MILANO – Brita, azienda leader nel settore del trattamento dell’acqua potabile, ha partecipato al Fuorisalone come sponsor di Isola Design Festival presso la Fondazione Riccardo Catella, realtà attiva dal 2005 con la missione di diffondere la cultura della sostenibilità nello sviluppo del territorio, all’ombra del grattacielo Unicredit in via Gaetano de Castillia 28.
L’acqua diventa in questo modo la protagonista di Redesign your future, un itinerario che si sviluppa in tre aree: un’installazione creativa e di design en plein air, un’esperienza di realtà virtuale fruibile tramite Oculus e, in conclusione, le dimostrazioni sensoriali della Brita Water Wheel insieme agli esperti dell’azienda per osservare e percepire l’acqua da un punto di vista completamente differente dal solito.
Il tema centrale della manifestazione è la preservazione dell’ambiente in ogni sua forma. Ed è con questa premessa che si è svolta la tavola rotonda “Storie di sostenibilità in uno scenario di crescita e cambiamento”, un talk che ha visto come protagonisti alcuni tra i maggiori esponenti del mondo imprenditoriale: Andrea Coccia, R&D Director presso Gruppo Cimbali, Sabrina Arcaro, marketing manager di Unox Forni professionali, Michele Adt, direttore di Confida, Michele Cannone, Lavazza global brand director away from home e Paolo Andrigo, director in Accenture hanno esposto i loro punti di vista sui temi principali dell’economia circolare, del riciclo e della riduzione della carbon footprint.
La sostenibilità secondo Brita
A fare gli onori di casa, Lorenzo Sarvello, amministratore delegato e managing director di Brita Italia, che rompe il silenzio della sala: “Sin dall’anno scorso abbiamo voluto rinnovare il nostro brand che vuole essere sempre più agile, moderno e simbolo di lifestyle. Questo è il motivo principale per cui abbiamo scelto Isola come nostra sede per la Milan Design Week che potrebbe essere definito come uno dei distretti più innovativi del capoluogo lombardo e, fino a poco tempo fa, neanche esisteva. Isola, esattamente come Brita, si erge a simbolo della rigenerazione e della capacità di reinventarsi”.
Sarvello aggiunge: “La ragione per cui abbiamo scelto la Fondazione Catella è che quest’ultima gestisce la Biblioteca degli Alberi, uno spazio verde, pubblico e privato, circondato dal massimo del design moderno. Questo è ciò che vogliamo in Brita: coniugare sostenibilità, modernità ed efficienza ed è questo il nostro obiettivo. Puntiamo eticamente a ridisegnare il modo di bere acqua in maniera sostenibile”.
Andrea Coccia, R&D Director presso Gruppo Cimbali, prende la parola: “La sostenibilità per Gruppo Cimbali non è un progetto o un prodotto ma bensì una filosofia aziendale che guida la realtà in ogni sua scelta e che ne riguarda ogni aspetto come, ad esempio, la gestione delle persone e delle risorse. Ogni decisione aziendale di carattere strategico e di business si pone come prima domanda il comportamento sostenibile e non solo in termini di valore morale: è stato ampliamente dimostrato che le imprese guidate da questa filosofia diventano con il tempo più efficienti sotto ogni punto di vista. Il secondo tema da esplorare è il prodotto finale nel quale i concetti di sostenibilità e di risparmio energetico devono essere presenti sin dalla base del design iniziale.”
Efficienza e rispetto per l’ambiente
Arriva poi il turno di Sabrina Arcaro, marketing manager di Unox Forni professionali: “La sostenibilità è l’evoluzione naturale che risiede nel cuore dei nostri forni. Il mindset che ci caratterizza ha spinto nel corso della storia dell’azienda ad abbassare nel tempo la carbon footprint delle macchine e a creare prodotti sempre più efficienti dal punto di vista tecnologico ed energetico”.
