MILANO – Prima ancora che un piacere, il caffè in Italia è un rito e sembra che lo abbia capito anche la catena di fast food McDonald’s. Legato quasi indissolubilmente a quello della sosta al bar. Così nel nostro Paese la formula della caffetteria anglosassone, quella che prevede tazze di plastica e degustazione «take away», non è stata finora proposta in modo consistente.
I tempi, per dirla con Bob Dylan, però stanno cambiando. E la notizia, totalmente inventata, dell’arrivo di Starbucks a Milano, Venezia, Roma e Napoli, riportata da un burlone su Facebook, ha suscitato un immediato interesse di pubblico, producendo ben 4 mila like e 1.600 condivisioni.
Autogrill, società titolare dei diritti di utilizzo del marchio simbolo della globalizzazione dei consumi, smentisce. Ma è anche vero che alcune sue recenti mosse lasciano immaginare uno scenario in evoluzione: all’inizio del mese di gennaio il gruppo guidato dalla famiglia Benetton ha infatti esteso anche all’Europa la partnership con l’insegna della torrefazione e della distribuzione di caffè, che vede le due realtà cooperare negli Stati Uniti fin dal 1991.
Nel corso di quest’anno, quindi, il marchio sarà introdotto all’interno delle stazioni ferroviarie francesi e nell’aeroporto di Marsiglia, come pure lungo le autostrade in Olanda, nelle aree di servizio De Meern e Meerkerk.
Quanto al nostro Paese, al momento non vi sono indicazioni, ma indugiare troppo potrebbe rivelarsi controproducente per Starbucks, perché i concorrenti non stanno a guardare.
Primo fra tutti McDonald’s Italia che, tra i cardini della strategia di crescita per il 2012, ha inserito proprio l’espansione dei corner McCafé.
La multinazionale americana che nel nostro Paese ha archiviato il 2011 in crescita sia in termini di vendite (970 milioni di euro, in crescita del 7,6% rispetto al 2010), di clienti (5,5 milioni di nuove visite) sia di posti di lavoro creati (circa 1.500 nel 2011, dei quali meno del 10% a tempo determinato), punta molto su questo progetto.
Lo fa alla luce del costante apprezzamento del pubblico fin dal suo esordio, nel 2005. Oggi l’azienda conta 122 ristoranti che propongono un’area caffetteria, ma nei piani dell’amministratore delegato di Mc Donald’s Italia, Roberto Masi, il numero è destinato a salire.
Che cosa vi spinge verso la formula del McCafé in un Paese come l’Italia, dove il caffè espresso è una vera istituzione?
Roberto Masi: “La decisione di puntare sul segmento della caffetteria si inserisce in una linea strategica di più ampio respiro che ci vede impegnati a trasformare McDonald’s da catena di fast food a insegna di casual restaurant. Un cambiamento importante, che ci ha portati a intervenire sull’immagine dei nostri locali, attraverso un piano di rinnovamento già attuato nel 65% dei nostri punti vendita in Italia e destinato a concludersi nei prossimi due anni.
Il piano mira a creare locali più spaziosi, con ampi tavoli e comode sedie. L’obiettivo è modificare l’esperienza del consumatore, al quale oggi, oltre alla consumazione «fast», che pure resta nel nostro dna, proponiamo anche un’occasione di consumo più «slow» in ambienti arredati con materiali naturali e tinteggiati con colori morbidi e rilassanti”.
“Ed è in questo quadro che nasce la proposta dei McCafé, dove la degustazione di miscele italiane di prima qualità servite in tazze di ceramica, elementi questi irrinunciabili in un Paese come l’Italia, si associa a un prezzo competitivo e a un’offerta differenziata, che prevede la disponibilità di tavoli riservati e la possibilità di collegarsi alla rete wifi o di consultare i quotidiani del giorno.
Con questo progetto abbiamo ottenuto due vantaggi: approcciare la fascia oraria della colazione, finora non compresa nella nostra offerta, e conquistare una clientela più matura rispetto al nostro target abituale.
Sebbene anche i giovani mostrino una predilezione verso i McCafé rispetto al bar tradizionale, sono infatti gli over 40 a fare registrare il maggior gradimento per questa formula. Infine, l’estensione dell’offerta alla caffetteria ci consente di diventare maggiormente «local relevant», a tutto vantaggio anche del nostro core business, ovvero dei ristoranti”.
Oltre al nuovo lay out dei locali e al servizio, su quale plus si fonda la formula dei McCafé?
