TRIESTE – È iniziato il conteggio alla rovescia per il Trieste Coffee Experts – TCE di quest’anno, il summit dedicato all’universo del caffè organizzato dalla Bazzara, storica torrefazione triestina a conduzione familiare, che farà il suo ritorno il 25 e 26 novembre 2023. L’evento è stato presentato in anteprima alla 10° edizione della TriestEspresso Expo. Riportiamo di seguito l’intervento di Mauro Bazzara, ceo dell’omonima torrefazione, alla preview del progetto in cui espone la linea di pensiero dell’azienda su temi di primaria importanza come la sostenibilità e l’impegno sociale.
“Caffè: un nuovo paradigma di business”
di Mauro Bazzara
“In Italia, in Europa e nel mondo sappiamo benissimo che tutte le imprese, anche quelle del caffè, stanno vivendo momenti molto complessi. In questo contesto ci attendono tante sfide, una di queste naturalmente è compresa nella transizione verso la sostenibilità. Il mio è il punto di vista della classica piccola-media impresa italiana.
Partiamo da questo presupposto: noi come umanità stiamo consumando più energia di quella che la nostra Terra può rigenerare in un anno. In definitiva, i ricercatori ce lo stanno dicendo da tanto tempo: in linea di massima, se andiamo avanti così, ci serviranno due Terre, esattamente – in questo periodo – 1.75. Noi però abbiamo solamente una Terra.
Negli altri dati che riportano i ricercatori si parla del “giorno del sovrasfruttamento della Terra”. Nel 1971 le condizioni non dico che fossero ottimali, ma praticamente sì. Arriviamo ad oggi: il giorno del sovrasfruttamento della Terra, cioè il giorno in cui la Terra non può più rigenerare queste energie che noi umanità togliamo, utilizziamo e trasformiamo, è arrivato il 28 luglio nel 2022.
Andiamo a fare un focus sugli stati, sulle nazioni: in America per soddisfare la domanda di noi cittadini, di noi residenti, ci sarebbe bisogno di “due Americhe” o, in Cina, grande fabbrica del mondo, ben quattro e sappiamo le dimensioni della Cina quali siano. L’Italia fa anche il suo, con le dovute proporzioni: abbiamo bisogno di quasi 5 “Italie” per soddisfare questo bisogno. È una cosa che fa pensare.
Economia rigenerativa
Mauro Bazzara continua: “Naturalmente ci affidiamo ai governi, ci affidiamo ai grandi enti, che siano sia pubblici che privati, ma anche le aziende hanno un ruolo fondamentale, un ruolo verso questa transizione verso la sostenibilità. E quindi diventa necessario passare da un concetto di economia lineare (e quindi estrattivo) dove il valore creato è inferiore a quello preso, a un’economia rigenerativa, dove il valore creato dell’azienda sia superiore a quello preso.
Naturalmente parliamo non solo del valore economico, ma anche del valore sociale, ambientale che le imprese di tutto il mondo possono dare indifferente il tipo di proporzione, dalla piccola alla macro azienda.
Diventa importante utilizzare il business come una forza positiva, con un obiettivo fondamentale.
Vediamo sempre di più questa rivoluzione, io direi un’evoluzione: il passare da un valore per gli azionisti, gli shareholder, al valore per gli stakeholders. Quindi c’è un nuovo modello”.
Il valore verso l’ambiente
“Normalmente noi aziende si lavora per profitto, un’azienda non può stare in piedi senza profitto e questo è ovvio, e dall’altra parte abbiamo le no profit. Questi sono i due modelli portanti attuali. Quindi, no profit punta a più valore verso la società, verso l’ambiente. Ma esiste un nuovo modello recente che va a fondere queste due possibilità. È naturale che in questo contesto di Benefit Corporation, per intenderci, da una parte ci vuole un impegno da parte delle aziende: in questo caso come un atto giuridico per trasformare l’azienda in una società benefit.
C’è la possibilità per una SpA o una Srl anche a livello italiano di trasformarle in società benefit e utilizzare quindi questo tipo di modello.
Dall’altra parte è anche fondamentale però una misurazione: ci sono vari metodi per poter classificare, e quindi certificare, come la certificazione BCorp, ad esempio, che l’azienda effettivamente vada a svolgere questa transizione, sennò possiamo cadere nel greenwashing
È naturale che ogni azienda possa essere virtuosa, perfettamente super sostenibile non essendo né società benefit né una BCorp certificata.
Il movimento delle BCorp nasce in America nel 2006, si espande in 79 nazioni. Ormai, abbiamo superato il tetto di 5000 BCorp certificate nel mondo, 1400 in Europa, 140 in Italia con un indotto di 150miliardi di euro e una forza lavoro di 450mila dipendenti, di persone.
Di queste 5mila aziende che sposano in mondo del modello BCorp vediamo grandi brand: pensiamo a Patagonia, un precursore del mondo della sostenibilità come azienda già da tanti anni, ma vediamo anche altri brand come Danone, Alpro, l’italiana Alessi e oltretutto, una cosa molto interessante, che sono sparse non solamente in un settore, agroalimentare o farmaceutico, ma ben in 150 settori.
