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venerdì 22 Novembre 2024
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Microtorrefazioni, attenzione alle emissioni di fumi e alla puzza. Sono reato

Con la sentenza 14467/017 nascono le «molestie olfattive», che la Cassazione ha inquadrato nel reato di «getto pericoloso di cose» (articolo 674 del Codice penale).

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MILANO – I rapporti tra vicinato sono, da sempre, oggetto di discussione nell’universo sociale del condominio. Ma forse è una delle prime volte che la puzza di frittura arriva in Cassazione.

Con la sentenza 14467/017 nascono così le «molestie olfattive», che la Cassazione ha inquadrato nel reato di «getto pericoloso di cose» (articolo 674 del Codice penale) a seguito di una bizzarra vicenda condominiale dove fumi, odori e rumori persistentemente molesti sono stati oggetto di dispute giudiziarie tra due vicini.

Entrando nel merito, i proprietari di un appartamento sono stati accusati dai condomini residenti al terzo piano di aver provocato continue immissioni di fumi, odori e rumori molesti dalla loro cucina.

A nulla è valsa la considerazione dei primi per la quale la causa era da ricercarsi in emissioni di odori di cucina che, per loro natura, non avrebbero integrato i requisiti per la sussistenza del reato, oltre al fatto che tra le parti vi erano stati precedentemente contrasti di vicinato.

Confermando le decisioni dei primi due gradi di giudizio, la Corte di Cassazione ha condannato gli imputati, dichiarandoli colpevoli di «getto pericoloso di cose», respingendo l’argomentazione dei ricorrenti in base alla quale tale norma non sarebbe estensibile agli odori.

La Cassazione ha quindi deciso che, come precisato più volte dalla giurisprudenza, la contravvenzione prevista dall’articolo 674 del Codice penale «è configurabile anche nel caso di molestie olfattive a prescindere dal soggetto emittente con la specificazione che quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo, al criterio della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c.».

Nel caso in esame, tale tollerabilità è stata ritenuta superata; di qui la decisione della Corte di respingere il ricorso presentato dai proprietari «olfattivamente molesti».

Tutti aspetti, questi, dei quali dovranno tenere conto, naturalmente, anche le torrefazioni. Specie quelle più piccole – collocate, ad esempio, nel retrobottega di un bar oppure situate all’interno di un contesto urbano ad elevata densità abitativa.

O in altri contesti nei quali sia possibile l’insorgenza di problematiche paragonabili o analoghe a quelle sopra descritte.

Valeria Sibilio

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