MILANO – Nuova impennata per i futures dei caffè arabica, che hanno chiuso ieri, ancora una volta, ai massimi degli ultimi 2 anni. Significativo anche il rally londinese, che ha riportato i prezzi a livelli mai visti dall’ottobre del 2012.
Il mercato newyorchese ha iniziato la settimana in forte rialzo, sotto la spinta delle notizie negative provenienti dal Brasile, dove alla certezza dei danni giù subiti dalle colture si aggiunge il timore di ulteriori conseguenze gravi, sia su questo raccolto che sul prossimo.
Lunedì, il contratto futures per scadenza maggio ha guadagnato 655 punti, risalendo sopra la soglia dei due dollari per libbra e chiudendo a 203,40 centesimi.
Nella giornata di ieri è stato raggiunto un picco intraday di 208,90 centesimi, cui ha fatto seguito un parziale ripiegamento. La seduta si è comunque conclusa in nero; i guadagni, nell’ordine dei 255 punti, con maggio a 205,05 centesimi.
Londra, anche sotto la spinta di New York, si rivaluta ulteriormente dell’1,54% chiudendo la giornata in area 2.180 dollari per tonnellata (scadenza maggio): un livello di prezzo che non si registrava, sulla seconda posizione, dai primi giorni di ottobre di 2 anni fa.
Da osservare altresì – per quanto riguarda il Liffe – la perdurante condizione di backwardation sulle prime tre scadenze.
Tutti gli occhi continuano a essere puntati sul Brasile, come già detto.
E le nuove, purtroppo, sono cattive.
Innanzitutto, le piogge cadute durante il week-end si sono rivelate deludenti in quantità e qualità.
In secondo luogo, le previsioni sembrano escludere fenomeni significativi di qui all’inizio della prossima settimana, perlomeno nel Minas Gerais, mentre potrebbe esserci qualche millimetro di pioggia in più nel San Paolo e nel Paraná.
I danni al raccolto sono certi e irreversibili. È ancora difficile quantificarli con precisione, ma analisti e commercianti ritengono, sin d’ora, che sia andato perso almeno un decimo della produzione.
Lo conferma un sondaggio Reuters condotto presso un campione di addetti ai lavori, dal quale è emersa una stima mediana di 48,9 milioni di sacchi, con una perdita di raccolto di quasi l’11% rispetto alle precedenti previsioni.
Il timore è, sin d’ora, che le conseguenze della siccità possano farsi sentire anche sul successivo raccolto 2015/16 sommandosi al calo ciclico già preventivabile.
A ciò si aggiungono anche le preoccupazioni legate al possibile nuovo manifestarsi del fenomeno El Niño, a partire dalla prossima estate, ritenuto probabile al 50% dall’istituto americano Climate Prediction Center (Cpc).
L’incertezza che regna sovrana mette ulteriore benzina sul fuoco esacerbando la volatilità dei mercati.
“C’è attualmente una vasta gamma di stime (sui danni al raccolto brasiliano) e nessuno sa, al momento, quale sarà l’esito finale” osservava in questi giorni l’analista di Commerzbank Michaela Kuhl aggiungendo “per questo tutti gli operatori sono sull’orlo della crisi di nervi”.
“Difficile dire per quanto tempo ancora andremo avanti così, ma riteniamo che 2 dollari alla libbra siano un prezzo eccessivo alle attuali condizioni di mercato”.
C’è anche però chi mette in guardia sul rischio di ulteriori consistenti rincari.
“Il Brasile deve produrre almeno 50 milioni di sacchi all’anno, semplicemente per garantire l’equilibrio di mercato” ha scritto in una nota Andrea Thompson di CoffeeNetwork.
Un deficit sul fronte degli arabica nel 2014/15, sommato alle potenziali ricadute negative prevedibili sin d’ora sull’annata successiva, potrebbe spingere i prezzi alle stelle – afferma la Thompson, che non esclude una risalita in area 300 centesimi, a livelli dunque paragonabili ai massimi ultratrentennali raggiunti nel 2011.
Arrivano intanto i dati CeCafé relativi al mese di febbraio, durante il quale sono stati esportati 2.745.541 sacchi di caffè in tutte le forme, con un incremento a volume del 24,2% rispetto allo stesso mese di un anno fa.