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sabato 02 Novembre 2024
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Milano ai tempi del Coronavirus: i bar e gli esercizi sono vuoti, anche quelli dove si faceva la fila

La movida meneghina, con l'obbligo di chiudere alle 18 birrerie e tapas bar, rischia il crac. "Domenica nel nostro pub di via Casati avevo fatto a stento 80 euro di coperti - dice Luca Scanni socio di Pavé, che gestisce un ristorante, una gelateria, una pasticceria (un "must" del panettone artigianale) -. Ora devo chiuderlo. E come farò con il ristorante che è a due passi dal Policlinico, location a questo punto non felicissima...?".

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MILANO – Milano frenetica, Milano da bere, Milano motore economico: tutti luoghi comuni con cui spesso il capoluogo lombardo è identificato per il resto dello Stivale e del mondo. Gente che cammina a passo veloce verso gli uffici, si scontra in metro e fa pausa caffè tra una consegna e l’altra. Operatività, movimento e poi, per sfogare un po’ l’ansia lavorativa, un po’ di svago nei locali. Niente di tutto ciò è quello che colpisce per le vie della città, dove tutto è un po’ paralizzato per colpa del Coronavirus. 

Il contagio va fermato e quindi, anche le persone, gli incontri, gli spazi di socializzazione, rallentano. Anzi, si fermano proprio. Come sta impattando tutto questo sull’economia e sui piccoli esercenti? Leggiamolo dalle diverse testimonianze raccolte su repubblica.it.

Milano di serrande abbassate e tavoli vuoti

La città scintillante, ricca e ottimista nata sulla scia dell’Expo – inizia a pagare in un lunedì di sole primaverile il conto (salatissimo) all’emergenza Coronavirus. “Guardi qui: come descriverebbe la scena lei? Per me è surreale”, dice Paolo Pisola. Come ogni mattina il responsabile di Sant Ambroeus, il “salotto del dolce” a due passi dal Duomo, ha apparecchiato i tavoli e riempito le vetrinette di cannoncini, brioches e bignè. A quest’ora (mezzogiorno) di solito c’è la fila per aspettare un posto. Bancone e dehors, invece, sono deserti.

Il colpevole? Quel coprifuoco da Covid-19 che ieri, in poche ore, ha paralizzato la città

Mandando in tilt la macchina perfetta dell’economia di Milano, una corazzata da 166 miliardi di Pil all’anno, il 9,6% di quello italiano: i consumi di energia sono calati dell’8,5% rispetto ai lunedì delle ultime settimane. Sui treni pendolari di Trenord hanno viaggiato 350 mila persone, il 60% in meno del solito.

Il salone delle anagrafe di via Larga – una bolgia dove di solito si attende il proprio turno per ore – serviva ieri i cittadini con efficienza e rapidità elvetiche grazie a un calo del 30% dell’afflusso. E ai centralini degli hotel sono piovute disdette pari un terzo delle prenotazioni. Un bollettino di guerra che rischia di diventare una Caporetto per la Lombardia (e per l’Italia), se la quarantena imposta alla città si allungherà oltre il 2 marzo.

Nel tritacarne sono finiti un po’ tutti

Le strade – con traffico ferragostano – e i tram semivuoti sono la fotografia di una settimana che si preannuncia nera. La movida meneghina, con l’obbligo di chiudere alle 18 birrerie e tapas bar, rischia il crac. “Domenica nel nostro pub di via Casati avevo fatto a stento 80 euro di coperti – dice Luca Scanni socio di Pavé, che gestisce un ristorante, una gelateria, una pasticceria (un “must” del panettone artigianale) -. Ora devo chiuderlo. E come farò con il ristorante che è a due passi dal Policlinico, location a questo punto non felicissima…?”.

Problema comune a molti: la serrata di birrerie, discoteche e locali notturni costa 3 milioni al giorno, calcola la Federazione pubblici esercenti

Un buco che impallidisce davanti a quello delle griffe di Montenapoleone a Milano – già orfane dei turisti cinesi che qui spendevano 300 milioni l’anno – dove gli unici presenti sono i commessi (“non possiamo parlare”, dicono con cortesia) è l’umore è nero. Come al mitico Gin Rosa di Piazza San Babila, uno dei templi dell’aperitivo meneghino: “Non c’è nessuno, siamo a meno 65 per cento di cocktail serviti – dice il barman Rubismario Tirani – . Gli uffici vogliono la consegna a domicilio e di stranieri non se ne vedono quasi più”.

I milanesi per non sapere né leggere né scrivere, se ne stanno tappati in casa (“oggi a pranzo ho fatto il 20 per cento di consegne in più”, dice Carlos, rider ecuadoriano di Glovo fermo a tirare il fiato in piazzale Lodi). I turisti stanno cancellando le prenotazioni. “Perdiamo 3 milioni al giorno”, calcola amaro Maurizio Naro, presidente degli albergatori della città. Più 5 andati in fumo per le disdette delle sale per incontri business, complici una settimana della moda dimezzata e la cancellazione del Mido, la fiera dell’ottica.

Gli unici a fregarsi le mani a Milano, per ora, sono i supermercati, ma c’è chi specula e aumenta i prezzi

Alla Coop le vendite sono salite domenica in media del 50% “e anche oggi (ieri per chi legge, ndr.) sono sostenute – dice Francesco Pugliese, ad di Conad – . Ma non serve accaparrarsi cibo perché l’approvvigionamento è garantito persino nella zona rossa”. Il problema è a che prezzo. “La grande distribuzione non specula”, assicura Pugliese. Ma al mercato rionale di via Ghini tira un’altra aria: “I nostri fornitori di arance e clementine ci hanno già detto che da domani aumenteranno i prezzi”, spiegano Gino e Patrizia dietro il loro bancone di ortofrutta. Gli avvoltoi del coronavirus, dopo il blitz sull’amuchina, sono pronti a colpire ancora.

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