Nel caffè, il nostro comparto, sono già ben oltre 100. Vediamo grandi marchi come Caravella Coffee ed altri, parliamo sia di coltivatori, fazende, microroaster, distributori, quindi è variegato questo mondo. Negli ultimi due anni vediamo l’esempio di Nespresso, di Illy Caffè, che sono diventate BCorp e hanno usato il modello della Benefit Corporation.
Dal punto di vista invece giuridico, iniziato sempre in America nel 2010, il modello si è diffuso a 48 stati degli Stati Uniti e io direi che è un orgoglio per noi italiani che nel 2016 l’Italia sia diventato il primo stato sovrano al mondo a utilizzare questo modello; poi si è rapidamente sparso e viene utilizzato anche, parlando di Europa, in grandi paesi come la Francia, la Spagna e tutt’ora sta andando avanti e altri nuovi Paesi cominciano a utilizzare questo modello. Chiaramente stiamo parlando ancora di un piccolo percorso.
Riporto un estratto della legge italiana riguardante le società benefit, dove leggiamo appunto “…denominate società benefit che nell’esercizio di un’attività economica, oltre lo scopo di dividerne gli utili perseguono uno o più finalità di beneficio comune”. Questo una volta non c’era, non esisteva, non si poteva fare.
Se non sbaglio, la prima società benefit in Italia che ha attivato lo statuto dal 2015, poi attuato nel 2016, è Nativa. Quando ha presentato la domanda nella Camera di Commercio l’hanno respinta 3 o 4 volte: dicevano che non si può fare, pertanto c’è stato un iter particolare per arrivare a questa legge.
Quindi un modello innovativo perché? Perché crea aziende sostenibili, almeno questo è l’intento, e non semplicemente un prodotto sostenibile, che già quello è un bel risultato.
Nel 2016 eravamo in 61, nel 2022 già 2000 aziende sono società benefit per diritto italiano. Ma non ci serviva l’America per darci un esempio, bene o male già Olivetti, grande precursore nel mondo sociale, già con la sua frase in un discorso del 1955 riporta questa visione: “può l’industria darsi dei fini?”. È di questo che stanno parlando le Benefit Corporation, come anche altre aziende virtuose che continuano verso questo grande obiettivo.
Tutte le aziende normalmente prendono come riferimento, come anche noi, l’Agenda 2030 e quindi come obiettivi, come ad esempio nel nostro piccolo caso, anche una piccola media impresa sceglie quelli che sono più nelle sue corde, quelli che ritiene di poter sviluppare, poter mettere a terra.
Noi abbiamo scelto i nostri 6 obiettivi primari. In questa linea, chiaramente, vediamo che essere società benefit ci fa agire su determinate aree, e una di queste sono i lavoratori, le persone.
Senza le nostre persone le aziende non vanno avanti, lo sappiamo benissimo. A questi si aggiungono la comunità, il territorio: una caratteristica italiana molto importante a differenza di altri mercati, perché le aziende italiane sono ben radicate, conoscono bene la propria comunità. Chiaramente vengono poi l’ambiente, i clienti, ma anche la governance che diventa un elemento fondamentale perché se questi intenti non arrivano direttamente dall’amministratore, dalla direzione, sicuramente non funziona bene questo modello.
Noi, nel nostro piccolo, abbiamo tracciato il percorso, che abbiamo iniziato nel 2019 (anche prima lo conoscevamo ma l’abbiamo approfondito nel 2019) quando durante la preparazione del Trieste Coffee Experts, tramite ricerche, conosciamo questo movimento delle BCorp a livello globale.
Nel 2020 c’è stata la svolta. Comunichiamo a tutto il team di voler diventare una società benefit e iniziamo un percorso: concretizziamo l’ottenimento della certificazione biologica; a giugno 2021 diventiamo con atto notarile società benefit; nel 2021 continuiamo con il percorso e quindi perseguiamo la certificazione Fairtrade e ci attiviamo per la certificazione Rainforest e arriviamo ad oggi, ottobre 2022, dove c’è un impegno a certificarci anche come BCorp.
Questo concetto, questi intenti, questi valori, li riassumiamo in una nostra “carta della sostenibilità” declinata in Coffee for Sustainability, declinata a sua volta poi in quello che noi chiamiamo “I 4 Pilastri della Sostenibilità Bazzara”, quindi: coffee for planet, coffee for people, coffee for prosperity e coffee for partnership.
Naturalmente sono i principi collegati all’Agenda 2030. E qua vediamo le cose piccole, concrete, quello che anche una piccola azienda come noi può fare: dopo è logico che ogni azienda ha le sue declinazioni.
Per l’ambiente ci siamo subito convertiti utilizzando solamente energia da fonti rinnovabili, certificate e italiane tramite il partner LifeGate. Sempre con LifeGate abbiamo voluto aderire anche per il mondo web (perché anche il mondo web consuma energia) a impatto zero. Quindi anche per tutto quello che riguarda l’e-commerce ad esempio abbiamo voluto trasformare questo modello a impatto zero anche online.
