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lunedì 04 Novembre 2024
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Max Fabian a Triestespresso Expo, il punto sull’EUDR: “Così funzionerà questo regolamento”

Fabian: "Il caffè è rilevante: quando implementiamo un regolamento, questo deve tener conto certo dell'aspetto ambientale, ma anche di quanto sia grande l'impatto a livello economico e sociale della materia prima coinvolta. E di come questa debba essere preservata."

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MILANO – Max Fabian, past president del Consiglio internazionale dell’ICO e attuale vice presidente dell’European Coffee Federation (EFC), nonché titolare dell’azienda produttrice di decaffeinato Demus, si è fatto avanti come luce tra le ombre del regolamento europeo durante il convegno inaugurale “EUDR: siamo veramente pronti all’entrata del nuovo Regolamento europeo?” Chiarimenti sulla Regolazione Europea per un Caffè senza Deforestazione.

Fabian: “Voglio iniziare con il racconto del regolamento della deforestazione dal punto di vista della European Coffee Federation per cui ricopro il ruolo di vice presidente nel Board.”

“La normativa.

E’ un regolamento e in quanto tale, deve esser recepito tal quale dagli Stati membri, e risale alla data del 31 maggio 2023. Riguarda diverse materie prime, coinvolte dal fenomeno deforestazione e che hanno un impatto su questo processo.

Il caffè viene prodotto altrove rispetto all’Europa e dipendiamo per la fornitura dai Paesi coltivatori. Questo comporta la coordinazione stretta con le origini.

Ho avuto il privilegio di osservare, durante la mia esperienza di presidente del Consiglio internazionale dell’Ico, anche il punto di vista degli Stati e dei Governi e ho potuto assistere come sia importante il dialogo diplomatico.

Una prima osservazione interessante è che questo regolamento riguarda tutto il caffè ma per un errore, è restato fuori quello solubile. Questo significa che se in un Paese terzo viene prodotto caffè solubile proveniente da aeree deforestate, potrà essere venduto nell’UE quando verrà implementato il regolamento. Eppure, chi volesse importare il caffè in Europa dovrà essere soggetto al regolamento. Questo aspetto stride e dovrà essere modificato.

Tempistiche.

E’ stata fatta la richiesta da altri Governi di posporre l’entrata in vigore di 12 mesi: questa procedura non si è ancora conclusa, la Directorate-General for Environment ha dato il via libera, è stata proposta dalla Commissione europea, il Consiglio e i singoli governi degli Stati membri hanno approvato e ora manca soltanto l’approvazione da parte del Parlamento Europeo.”

Come funzionerà?

Fabian: “Il 30 dicembre del 2024 attualmente, oppure più probabilmente del 2025, per le grandi e le medie aziende il regolamento entrerà in vigore. Sei mesi dopo, dal 30 di giugno successivo, seguiranno le piccole e le micro.

La loro definizione poi è da chiarire: si fa riferimento a una direttiva del 2013 e non all’ultima che risale al 2023, che specifica le dimensioni per l’Europa e norma questo aspetto, insieme al dato del bilancio datato al 31/12/2020. Appare evidente che non è banale applicare la norma in maniera corretta.

Noi di Demus ad esempio, come produttore di decaffeinato, siamo una piccola industria, ma siamo alla soglia della media.”

Fabian ricorda: “La postposizione dell’entrata in vigore viene fatta non solo per le esigenze dei privati, o per quelle dei paesi produttori, ma anche perché c’è da parte delle stesse autorità competenti, un ritardo nel fornire una serie di risposte: ad esempio l’accreditare una categoria di rischio ai vari Paesi. Da questo dipendono poi le modalità dei controlli effettuati e così è chiaro come anche l’Unione Europea ha bisogno di tempo per implementare le disposizioni.

Bisogna sempre ponderare i bisogni ambientali con quelli sociali ed economici. Non dimentichiamolo, per non rischiare di fare il bene da una parte e il male dall’altra.”

Quali sono le richieste principali che si trovano nel regolamento

“C’è una data come base per considerare la deforestazione: il 31/12/2020. Restano così fuori le aree che sono state deforestate in precedenza. Questo condiziona l’importazione verso l’Unione Europea.

In un contesto ampio di azione da parte dell’UE verso i concetti di sostenibilità, viene anche richiesto un Due Diligence statement, un documento di verifica, che prenda in esame anche il fatto che la materia prima di riferimento sia stata prodotta nel rispetto delle normative di quel determinato Paese.

Questo apre ulteriormente il discorso: esiste la direttiva che prevede per le grandi imprese che siano quest’ultime a verificare la sostenibilità nel loro complesso (CSR 3B), considerando quindi anche il regolamento sul lavoro forzato e una serie di azioni che devono coordinarsi.”

Fabian: “Deve esserci una visione omogenea da parte di chi norma.”

“Nello statement si deve arrivare alle coordinate geografiche o al poligono entro cui viene prodotta la materia prima, nel caso in cui la piantagione sia maggiore o uguale a 4 ettari e un’autodichiarazione che attesti non siano stati trovati rischi trascurabili.

Nella Due diligence bisogna verificare quindi: la deforestazione, il rispetto delle normative, la geolocalizzazione, una verifica che comprovi che il caffè effettivamente non comporta il rischio di deforestazione e del non rispetto delle normative, infine tutte le normative prese per mitigare i rischi connessi al regolamento.

