domenica 22 Dicembre 2024
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La Melegatti per il tribunale è fallita: al papà del pandoro si interessò anche Hausbrandt

Un debito di circa 50 milioni di euro per l'azienda del pandoro italiano. La vicenda delicata del salvataggio della Melegatti, che aveva visto tra i protagonisti prima Hausbrandt e poi il fondo americano  D.E. Shaw & C., si è conclusa con la dichiarazione del fallimento

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MILANO – E’ stata diffusa questa mattina la notizia che ha colpito una delle aziende più conosciute in Italia. Tutti la conoscono per il pandoro e la ricollegano a momenti di festa. Adesso, Melegatti chiude: il tribunale di Verona, ha decretato il suo fallimento.

Melegatti Nuova Marelli: la chiusura è ufficiale

Lo si apprende da fonti sindacali. La giudice Giulia Rizzuto ha accolto l’istanza di fallimento presentata dal pm di Verona Alberto Sergio.

Si chiude così la tormentata vicenda della storica azienda dolciaria con sede a San Giovanni Lupatoto. Il Tribunale ha accolto l’istanza presentata venerdì dal pubblico ministero.

E’ stata constatata la pesante situazione debitoria di Melegatti. I dipendenti dell’azienda, tra diretti e lavoratori stagionali, sono 350.

La pronuncia definitiva

E’ arrivata proprio nel giorno in cui, con un’inserzione a pagamento, i lavoratori avevano lanciato un appello. Avevano richiesto di separare il giudizio sulle responsabilità degli amministratori dalle strade che potrebbero dare un futuro all’azienda. Per la quale, il fondo americano D.E. Shaw & C. aveva presentato un piano di salvataggio.

Era previsto un investimento di 20 milioni di euro per rilanciare la società fondata da Domenico Melegatti. Lo stesso che, nel 1894, depositò il brevetto del pandoro. Secondo le ultime stime il debito del Gruppo Melegatti ammonta a circa 50 milioni di euro.

Lo slogan dei lavoratori

«La Melegatti siamo noi»: è il titolo del manifesto-lettera che i dipendenti di Melegatti e Nuova Marelli hanno pubblicato sul quotidiano “L’Arena”.

I lavoratori del gruppo dolciario, sul quale pendeva l’istanza di fallimento presentata dal pm Alberto Sergio, hanno rivolto un appello al giudice del Tribunale.

Il collegio presieduto da Silvia Rizzuto doveva decidere se concedere una proroga per un’eventuale concordato che avrebbe salvato Melegatti, oppure accogliere la richiesta di fallimento. Così è stato.

Nel documento, come detto, i dipendenti chiedevano di separare il giudizio sull’operato degli amministratori da quello sul futuro di 350 famiglie.

«In questa triste storia che viviamo sulla nostra pelle e su quella delle nostre famiglie. Una vicenda con tantissimi lati poco chiari, anche noi dipendenti, autonomamente, vogliamo dire la nostra.» Così si legge nel comunicato.

La parte onesta della Melegatti

«Nonostante tutto noi rappresentiamo la parte onesta, credibile e seria; noi siamo coloro che fino ad oggi con dignità, sacrificio e senso del dovere. – aggiungono.

– Hanno mantenuto in vita l’anima dell’azienda, il suo lievito madre e allo stesso modo stiamo tenendo in vita la speranza».

Nel testo pubblicato sull’Arena, i dipendenti difendevano la proposta arrivata dal fondo americano D.E. Shaw & Co. «che da oltre un anno sta lavorando per questo.

Inspiegabilmente non è stato preso in considerazione, mentre al contrario si sono avvicendate tante situazioni/soluzioni particolarmente curiose.

Ci permetta di continuare a conservare la nostra dignità. A mantenere inalterato l’orgoglio di lavorare per questa grande azienda e di continuare ad avere un futuro per noi e per le nostre famiglie». Un appello che, a quanto pare, non ha fatto breccia.

L’epilogo della vicenda

Arriva a circa tre mesi da quando il Tribunale aveva concesso il concordato preventivo; riaprendo le speranze per il brand e per i 350 addetti. Impegnati nella produzione dei dolci legati alla Pasqua, dopo che, in occasione delle festività natalizie si era verificata anche una campagna di solidarietà per l’acquisto dei pandori Melegatti.

La palla ora passa alla curatela fallimentare

Le difficoltà di Melegatti erano emerse prima del Natale 2017, a causa della forte situazione debitoria. Nel mese di novembre era stata presentata domanda di concordato preventivo in bianco; procedura che dava tempo alla società di trovare una soluzione alla sua crisi.

Nel frattempo, si era riusciti a portare avanti la produzione del pandoro per la stagione natalizia grazie all’intervento del fondo maltese Abalone.

Aveva poi mostrato interesse per rilevare MelegattiHausbrandt Trieste 1892. Il marchio trevigiano del caffè di Fabrizio Zanetti, con i lavoratori intanto messi in cassa integrazione.

Non si era però arrivati a una soluzione positiva. Infatti, alla scadenza dei termini per la presentazione di una proposta di concordato preventivo, si è aperta la strada del fallimento.

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