lunedì 23 Dicembre 2024
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Mercato vietnamita, i dati: registrati prezzi vicini ai massimi semestrali

“La reperibilità è limitata poiché attualmente i coltivatori preferiscono tenere le scorte in magazzino nell’attesa che i prezzi crescano” ha dichiarato il vice direttore di un’importante società esportatrice aggiungendo che la prospettiva di un minor raccolto, a causa dei fattori climatici sfavorevoli, rende i produttori ancora più restii a vendere

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MILANO – Prezzi sempre sostenuti sul mercato vietnamita, con i produttori che giocano al rialzo vendendo il meno possibile, in previsione di futuri rincari legati al rischio siccità. A inizio settimana, il chilogrammo di caffè robusta ha raggiunto nel Daklak quota 42.700 dong (poco più di 2 dollari), secondo dati forniti dall’ufficio locale del turismo e del commercio, non lontano dal massimo semestrale di 43.200 dong registrato il 5 marzo scorso.

Mercato vietnamita: i dati

“La reperibilità è limitata poiché attualmente i coltivatori preferiscono tenere le scorte in magazzino nell’attesa che i prezzi crescano” ha dichiarato il vice direttore di un’importante società esportatrice aggiungendo che la prospettiva di un minor raccolto, a causa dei fattori climatici sfavorevoli, rende i produttori ancora più restii a vendere.

Secondo un sondaggio condotto da Bloomberg presso 11 operatori del settore sarebbe stato sin qui commercializzato il 57% dell’ultimo raccolto, contro il 60% registrato alla stessa ora lo scorso anno, quando la produzione fu però di 1,65 milioni di tonn (27,5 milioni di sacchi) contro 1,43 milioni quest’anno.

Ricordiamo che l’Ico ha stimato invece il raccolto 2011/12 del Vietnam in 24,058 milioni di sacchi e quello 2012/13 in 22 milioni. La situazione potrebbe complicarsi ulteriormente, dal momento che pure l’export dell’Indonesia si preannuncia in calo, complice anche la maggiore domanda interna alimentata dall’incremento dei consumi.

Mercato vietnamita e non solo: continuano intanto a restringersi – come rilevato nel commento al report Ico di martedì scorso – i differenziali tra arabica e robusta

Secondo i dati dell’organizzazione, la forbice tra colombiani dolci, altri dolci e brasiliani naturali da una parte e robusta dall’altra si è ridotta, negli ultimi 12 mesi, rispettivamente del 53,66%, 55,45% e 69,08%. L’arbitraggio Ice/Liffe (media della seconda e terza posizione) è passato dai 97,41 centesimi/libbra di marzo 2012 ai 44,21 di marzo 2013. All’inizio del mese scorso, esso è sceso, per la prima volta da 4 anni a questa parte, sotto la soglia 40 centesimi. Secondo alcuni addetti ai lavori, la forbice potrebbe restringersi ulteriormente scendendo addirittura in area 20 centesimi.

Altri prevedono invece un suo graduale allargarsi. È bene ricordare che il differenziale New York/Londra aveva raggiunto a marzo 2011 un picco di 174,24 centesimi. Nell’arco del solo mese di marzo 2013, l’arbitraggio brasiliani naturali/robusta ha segnato un -16,1% e quello tra New York e Londra un -12,4%, a fronte di un incremento del differenziale colombiani dolci/brasiliani naturali e altri dolci/brasiliani naturali rispettivamente del 11,4% e del 26%. Numerosi commentatori hanno osservato in queste ultime settimane come i prezzi degli arabica più dozzinali siano ormai vicini a quelli dei robusta di alta qualità e in alcuni casi addirittura inferiori.

Un importatore americano ha citato, ad esempio, il caso dell’Uganda drugar

Che ha raggiunto recentemente un prezzo di 1,15 dollari per libbra, contro gli 1,18 dollari pagati per un robusta di qualità standard proveniente dallo stesso paese. Secondo gli analisti, questo trend starebbe spingendo i produttori di solubile ad accrescere l’utilizzo di caffè arabica nelle loro miscele”.

“Dall’inizio dell’anno notiamo che alcuni torrefattori stanno sostituendo i robusta con arabica di bassa qualità nei prodotti solubili più economici” ha dichiarato di recente, in un’intervista a un’autorevole agenzia di stampa, Freddie Schol, trading manager di Nedcoffee, un importante trader di Amsterdam specializzato nel commercio dei robusta. Il fenomeno è stato rilevato anche da altre fonti del commercio, sebbene manchino, per il momento, dati certi.

È comunque opinione degli analisti che soltanto qualora l’arbitraggio si attestasse stabilmente al di sotto dei 35 centesimi potremmo attenderci uno shift significativo nella composizione delle miscele dei grandi torrefattori d’oltreoceano.

Va osservato intanto che l’utilizzo di robusta nelle miscele di caffè torrefatto da parte dell’industria americana si è incrementato progressivamente, nell’arco degli ultimi 3 anni, crescendo in misura pari al 7% nel corso del solo anno solare 2012, contro un modesto incremento dell’1,9% per quanto riguarda gli arabica.

Secondo i dati di cui al report mensile di gennaio dell’Ico, l’export mondiale di robusta è cresciuto del 24,2% nell’arco dell’anno solare 2012 raggiungendo i 46,616 milioni di sacchi, contro una flessione dello 0,8% per gli arabica, le cui esportazioni sono scese a 66,528 milioni.

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