domenica 22 Dicembre 2024
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Mauro Illiano e Michele Armano spiegano in due parti la reazione di Maillard (qui la prima puntata)

Mauro Illiano e Michele Armano: "Tutti sanno che questo fenomeno, attraverso le proteine ed in rapporto alle alte temperature, genera un processo di denaturazione nella struttura di un prodotto rendendolo più facilmente attaccabile da determinati enzimi. Ma non è un’unica reazione: è costituita da una serie di alchimie e fasi intermedie ancor oggi oggetto di studi."

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Mauro Illiano, coffee expert nonché curatore della Guida dei caffè e delle Torrefazioni d’Italia, ha scritto un articolo in due parti sulla reazione di Maillard, uno dei più importanti momenti per la trasformazione del chicco da verde a tostato, insieme al professor Michele Armano, trainer analyst di grande esperienza. Riportiamo di seguito la prima metà dell’approfondimento.

La seconda parte si può leggere QUI.

di Mauro Illiano e Michele Armano

NAPOLI – “Continuando l’intrapreso percorso di divulgazione culturale dell’analisi sensoriale applicata al mondo del caffè, nella speranza che nel medio periodo un approccio più cosciente ed una maggiore consapevolezza dei bevitori possa trasformare quella che ad oggi è prevalentemente un’abitudine, in una meravigliosa esperienza sensoriale, riteniamo sia imprescindibile l’approfondimento di una serie di aspetti inerenti le variabili di aroma e di gusto che la bevanda caffè può conoscere.

Quanti e quali sono i percorsi attraverso i quali un seme crudo, quasi sempre poco profumato, privo di rilevanza gustativa, oltre che sostanzialmente non idrosolubile, può evolvere in una nuova e straordinaria sostanza dotata di oltre 1000 composti aromatici ed in grado di conquistare i palati di ogni popolazione del mondo? Tanti, per fortuna.

Il caffè, nelle sue tante versioni di specie e varietà botanica, dopo il processo di tostatura, è in grado di regalare aromi balsamici, fruttati, floreali, speziati, di pasticceria, ma anche fermentati, animali, bruciati, chimici, ecc.”

I profili di tostatura

“Così, a seconda della temperatura che imposteremo durante la tostatura, del tempo a cui esporremo i chicchi alla medesima temperatura, della quantità d’aria calda che attraverserà i chicchi, della velocità con cui il tamburo che contiene il caffè ruoterà, del rapporto tra forza calore e quantità di caffè, della percentuale di umidità iniziale e finale degli stessi chicchi, e di tantissime altre componenti, si genererà un profilo più o meno acido, amaro, dolce, e prenderanno a esistere determinati aromi piuttosto che altri.

Uno stesso caffè, sottoposto ad un profilo di tostatura differente, è in grado di produrre una bevanda completamente diversa sia nel corpo, che nell’aroma ed ovviamente nel gusto.

Ma perché, e soprattutto come accade tutto questo “semplicemente” tostando i chicchi? La risposta è veramente molto articolabile, pertanto, onde evitare di risultare pedanti da un lato od omissivi dall’altro, è meglio procedere per gradi.”

La reazione di Maillard

“Ecco che siamo oggi a parlare di uno dei più importanti momenti afferenti la trasformazione del chicco da verde a tostato: la reazione di Maillard.

Tutti ne parlano, qualcuno ne sa, pochi veramente la governano. È dunque arrivato il momento di mettere un po’ di ordine in casa Maillard. Ben coscienti che trattasi di un’impresa per nulla semplice, abbiamo deciso di procedere a più riprese, onde evitare di dire troppo in troppo poco tempo.

maillard reazione
La reazione di Maillard (immagine concessa)

Nel settore food, di bocca in bocca, la questione è entrata in piena confusione, creando una divulgazione distorta e riduttiva rispetto ad un fenomeno di grande importanza soprattutto per i profili aromatici. Molte volte i protagonisti di questa confusione sono proprio gli operatori del settore i quali, senza studiare tecnicamente le reazioni, trasmettono concetti sbagliati che arrecano danni per primi a sé stessi.”

Una serie di reazioni

“Tutti sanno che questa reazione, attraverso le proteine ed in rapporto alle alte temperature, genera un processo di denaturazione nella struttura di un prodotto rendendolo più facilmente attaccabile da determinati enzimi.

Ma Maillard non è un’unica reazione, è costituita da una serie di alchimie e fasi intermedie ancor oggi oggetto di studi.

Come dicevamo, questa risposta è la responsabile del profilo aromatico e conseguentemente di quello gustativo, dell’aspetto che assumono gli alimenti in fase di cottura, attraverso i tre parametri del processo di preparazione che sono il Ph, la temperatura ed il tempo e che, se opportunamente gestiti, possono variare parzialmente la reazione verso:

• la produzione di polimeri chiamati melanoidine, responsabili del colore marrone (che nel caffè ha dato adito, nel tempo, ad una serie di associazioni colore-sapore non sempre esatte, e nella carne è sfociata in una serie di luoghi comuni, si prenda ad esempio il temine ‘sigillare’ usato ed abusato per definire il momento della cottura in cui interviene Maillard…);
• formazione di composti a basso peso molecolare, quindi anche maggiormente volatili, responsabili dell’odore (gli aromi del caffè).”

