi hanno scelto di restare a Firenze: sono molto orgogliosi della città e hanno scelto il simbolo del Marzocco, la statua del leone di Donatello per la loro azienda. Non ho mai pensato che l’azienda sarebbe diventata così grande e famosa. È stato interessante partecipare al primo Host Milano.
La Marzocco aveva un piccolo stand con due sole persone, esattamente affianco a produttori molto più grandi. Allora, e non parliamo di così tanti anni fa, non avrei mai pensato che La Marzocco avrebbe guadagnato la posizione che ha oggi sul mercato. E aggiungo che, negli Stati Uniti, eravamo ancora più piccoli. “
E’ stata una svolta contro tutto e contro tutti
“La Marzocco, come azienda, ha sempre seguito un suo percorso, unico e particolare. Lontana da Milano e dalla zona più industriale d’Italia, ha trovato il modo di fare le cose nel modo che si era prefissata. Non gli importava di quello che facevano gli altri.
Il nostro obiettivo è sempre stato quello di conservare quell’impegno, quella visione che ci hanno contraddistinti sin dall’inizio di questa avventura, che è sia industriale che umana. Via via è diventata una passione. Bellissima.”