MILANO – Dopo un luglio alquanto turbolento la calma estiva contagia i mercati in questi primi giorni agostani. New York è al suo terzo ribasso consecutivo. Nella giornata di mercoledì, il mercato degli arabica è arretrato di ulteriori 85 punti chiudendo a 140,40 cents per libbra.
Londra guadagna marginalmente (1 dollaro in più rispetto a martedì) e conclude la giornata a 1.827 dollari, ancora al di sotto della chiusura di venerdì scorso.
Outlook incerto
Il mercato dei robusta continua a essere tenuto sotto pressione dall’outlook incerto nei principali paesi produttori.
Secondo i dati preliminari dell’Ufficio Generale di Statistica di Hanoi, l’export del Vietnam ha raggiunto a luglio le 130.000 tonnellate.
Il dato supera del 17% quello dello stesso mese dell’anno scorso, ma appare inferiore alle aspettative del mercato.
Gli imbarchi nei primi 10 mesi dell’annata caffearia raggiungono così i 24,2 milioni di sacchi: circa il 30,6% in più rispetto al pari periodo del 2014/15.
Il ritmo rallenterà inevitabilmente nei mesi a venire, mano a mano che le giacenze disponibili si assottiglieranno.
Prezzi interni in calo
Si tenga comunque conto che l’ultimo raccolto è stato il secondo più abbondante di sempre nella storia del Vietnam: 27,5 milioni di sacchi secondo l’ICO; addirittura 29,3 milioni secondo USDA.
E ai volumi prodotti quest’anno vanno sommati svariati milioni di sacchi (sempre secondo USDA: 5,7 milioni) risultanti dalle scorte di riporto dall’annata precedente.
Appaiono dunque esagerate alcune valutazioni del commercio, secondo le quali le scorte sarebbero attualmente ridotte al lumicino.
Intanto, i prezzi interni in Vietnam sono scesi questa settimana a 38.200 dong/kg dai circa 39.000 della settimana scorsa. Il mercato rimane tranquillo, stando a fonti locali.
Crolla l’export
Nuova forte frenata per l’export dell’Indonesia. Stando a dati diffusi in questi giorni, gli imbarchi dall’isola di Sumatra, massima area di produzione dei robusta, sono stati a luglio di 12.350 tonnellate: circa i due terzi in meno (-66%) rispetto all’anno scorso.
Ciò riflette la minore disponibilità di prodotto esportabile e i ritardi nello sviluppo del raccolto dovuti alle condizioni climatiche sfavorevoli degli ultimi mesi.
Brasile ai minimi
Se l’Indonesia piange il Brasile non ride. I dati preliminari del Secex (Segretariato al Commercio Estero, dipendente dal Ministero dello Sviluppo Economico) indicano infatti che l’export brasiliano di caffè verde è crollato, a luglio, a 1,73 milioni di sacchi: una flessione del 30,8%.
Tale dato mensile, se confermato, sarebbe il più basso da giugno 2012, quando vennero esportati 1,685 milioni di sacchi.
Il fatturato è in flessione di quasi un terzo (-33,12%), a 271,4 milioni di dollari. Il Secex non ha fornito dettagli quanto alla distribuzione dei volumi tra arabica e robusta.
I dati Cecafé (molto più dettagliati e comprensivi dell’export di prodotto trasformato) sono attesi per la prossima settimana.
Costa d’Avorio in ripresa
Sviluppi positivi invece per l’export della Costa d’Avorio, che è risalito nel primo semestre 2016 a 640.017 sacchi, pari a una crescita del 60% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Un dato significativo, anche se tuttora lontanissimo dai livelli record raggiunti a cavallo del millennio, quando questo paese era il massimo produttore africano di caffè.
Obbiettivi ridimensionati
Ridimensionati, infine, gli obbiettivi di crescita dell’Uganda, secondo produttore (dietro all’Etiopia) e massimo esportatore attuale di caffè dell’Africa.
Secondo l’Unione Nazionale dei produttori di caffè, l’export a fine annata 2015/16 potrebbe fermarsi a 3,6 milioni di sacchi, contro i 3,8 previsti a inizio stagione.
Il taglio delle stime è motivato dalla siccità che ha colpito, nei mesi scorsi, il sud del paese riducendo le prospettive produttive.
I volumi sarebbero comunque superiori, anche se di poco, a quelli dell’annata 2014/15, durante la quale l’Uganda ha esportato 3,46 milioni di sacchi.