Ma da cosa dipende la reazione di Maillard? Essa è influenzata da molteplici fattori:

  • Tipo e quantità dei reagenti: gli zuccheri chetosi sono più reattivi degli aldosi e i pentosi più degli esosi. I polisaccaridi reagiscono poco. Le proteine sono relativamente poco reattive, mentre gli amminoacidi liberi sono tutti molto reattivi attraverso il gruppo NH2 in alfa e sono reagenti ideali per la Degradazione di Strecker.
  • Attività dell’acqua: la Reazione di Maillard ha bisogno che ci siano molecole di acqua, ma d’altra parte in soluzioni diluite i reagenti si incontrano con maggiore difficoltà. Per questo in sistemi ad attività dell’acqua intermedia (AW tra 0,4 e 0,6) la Reazione raggiunge la massima velocità. Questa situazione si verifica durante le tostature di caffè e cacao, sulla crosta dei prodotti da forno in e durante la disidratazione in polvere di latte e vegetali.
  • Tempo e temperatura del trattamento: sono due fattori che aumentano sempre lo sviluppo della reazione ma vanno considerati in coppia. Con una temperatura bassa ma tempi molto lunghi (vedi reazioni all’interno del nostro organismo a 37°C) si può avere la formazione di grandi quantità di prodotti della Reazione di Maillard.

Le tre fasi della reazione

“Louis Cammille Maillard ha diviso la reazione in tre fasi. La prima fase è la meno visibile, ed è sostanzialmente caratterizzata dalla degradazione di alcuni amminoacidi. In questa fase si forma il cosiddetto Composto di Amadori (o Heyes), senza però che vi siano variazioni di odore o colore.

La formazione di composti a basso peso molecolare fa parte, invece, della seconda fase, responsabile dell’odore che si sprigiona durante la fase di cottura. Se prestate attenzione durante la tostatura, infatti, il profumo del caffè subisce diverse variazioni, passando da sentori vegetali al principio (chicco verde) a sentori di mais tostato (chicco giallo) ai primi profumi complessi (chicco cannella) fino ad arrivare a sentori pungenti (chicco scuro).”

Il composto di Amadori

“Dopo il composto di Amadori formatosi nella prima fase, i composti dicarbonilici che si formano possono dare una serie di reazioni formando per disidratazione il maltolo (che rinomatamente ha un aroma di zucchero filato e caramello, oltre ad essere un esaltatore di sapidità) e l’isomaltolo, responsabili del profilo aromatico in questa fase.

Ci sono dei composti chiamati riduttoni (endioli) che si formano alle alte temperature e che fungono da antiossidanti, ecco perché sono detti anche sostanze ‘sacrificanti’ in quanto ossidandosi loro non fanno ossidare altre parti dell’alimento. Una caratteristica essenziale nel caffè, poiché ove molte molecole si ossidassero prematuramente, il bouquet aromatico risulterebbe quantomeno depotenziato oltre che alterato nel profilo.

colori reazione
I diversi colori del chicco (foto concessa)

I composti dicarbonilici ottenuti dai riduttoni possono reagire con gli aminoacidi liberi creando la degradazione di Strecker, protagonista della creazione di tanti composti volatili responsabili dell’odore e precursore dei prodotti che si formeranno nella terza fase.
Ma diremmo che è tempo di fermarsi un attimo, onde evitare di andare in confusione.”

La tostatura del caffè

“Per oggi ci basterà sapere che la tostatura del caffè non è un’attività che può svolgersi in maniera casuale, poiché le sue infinite variabili sono responsabili in maniera imponente degli aromi e del gusto del caffè. Per intenderci, una differente tostatura può condurre a profili descritti così:

“Brillante e lucido alla vista, ricoperto da un fitto strato di crema a tessitura fine dal color ocra ed una tigratura che vira nel tenné, al naso irrompe una pesca gialla, seguita poi dal caramello e da nouances di amaretto ed uva passa. Al palato è setoso e bilanciato, in un equilibrio tra dolcezza e acidità fine, a cui si aggiunge una lieve ed elegante nota amara di liquirizia. Persistente quanto basta per recuperare le note fruttate di inizio assaggio, a cui si aggiunge un retrogusto di papaya disidratata”

O così:

“Alla vista si presenta con una tonalità marrone scuro, di media lucentezza. La crema è fitta ma a trama grossolana. Al naso sono gli aromi tostati a prevalere, quali pan tostato, fava di cacao tostata, leggero affumicato. Il palato rivela una nota amara in prevalenza, a cui si accompagna una discreta dolcezza, mentre manca l’acidità. Lunghissima la persistenza, che restituisce, però, solo note di cacao amaro ed una poco piacevole nota di carbone”.

Vi lasciamo dunque riflettere, dandovi appuntamento a breve per la parte finale dell’articolo.”

Mauro Illiano e Michele Armano

(prima parte di due)

La seconda parte si può leggere QUI.

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