Poi abbiamo delle iniziative in collaborazione con un’altra BCorp che è Treedom, che tratta la riforestazione nel mondo, dove abbiamo voluto portare avanti questo progetto di Foresta Bazzara, diffusa in 3 continenti dal Centro America ad Africa e Asia: chiaramente stiamo parlando di piccoli numeri, parliamo di 250 alberi di caffè per condividere, per ringraziare il nostro settore, i coltivatori che fanno questo lavoro, ma più che altro l’obiettivo era poi ridonarli a tutti i nostri stakeholder e quindi a sua volta un lavoro di comunicazione per diffondere il concetto di sostenibilità che noi riteniamo importante.
Attraverso la collaborazione con IMA Petroncini impianti e ReiCat abbiamo applicato un catalizzatore per far sì di avere emissioni ridotte e anzi, ottimizzate il 20% delle emissioni in atmosfera e anche l’ottimizzazione per quanto riguarda il risparmio energetico, cambiando l’impianto di illuminazione in led di ultima generazione. Oggigiorno sappiamo tutti quanto sia importante.
Oltre la sezione dell’ambiente, passando alle persone, partiamo dal nostro team in cui noi crediamo molto e quindi abbiamo avviato un coinvolgimento del team verso gli obiettivi aziendali: non solo azioni di welfare generale, ma anche benefit (specialmente in questo periodo di caro-bollette), azioni volte al benessere delle persone che lavorano con noi.
Noi poi siamo a Trieste, siamo nel territorio, siamo in Friuli-Venezia Giulia e anche per questo abbiamo fatto delle piccole azioni: sosteniamo, per quanto riguarda lo sport, una squadra di rugby con cui abbiamo valori molto sani in comune, che è il Venjulia Rugby per le categorie giovanile, seniores femminile e Prima Squadra.
Sempre per quanto riguarda Trieste, sosteniamo la nostra città a livello culturale con ShorTS International Film Festival.
A livello di beneficenza ci attiviamo con 50mila caffè per dare almeno un piccolo sostegno a diverse Onlus del territorio tramite Banco Alimentare, Comunità di San Martino del Campo e i Frati di Montuzza. Piccole cose che un’azienda o tutte le aziende fanno o possono fare.
Il progetto Bioarabiche
Tornando poi a Coffee for prosperity, lo convogliamo sul prodotto, come ogni azienda deve fare e ottimizzare i propri prodotti. In questo abbiamo voluto creare il progetto Bioarabiche, dove andiamo a promuovere il concetto di agricoltura biologica, di Fairtrade, dove uniamo il nuovo progetto per quanto riguarda Rainforest e ultimamente abbiamo anche aderito a un nuovo progetto in cui crediamo molto: l’International Women Coffee Alliance, che ha da poco un nuovo chapter in Italia.
È quindi una rete globale che unisce le coltivatrici del mondo del caffè, quindi anche per un discorso di parità di genere lo ritenevamo fondamentale.
Inoltre, abbiamo fatto piccole scelte radicali: abbiamo scelto una linea guida specifica, il plastic-free, non solamente per il merchandising ma anche nel mono porzionato dove abbiamo scelto di utilizzare solamente la cialda compostabile o la capsula in alluminio, materiale eternamente riciclabile: ci sono tante possibilità, questa è stata la nostra scelta.
Per quanto riguarda le linee di imballaggio secondario poi, siamo passati dalla plastica al cartone e al cartone certificato FSC da altro cartone riciclato. Piccole azioni che comunque, vediamo, si possono tranquillamente effettuare.
Infine, una nostra propensione è quella di fare rete, di comunicare, di diffondere la cultura del caffè espresso italiano tramite ad esempio le nostre pubblicazioni, i nostri libri, dove vogliamo riunire grandi esperti del settore per riportare questa conoscenza e dove ci teniamo ad inserire anche aspetti riguardanti la sostenibilità; o tramite la nostra Accademia, che è un Premier Training Campus certificato Sca; ugualmente creiamo collane video per promuovere la cultura e molto altro.
Siamo in Italia e non potevamo quindi non essere soci del Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale e aderire convintamente alla causa del Rito del Caffè Espresso.
Nuovamente poi, siamo anche a Trieste e con la Regione aderiamo a “Io sono Friuli-Venezia Giulia”, che sostiene prodotti locali del territorio e le aziende che sviluppano la sostenibilità.
Con questi esempi chiudiamo dunque questi quattro pilastri della sostenibilità che noi come Bazzara riassumiamo nel nostro purpose, lo scopo del perché noi esistiamo come azienda, che è molto semplice: Coffee for pleasure, people e planet.
Chiudo con una frase che noi apprezziamo molto, ritornando al ricordo che noi abbiamo un unico pianeta e non di più, con questa frase che è antica: “Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli”.