MILANO – La chiusura per i locali in tutta Italia è ufficialmente finita: basta le mezze misure tra asporto e delivery, da lunedì 18 maggio, il caffè si prende al bar. Certo, con le dovute precauzioni, tra misure di sicurezza, mascherine e sanificazioni, ma si riparte. Non tutti hanno rialzato le serrande per il costo insostenibile a fronte delle disposizioni da rispettare e delle spese. A Milano, capoluogo di una delle regioni più colpite dal contagio, la vita riprende nelle caffetterie. Vediamo che succede per le strade, da ilgiorno.it.
Milano convive con il virus nei locali e negozi
Dopo oltre due mesi di lockdown, i milanesi riscoprono il piacere di un espresso al bar, al banco prima di andare al lavoro o seduti al tavolino con le dovute distanze. Da lunedì 18 maggio anche a Milano riaprono i bar con le nuove regole per evitare il contagio e alle 6:30 Daniele Sartori, proprietario di un bar torrefazione nella zona del tribunale, è già pronto ad accogliere i primi clienti.
Gli ingressi e le uscite sono separati da due porte diverse, all’ingresso il gel igienizzante per le mani e ai dipendenti è stata provata la febbre. Come prevede l’ordinanza della Regione.
Le testimonianze
“Ci si dovrà abituare a queste nuove regole, prima o poi bisognava riaprire non possiamo andare avanti così – ha spiegato -. Due mesi di stop sono tanti e i dipendenti aspettano ancora la cassa integrazione. Con il distanziamento dei tavoli abbiamo perso 12 posti dentro e 10 fuori ma andiamo avanti.
L’unica cosa che chiediamo sono delle regole chiare”. I clienti al mattino presto sono pochi, ma qualcuno arriva per il primo espresso dopo il lockdown. «E’ un rito che mancava – ha detto una signora – un altro tassello del ritorno alla normalità che speriamo arrivi totalmente».
Alla stazione Cadorna, principale nodo di interscambio dei trasporti pubblici a Milano
Dove arrivano molti pendolari, ha aperto di prima mattina Cioccolatitaliani, un bar pasticceria. Un cliente esce dopo aver consumato un cappuccino al banco intorno alle 6.15, e sospira un ‘finalmentè prima di andare via.
“Abbiamo un limite di sette clienti per volta, che sono stati calcolati in base alla superficie – spiega una dipendente – la gente entra da una parte ed esce dall’altra. Abbiamo un bancone molto largo e il cliente si trova a una distanza di quasi due metri”. “Siamo contenti di essere tornati al lavoro – spiega mentre un suo collega annuisce – oltre all’aspetto economico c’era questa inattività che ti faceva sentire impotente”.