MILANO – Non è solo Starbucks a far parlare di caffè i milanesi. Una recente lettera al Corriere, in cui un lettore criticava un barista per essersi rifiutato di personalizzare il cappuccino secondo i suoi desiderata, ha dato la stura a un dibattitto sulla qualità della bevanda e del servizio nei locali meneghini.
Tra le proposte anche quella di stillare una classifica dei migliori caffè e cappuccini di Milano.
Pubblichiamo di seguito la risposta del caporedattore Giangiacomo Schiavi ai vari commenti e interventi apparsi sulle colonne del quotidiano.
Salviamo il cappuccino e il suo rito, il cappuccino cremoso, il cappuccino con la schiuma o senza, quello servito con un sorriso del barista e con il cuoricino ricamato con lo sbuffo di caffè.
E viva anche le varianti creative di chi sta dall’altra parte del bancone, quando sono buone e apprezzate.
Ci appartiene il kapuziner, con la sua leggenda austriaca, perché siamo stati noi a farlo diventare stile di vita nel mondo, con la brioches ovviamente.
A Milano è un caposaldo del risveglio, non roviniamolo con un moto di antipatia: il cliente ha il diritto di chiederlo come lo preferisce e non come lo impone il barista.
A meno che questi non sia un dio sceso in terra con il giusto mix di latte ed espresso.
Se un buon caffè accende i neuroni sensitivi e dà un ritmo alla mattinata, un buon cappuccino è il valore aggiunto di un locale.
Non si improvvisa. Illy ha creato una scuola ad hoc, per un servizio a regola d’arte: accedere al bancone del suo bar nei giorni dell’Expo era una sfida in coda.
Ma ne valeva la pena, come a Napoli il caffè di Ciro a Mergellina. Quanto ai baristi, de gustibus: sono della vecchia scuola e credo nella relazione che si crea quando il prodotto e il servizio sono buoni.
In attesa di provare dal vivo il cappuccino modello base del barista in questione, l’idea della classifica dei migliori non è da buttare.
Di solito ci pensa Vivimilano, con bravura e competenza.
Ma i suggerimenti sono graditi.