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lunedì 04 Novembre 2024
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Zucchero, il mercato è libero. Un’occasione per l’export europeo. Ma l’industria italiana soffre

Caduta dal primo luglio la misura che tutelava il settore dal 1968. Prevista di una crescita dell'export UE. Ma In Italia gli impianti si sono ridotti da 19 a 3

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MILANO – La liberalizzazione del mercato dello zucchero decisa dalla Unione europea è un bene o un male? I consumatori italiani ed europei ne trarranno un concreto beneficio oppure no? I nostri agricoltori e tutta la filiera di settore in quale misura devono temerla?

Mercato dello zucchero: tanti gli interrogativi

Il 1° ottobre è scattato il via libera alla totale deregulation del comparto, e queste domande continuano a tenere banco. Non potrebbe essere altrimenti, visto che si tratta di una svolta storica.

Una che segna di fatto la fine parziale della politica Ue a tutela del settore adottata a partire dal lontano 1968. Politica che in principio si poneva l’obiettivo di tenere alta la produzione interna; sfruttando da una parte la leva dei prezzi superiori rispetto a quelli ipotizzabili in un regime di libero mercato.

Dall’ altra parte, usando lo strumento dei dazi doganali sulle importazioni di zucchero di canna. Prodotto che nel resto del mondo rappresenta l’ 80% dello zucchero complessivamente consumato.

La liberalizzazione del mercato dello zucchero

Con il passare degli anni quella politica è andata via via allentandosi. Fino alla decisione finale di qualche settimana fa di togliere definitivamente il regime delle quote.

Consentendo così agli agricoltori e alle raffinerie europee di produrre tutto lo zucchero che vogliono e vendere i prodotti a chi desiderano.

Una situazione, osservano gli addetti ai lavori, che da una parte potrebbe determinare effetti positivi in termini di esportazioni per tutti i paesi comunitari. Inclusa l’ Italia, seppure in maniera lieve.

Dall’ altra, però, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio trasformando gli stessi Paesi europei da potenziali predatori a prede di produttori extra Ue.

Di certo, quello che tutti paventano – in primis, tra le mura amiche – è che la completa deregulation del settore, alla stregua di quanto è accaduto per il latte, aprirà scenari inediti con una corsa al ribasso dell’ indice dei prezzi.

Che, in realtà, già a partire dal 2013 si è ridotto in Europa di oltre il 40%. Allineandosi a quello del mercato mondiale. Di recente, è anche sceso al di sotto di questa quota.

L’ unica certezza: le stime dell’ Ue

Queste parlano di un aumento dell’ export europeo da 1,3 a 2,5 milioni di tonnellate nel giro di pochi anni. Stime che, in realtà, dicono poco sui potenziali contraccolpi della liberalizzazione del comparto, già alle prese nell’ ultimo decennio con un’ importante ristrutturazione del tessuto produttivo.

Restando all’ interno dei confini nazionali, i numeri sono impietosi

Dieci anni fa il Belpaese aveva 19 stabilimenti da cui uscivano 1,4 tonnellate del prezioso carboidrato. Il 17% della produzione continentale e il 75% del fabbisogno nazionale.

Ben 233mila ettari di campi italiani erano piantati a barbabietola. Che è anche un elemento preziosissimo nella rotazione delle colture. E il settore dava lavoro a oltre 7mila impiegati diretti

Oggi, tutto è cambiato. In peggio.

In Italia gli impianti in funzione sono solo tre

Quello a Pontelongo in Veneto e a Minerbio in Emilia, entrambi della cooperativa Coprob. E a San Quirico, sempre in Emilia, di proprietà di Saddam. Società del gruppo Maccaferri che nel 2016 ha venduto il marchio Eridania e la sua rete vendita ai francesi di Cristal Union.

Alcuni dati di riferimento

Il primo, e probabilmente dal prossimo anno unico produttore nazionale, la Coprob, deve giocarsi le sue carte contro colossi del calibro della tedesca Suedzucker.

Quest’ultimo è il principale operatore europeo di settore, che produce 4,7 milioni di tonnellate di zucchero. E che di recente ha annunciato di voler aumentare la sua attuale quota di mercato (24%).

Ci sono poi la cugina Nordzucker, la seconda potenza europea del comparto (quota di mercato al 15%) e l’ austriaca Agrana.

Ma la sfida è anche contro i giganti francesi di Cristal Union e di Tereos. Queste hanno addirittura deciso in anticipo di acquistare più zucchero possibile sul mercato da commercializzare subito dopo la liberalizzazione. Impegnandosi nel contempo a comprare il tubero al prezzo minimo garantito di 25 euro alla tonnellata; con integrazioni più o meno importanti in funzione delle condizioni di mercato.

Le attuali previsioni degli analisti sul mercato dello zuccero

Nella stagione 2017-2018 ci sarà quasi sicuramente un incremento delle scorte mondiali, il primo in tre anni.

Questo dovrebbe – secondo l’ Abares, il centro di ricerche del governo australiano – portare da un calo delle scorte di 1,1 milioni di tonnellate ad un incremento di 3 milioni per un totale di 71,1 milioni di tonnellate.

Stima che riflette un incremento di 5,9 milioni di tonnellate nella produzione mondiale; che si attesterebbe così a 189 milioni di tonnellate.

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