Dal mondo dei produttori si passa a quello del vending. Michele Adt, direttore di Confida, spiega il valore dell’ecologia e della sostenibilità sotto la lente della sua esperienza: “Confida è l’unica associazione che rappresenta tutta la filiera del vending: dai produttori, alle tecnologie fino ad arrivare alle aziende alimentari che distribuiscono i propri prodotti nel canale della distribuzione automatica. Abbiamo iniziato a muoverci nel campo dell’ecologia con il progetto Vending Sostenibile grazie al quale abbiamo cercato di creare una maggiore consapevolezza ambientale all’interno delle aziende. In seguito, abbiamo iniziato a sviluppare nuovi progetti: il primo di questi è RiVending, l’iniziativa volta al riciclo della plastica dei distributori automatici. Dal 2019 ad oggi ci sono già 13.000 cestini volti al riciclo in tutta Italia e, da allora, sono state risparmiate all’incirca 1000 tonnellate di Co2.”
Il settore del vending per un mondo più green
Adt continua: “Un altro nostro progetto del tutto diverso è rivolto alla lotta contro lo spreco alimentare. Grazie a Banco Alimentare sono stati distribuiti prodotti alimentari, a diversi giorni dalla scadenza, da 800mila distributori automatici per donarli alle organizzazioni caritative. Il nostro obiettivo per il 2026 è quello di sviluppare altri progetti come questi su alcuni filoni costanti tra cui: i temi del report della sostenibilità, dell’economia circolare e della creazione di maggiori competenze in campo ambientale senza trascurare l’impatto sociale. In quest’ultimo campo alcune aziende, nostre associate, hanno creato un’officina all’interno del carcere di Bollate dove vengono riparate le vending machine: questo ha il vantaggio di formare dei tecnici che a breve faranno il loro ritorno nella società aiutandoli a sviluppare delle competenze concrete”.
È poi venuto il turno di Michele Cannone, Lavazza global brand director away from home, per parlare di economia green all’interno di una delle aziende simbolo del made in Italy: “Non consumiamo più di quello che non siamo in grado di rigenerare: questo è il leitmotiv e il punto di partenza dell’azienda. Noi abbiamo iniziato a parlare di sostenibilità più di vent’anni fa nel 2002. Siamo partiti alla base del tema e ci siamo posti l’obiettivo di fare in modo che si possa consumare caffè per i prossimi secoli: ciò non è così scontato nella nostra filiera”.
Il ruolo della sostenibilità per il caffè
Cannone continua: “Ci sono diversi milioni di coltivatori al mondo e all’incirca 12 milioni di piantagioni. Lavazza ha lanciato progetti di sostenibilità che coinvolgono più di 100mila lavoratori nella filiera del caffè e li abbiamo aiutati a produrre di più e in maniera più ottimale.
Il chicco non si coltiva ugualmente in tutto il mondo e ci sono differenze enormi tra i Paesi. Ad esempio, si passa da 4-5 sacchi per ettaro a Cuba e si arriva fino a 40 sacchi in Vietnam. Se i consumi continuano in questo modo, gli esperti affermano che tra trent’anni non ci sarà più caffè per tutti. La terra per coltivare questa pianta non è enorme e ci sono dei limiti anche geografici. Bisogna riconoscere il valore dei lavoratori nella filiera”.
“Risulta importante l’aspetto sociale che tuttavia non significa charity” sottolinea ancora Cannone. “Noi aiutiamo i coltivatori nel loro lavoro e a renderli orgogliosi del proprio operato. Fare charity è tutt’altro esercizio. I nostri progetti durano dai 5 agli 8 anni in ciascun paese. In Italia il nostro La Reserva de iTierra! non è altro che un insieme di blend che mette insieme i risultati di questi progetti. Quello che abbiamo cercato di fare è stato valorizzare la produzione del caffè in modo tale che venga compreso anche dal consumatore finale”.