L’enorme implicazione di questo regolamento solo per il caffè:

La produzione in origine per lo più avviene per mano di piccoli farmers e per riempire un container, il coinvolgimento è molto grande. Un singolo coltivatore non è in grado di riempirlo da solo.

Al suo interno ci saranno in media 200 referenze geografiche con 30 milioni di Due diligence e caricamenti sul sistema informatico: ogni singolo farmer e chicco deve essere identificato.

Considerate che nell’UE entrano mediamente 150mila container di caffè all’anno: immaginate la mole di informazioni dietro. In uno proveniente dal Brasile mediamente saranno coinvolti 15 fornitori diretti, con 10 fazende di produzione, 3 cooperative – che si suddividono ulteriormente con migliaia di produttori – e 260mila piantagioni.

Quanto è frammentato il lavoro di raccolta dati, quindi? Il Brasile è un esempio – che pesa circa per il 35% della produzione mondiale – che comporterà 195 milioni di processi amministrativi per il caffè. Una mole di lavoro immensa.

Il caffè è rilevante: quando implementiamo un regolamento, questo deve tener conto certo dell’aspetto ambientale, ma anche di quanto sia grande l’impatto a livello economico e sociale della materia prima coinvolta. E di come questa debba essere preservata.

Esempi di come il caffè è rilevante per i vari produttori sul piano europeo

L’Uganda rappresenta circa il 7,8% della fornitura complessiva per l’UE – verso cui esporta il 60% del suo caffè -, mentre il 20% del suo PIL dipende da questa materia prima e coinvolge un milione e 800mila coltivatori.

Questo è per dire come l’implementazione di un regolamento di questo tipo influenzi sulla quantità di lavoro a monte nella produzione, insieme all’economia dei Paesi coltivatori. Se si discutono questi volumi, si rischia di mettere le persone in crisi. Va fatto, ma in maniera giusta.

Siamo d’accordo che venga applicata, ma nel modo corretto in modo che non crei danni.”

Fabian: “Quali sfide allora?”

“In primis, vediamo cosa succede con la postposizione dell’entrata in vigore, che sono fiducioso avverrà.

Ma le autorità competenti come andranno ad effettuare i controlli? Quelli fatti in Germania saranno gli stessi fatti in Italia? E quale sarà la check list e sarà uguale per tutti i Paesi membri? Hanno le autorità competenti le idee chiare di cosa e come debbano controllare?

Come faranno tutti gli operatori della catena di valore a controllare la Due diligence lungo una supply chain così lunga? Sarà il sistema informatico capace di gestire tutto il volume di dati che abbiamo mostrato e che verrà immesso?

Come si coordinerà questo regolamento con gli altri punti, come la responsabilità sociale, il lavoro forzato, la 3B? Come sarà omogeneizzato tutto questo, burocraticamente?

E poi pensiamo alla geolocalizzazione: 12,5 milioni di zone di produzione da geo coordinare, con dati che devono essere verificati e garantiti. Con il rischio che lo stesso produttore abbia più geo coordinate, perché non sono perfette. Tecnicamente nella pratica, questi errori si verificano.

E ancora, la protezione dei dati: come viene garantita per una mole così importante?

Sulla deforestazione, c’è una mancanza di chiarezza sulla definizione di rischio trascurabile. Ci sono varie mappe che vengono utilizzate (il 31/12/2020 è il momento di passaggio di riferimento): se si usano mappe diverse dello stesso momento, si rischia di avere falsi positivi.

Dal punto di vista legale non è chiaro un altro aspetto: quali sono le norme che sono da controllare per la produzione di caffè in Brasile per esempio, in modo da poterlo importare in Italia? E’ lo stesso valido per la Colombia o per l’Uganda?

Tracciabilità della catena di valore del caffè: non è banale. Ci dev’essere una presa di coscienza da parte di chi norma e delle autorità di controllo di questa complessità in modo che si riesca a lavorare tenendola a mente.

E non solo: dovrebbero riconoscere i sistemi di tracciabilità degli altri Paesi. Lo faranno? Non si sa ancora.

L’ECF ha fatto tanto lavoro di sensibilizzazione verso tutto il settore, includendo le autorità competenti di legiferazione e di controllo, sulla problematica, in diverse occasioni.
Anche l’ICO si è mosso in questo senso, così come il Gruppo Italiano Torrefattori Caffè e l’Associazione del caffè di Trieste.

L’ECF ha partecipato a tutte le prove di implementazione del sistema informativo con 8 aziende che hanno identificato problematiche e hanno tentato di trovare soluzioni, oltre poi a condividerle con gli altri associati.

Partecipiamo anche alla piattaforma per la protezione e la risoluzione della problematica della tutela delle foreste nel mondo, andando oltre l’applicazione del regolamento per essere proattivi nella risoluzione della deforestazione in senso più ampio.

Conclusioni: la deforestazione va combattuta e siamo tutti d’accordo. Bisogna farlo con impegno e investimenti, anche guardando a tutte le altre normative che coinvolgono la sostenibilità. Ma affinché queste iniziative abbiano successo, dobbiamo essere realistici, chiari, e avere una condivisione di quelle che sono le cose necessarie da fare per tutti gli attori della filiera.”

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