“Siamo convinti che, specialmente nei Paesi latini, sia fondamentale avvicinarsi alle abitudini locali. Con i McCafé, dunque, vogliamo reinterpretare la formula della caffetteria anglosassone in chiave italiana, proponendo dolci e snack di origine nazionale: in linea con quanto del resto già accade nei ristoranti, l’80% dei prodotti venduti nei corner proviene infatti da aziende italiane. E ho anche l’ambizione di incrementare questa percentuale a livello complessivo di 10-15 punti: mi piacerebbe che oltre il 90% dei nostri prodotti avesse provenienza nazionale. La strategia glocal, che coniuga un’immagine globale con caratteristiche locali, è molto efficace per conquistare il pubblico italiano. Senza contare che si tratta di una politica in grado di generare ricadute positive anche per il territorio e l’imprenditoria nazionale”.
Quante aperture avete in programma nel 2012?
“Prevediamo di inaugurare 30 locali tra nuovi e ristrutturati, di cui 21 comprenderanno l’angolo McCafé, che dopo i primi test concentrati prevalentemente in Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna, saranno distribuiti su tutto il territorio nazionale. Maggiore spazio sarà dato ai McDrive, che incideranno per oltre il 70% sulle nuove aperture in virtù degli ottimi risultati di business prodotti da questa formula, cui va ascritto il 38% del fatturato italiano. Ribilanceremo in questo modo la presenza nelle gallerie commerciali e nelle zone centrali delle città, finora forse troppo privilegiate. Ciò non vuole dire naturalmente che contrarremo la nostra presenza in queste ultime aree. Le faccio un esempio: a Milano, dove alla chiusura del ristorante di piazza Cordusio seguirà anche quella del negozio che si affaccia sulla Galleria Vittorio Emanuele II, siamo già alla ricerca di spazi alternativi”.
Un ostacolo a questi obiettivi di crescita potrebbe essere rappresentato dai pregiudizi che ancora pesano su McDonald’s: solo pochi giorni fa in Usa numerosi utenti di Twitter hanno risposto a una vostra campagna promozionale, muovendovi forti accuse. Qualcosa non funziona nella comunicazione?
“In effetti, la campagna cui si riferisce è stata ritirata in poche ore ed è quindi evidente che qualcosa non abbia funzionato. Alcuni pregiudizi che circondano McDonald’s sono ancora vivi, ma non bisogna dimenticare una semplice considerazione: chi è negativo nei confronti di una marca, generalmente è anche più determinato rispetto a chi la sostiene nell’esprimere le proprie posizioni.
È comunque anche vero che sui 300 mila messaggi ricevuti da McDonald’s ogni settimana attraverso i social network, soltanto il 2% è critico nei confronti del marchio. Se poi ci riferiamo in particolare alla realtà italiana, recenti ricerche ci dimostrano che la fiducia verso McDonald’s è in crescita”.
“Certo, il percorso da compiere è ancora lungo: i fatti dicono che i protocolli applicati ai nostri fornitori, tra cui figurano peraltro nomi diffusi nella distribuzione moderna come Cremonini e Amadori, sono estremamente rigidi e tutelanti per il consumatore, ma l’immagine del marchio è ancora distante da questa realtà.
Dobbiamo lavorare ancora molto sulla comunicazione. E lo faremo senza dubbio seguendo le linee guida pubblicitarie già collaudate. Nel 2012 concentreremo la nostra attenzione soprattutto sull’aspetto della convenienza.
Ma non escludo neppure il ricorso a iniziative speciali: stiamo, per esempio, valutando l’eventualità di organizzare una settimana promozionale in cui regalare a tutti un caffè. Questa operazione potrebbe essere sostenuta nel mese di aprile dalla prima delle due campagne dedicate ai McCafé quest’anno”.
Qualche altro problema per McDonald’s potrebbe venire dalla proposta di legge che prevede una tassazione maggiorata sul cosiddetto junk food, ovvero sul cibo spazzatura. Che cosa ne pensa?
“Al momento non ci sono dati precisi sui criteri di questa ipotesi di tassazione, quindi è difficile dare un parere. Inoltre, a livello europeo non è dimostrato che questo tipo di normative abbia un’effettiva influenza sui comportamenti di consumo.
Quello che è certo è che McDonald’s investe moltissimo nella qualità dei suoi prodotti e nella varietà dei suoi menu, nei quali non a caso sono incluse anche insalata e frutta.
L’attenzione a una corretta nutrizione è del resto uno dei cardini su cui poggia la nostra politica di espansione. Una politica che per il 2012 ha come obiettivo la creazione solo in Italia di 1.500 nuovi posti di lavoro”.