L’economia circolare in ufficio
Paolo Andrigo, director in Accenture, una delle più grandi aziende di consulenza mondiale, ed esperto di caffè, riflette su un diverso punto di vista: “Una delle sfide che il nostro team si è imposto è quello di creare un ufficio sostenibile e vivere all’insegna dell’economia circolare. Aiutiamo le altre aziende a creare delle soluzioni sostenibili al loro interno. Per quel che ci riguarda, all’interno del nostro ufficio, abbiamo adottato diverse pratiche come l’introduzione di bicchieri di carta disponibili nelle vending machine. Abbiamo creato anche un sistema per misurare l’impatto economico e sociale sulla sostenibilità all’interno dell’azienda controllando così il risparmio energetico e ambientale nel nostro ufficio”.
Il talk si avvia verso il secondo giro in cui si discute dell’inserimento del tema della sostenibilità nella filiera a valle e come ciò venga raggiunto e recepito dai consumatori finali.
Andrea Coccia del Gruppo Cimbali espone il suo punto di vista: “Noi produciamo macchine da caffè fortemente performanti e i nostri clienti richiedono attrezzature veloci, precise e stabili. Ultimamente, soprattutto quelli più esigenti, richiedono delle perfomance legate alla sostenibilità: quest’ultima rientra ormai nelle specifiche di prodotto della macchina. Più precisamente, abbiamo creato nel settore Ricerca e Sviluppo un team di quattro persone dedicato interamente alla sostenibilità. Noi misuriamo ben due parametri: l’impatto ambientale e l’indice di riciclabilità. Ogni nuovo prodotto deve rispettare delle precise richieste che devono rientrare sotto questi aspetti. Abbiamo quindi la possibilità oggi di fornire ai clienti in maniera chiara e cristallina l’impatto ambientale delle nostre macchine”.
Una maggiore consapevolezza a valle
Il microfono torna a Michele Adt: “Nel nostro settore dobbiamo distinguere tra clienti e consumatori finali. I primi rappresentano gli imprenditori e gli incaricati dell’azienda dell’ente dove sono ubicati i distributori automatici. I consumatori finali invece sono i clienti che acquistano prodotti dalla vending machine. Talvolta esiste una distonia tra le richieste dell’azienda e le esigenze del consumatore finale. È imperativo ascoltare entrambe le parti. Ad esempio, in un ufficio vengono proposti prodotti senza glutine quando in realtà non c’è nessuno intollerante per acquistarli: ciò nasce da un’iniziativa creata di fretta più per esigenze di marketing e non di un’esigenza di fondo. La sostenibilità, a mio parere, è anche soprattutto ascolto.”
Un prezzo da pagare per definirsi sostenibili
Michele Cannone aggiunge: “Credo ci sia ancora un po’ di confusione sul tema. Tutti vogliamo essere sostenibili ma non tutti siamo disponibili a pagare. C’è ancora molto da fare e siamo solo agli inizi. In realtà oggi essere sostenibili costa di più per tutti e per l’azienda in primis. Siamo in una fase in cui le nuove tecnologie non sono ancora arrivate a fare in maniera efficiente quello che le vecchie tecnologie facevano in maniera meno sostenibile. Per avere una filiera più green si deve essere disposti a pagare di più. Stiamo vivendo ancora una fase di transizione che sarà condizionata dalle nuove normative”.
Cannone conclude così: “L’argomento è molto complesso. A mio parere il consumatore finale sarà condizionato a intraprendere alcune scelte sostenibili che saranno quasi obbligatorie in futuro. Lavazza sta cercando di rendere più appetibile per il consumatore finale essere più sostenibile. A Cuba, l’azienda si sta impegnando a ricostruire la filiera del caffè con una mappatura blockchain che abbiamo sviluppato con il Ministero dell’ambiente cubano. In questo modo sappiamo esattamente come arriva ogni chicco di caffè e come finisce nelle tazze dei consumatori. Questo ci porterà alla costruzione di una filiera molto più comprensibile e sostenibile volta a valorizzare la figura dei lavoratori anche agli occhi dei consumatori finali”.
di Federico Adacher