MILANO – La guerra del caffè fa tappa a Milano come teatro dello scontro commerciale (e di marketing). Da martedì 19 settembre, in un percorso di 1.700 metri intorno al Duomo si concentrano i flagship store di quattro dei principali brand mondiali del caffè.
Lavazza ha inaugurato il primo negozio bandiera, a piazza San Fedele, a poche decine di metri da Piazza della Scala, ma soprattutto a poche centinaia di metri dalle boutique di Nespresso, a piazza del Liberty, di Illy, in via Montenapoleone. E di Starbucks a piazza Cordusio, che sarà pronto tra un’anno.
Pur nella sua particolarità, per Lavazza si tratta di un test che sarà replicato nelle principali capitali del mondo. L’azienda torinese rimane sulle generali, ma il calendario avrebbe fissato 12 aperture in altrettante grandi città.
Si parte da Parigi (la Francia genera il 20% dei ricavi complessivi) per passare da Berlino e poi dall’Australia e dal Sud Africa. Quindi gli Stati Uniti.
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Nei 200 mq del nuovo store Lavazza si può gustare il caffè dalle versioni più tradizionali fino alle preparazioni più sofisticate. Il flagship store è infatti suddiviso in quattro aree, ognuna dedicata ad un’esperienza di caffè.
C’è quella dedicata al coffee design, l’area Fresh roasted dedicata alla scoperta della tostatura e miscelatura, l’area caffetteria dove si può trovare l’espresso e l’area slow coffee puntata sulle diverse preparazioni del caffè come la moka e la Chemex. Poi c’è lo spazio della gastronomia con proposte gourmet.
Progetto forte
«Crediamo fortemente in questo progetto – ha detto all’inaugurazione Marco Lavazza, vice presidente di Lavazza -. Ha l’obiettivo di offrire a tutti l’opportunità di apprezzare il meglio del caffè Lavazza. Sorprenderemo il pubblico con le forme inedite del coffee design, nate da una profonda expertise nella sperimentazione unita al mondo dell’alta gastronomia, in uno spazio che esprime la storia e l’anima di un’azienda».
L’altro vice presidente, Giuseppe Lavazza, ha commentato che si tratta «si parte da Milano per sperimentare un nuovo luogo dove bere il caffè in tutte le sue declinazioni. L’idea è quella di provare ad esportarlo nelle principali capitali del mondo».
Lavazza annuncia anche che presto arriveranno in Italia le capsule caffè compatibili Nespresso (in realtà sono già a scaffale da una settimana; n.d.r.) sin qui commercializzate soltanto all’estero. Sugli scaffali italiani ci sono da tempo le capsule compatibili della controllata francese Carte Noire. Mentre Lavazza ha un sistema di macchine proprio. Portato al debutto nei supermercati italiani dalla metà di settembre.
Questione di marketing
Antonio Baravalle, ad di Lavazza, ha sottolineato che «questo flagship store è un test importante. Anche se più che a una strategia commerciale risponde ad esigenze di diffusione della cultura del caffè e di marketing: lo dimostra il fatto che c’è poco spazio per i tavoli».
Anche il marketing è strategico in un settore dove i big globali del caffè si contendono le prede più ambite a suon di miliardi.
Dopo la maxi Opa da 14 miliardi di dollari lanciata da Jab sull’americana Keuring green mountain, la stessa Lavazza ha acquisito la francese Carte Noire per 713 milioni, la danese Merrild per 28,7 milioni e la canadese Kicking horse coffee probabilmente per una cifra intorno ai 110 milioni.
Mentre in questi giorni il gigante Nestlé ha rilevato la maggioranza della catena di caffetterie americana Blue Bottle, valutandola 700 milioni di dollari.
Per Nestlé è un cambio di rotta perchè si affaccia al mercato retail del caffè, in diretta competizione con Starbucks.
Nel futuro di Lavazza c’è un’alleanza con Coca-Cola Company? «No – risponde Baravalle -. Abbiamo una piccola partnership con un imbottigliatore in Europa, ma finisce lì».
Oltre i 2 miliardi
Lavazza ha chiuso il 2016 con un fatturato record di 1,9 miliardi e un utile operativo di 61,7 milioni.
Le vendite di caffè sono state di 1,45 miliardi (da 1,02 miliardi), di capsule 305 milioni (304,2) e di macchine 76,4 milioni (82,8). L’estero pesa sui ricavi per il 60,3%.
Nonostante lo shopping, la società, allo scorso dicembre, aveva una liquidità di 671,3 milioni, un debito verso banche di 440 milioni, di cui 400 verso un pool di quattro banche a 5 anni.
La posizione finanziaria netta è positiva per 687 milioni mentre il patrimonio netto è di 2,14 miliardi.
Anche nel 2017 il mercato retail italiano rimane cedente su tutti i segmenti, eccetto che per il caffè in capsule. «Noi andiamo molto bene – osserva Giuseppe Lavazza – sia in Italia che all’estero. Le nostre macchine del caffè Jolie ci danno soddisfazioni. E presto avremo altre novità».
Il budget 2017 del gruppo torinese indica una crescita dei ricavi del 4-5%.