MILANO – La globalizzazione alimentare ha tradizionalmente trovato un ostacolo nell’India, una miscela di proibizioni normative e di resistenze culinarie e culturali. La diffidenza verso le novità, l’antagonismo ai grandi nomi della ristorazione occidentale, l’orgoglio nazionalista avevano tenuto lontane le multinazionali del settore. Era ragionevole aspettarsi le difficoltà che avrebbero incontrato ad esempio McDonald’s e Starbucks.
McDonald’s: il simbolo del fast food, imperniato sul consumo di carne bovina
Non sarebbe stato benvenuto in un paese dove la maggior parte della popolazione considera la mucca un animale sacro e comunque in buona parte è vegetariana. L’azienda di Seattle, specializzata nell’offerta di caffè e cappuccino, ha giustamente esitato prima di investire in un paese dove la bevanda nazionale è il tè. Eppure, le ultime cronache economiche sembrano smentire le previsioni pessimistiche e schiudono opportunità finora impreviste.
McDonald’s ha lanciato un piano di ristrutturazione che lo condurrà ad essere percepito non più come un ristorante per bambini e famiglie, a basso costo e con una clientela ristretta. Cambieranno i decori, l’atmosfera, il menu. Sarà un ambiente capace di attrarre gli adulti, gli studenti, in generale l’emergente classe urbana. Finora la sua avventura in India ha avuto dimensioni ridotte. Il primo ristorante era stato aperto a Mumbai nel 1996, con un menu studiato appositamente per i consumatori locali. Ora è intenzione dell’azienda arrivare a 200 ristoranti in tutto il paese, a seguito dell’operazione di restyling. Il processo si annuncia forse lento ma necessario, se non altro per essere in linea con le aspettative dei clienti.
Quindici anni fa, i cittadini di Delhi e Mumbai mangiavano fuori casa, anche in luoghi molto economici, soltanto 4 volte al mese, mentre nel 2008 questa frequenza si era raddoppiata
Più clamoroso è stato il sigillo apposto da Tata e Starbucks per la costituzione di una joint-venture paritaria del valore di 80 milioni di dollari. La nuova azienda, nata pochi giorni fa, offrirà i prodotti tipici di Starbucks in un’operazione articolata e lungimirante. L’azienda di Seattle si è infatti impegnata con alcune aziende del gruppo. Alla Tata Coffee già lo scorso anno erano stati commissionati da Starbucks l’approvvigionamento e la torrefazione in India della miscela Arabica.
Con la joint-venture ora costituita apriranno i battenti molto presto 50 punti vendita a Mumbai e New Delhi entro la fine dell’anno. Due promettenti canali di distribuzione saranno infine assicurati dalla catena del Taj Hotel e dal servizio a bordo degli aerei della Taj SATS, entrambe della holding Tata. È una decisione a lungo attesa. Le due mosse sono coerenti con il mercato della ristorazione alimentare per il quale gli analisti concordemente prevedono una crescita non inferiore al 10% per i prossimi anni. Ancora una volta, tradizioni che sembrano immutabili in India si piegano di fronte a fenomeni complessi e d’impatto, soprattutto se condotti da multinazionali con prodotti affermati e mezzi economici per diffonderli. * presidente Comitato Scientifico Osservatorio Asia Fonte: Solo24ore.it