MILANO – Tutta l’Italia del caffè si sta muovendo verso una maggiore consapevolezza attorno a questa bevanda, da Nord a Sud, mentre i protagonisti di questa rivoluzione operano su più livelli per spingere sulla qualità della tazzina: tra questi, da Lamezia Terme, è parte attiva del movimento Mattia Boasi, che uscito dalla scuola di Andrea Antonelli ha scelto la professione del barista per la vita e attualmente sta raccontando nei suoi video youtube le realtà delle microroastery sparse per lo Stivale. Con lui abbiamo voluto osservare un contesto ancora più legato alla tradizione dell’espresso – con tutto ciò che questo può comportare – come lo è il sud Italia.
Boasi comincia la sua prima esperienza lavorativa a 14 anni in un piccolo bar di paese
Quando nel periodo estivo dopo essere stato rimandato a scuola, la madre per “lezione” lo manda a lavorare, non immaginando però che quel lavoro sarebbe diventata la sua passione. Nel 2015, spinto dalla voglia di sapere, comincia il suo percorso formativo nella scuola di Andrea Antonelli.
Racconta Boasi: “Ho fatto il barista fino a qualche mese fa e poi ho deciso di staccare la spina per un po’: il periodo qui da noi non è dei migliori, tra stipendi bassissimi e progetti di crescita inesistenti. I gestori non vogliono il professionista, ma lo schiavo che lavori 10 ore al giorno, per una paga insoddisfacente e sotto contratti di lavoro che non rispecchiano mai la realtà effettiva delle cose.
La maggior parte dei datori di lavoro non sono mai stati baristi e non conoscendo la materia prima finiscono per proporre le solite miscele, spesso di scarsa qualità. Nei locali in cui ho lavorato ho cercato di inserire almeno una miscela 100% Arabica, guidando i clienti lungo un percorso conoscitivo del caffè, ma soprattutto dando loro la possibilità di scegliere e facendo capire loro che c’è dell’altro.
A casa mia invece ho creato un angolo caffetteria per pura passione e ho avuto il piacere di ospitare un sacco di amici, conoscenti o semplici curiosi, per far provare gli specialty coffee, spiegare la filiera del caffè, provare i diversi metodi d’estrazione, far capire la differenza tra qualità e non: alcuni si sono anche “convertiti” ed ora acquistano il caffè dalle roastery del mio tour. È un percorso molto lungo ma sono sicuro che se si continua in questa direzione, qualcosa cambierà.”
Quindi di cosa si occupa attualmente?
“Mi occupo di quelli che mi piace chiamare “corsi d’informazione” per Caffè Cannizzaro, torrefazione con la quale collaboro. Oltre a questo, proponiamo anche un periodo di affiancamento alle attività per permettere di apprendere le tecniche necessarie direttamente sul “campo”.
Boasi, ma come si beve il caffè in provincia di Catanzaro e in Calabria? A che prezzo il caffè? Il barista è una professione riconosciuta e formata oppure c’è tanto lavoro da fare per educare consumatori e operatori sulla bevanda?
“In Calabria, così come un po’ in tutto il sud Italia, si prediligono miscele con un’alta percentuale di Robusta, dunque un espresso con molto corpo, tanta crema e amarezza dovuta alla tostatura scura. La maggior parte dei consumatori pensa che più lo zucchero resta a galla più il loro caffè (difficilmente lo chiamano espresso) sia buono e naturalmente non spendendo più di 1€.
Nella maggior parte dei casi dietro al bancone troviamo baristi senza preparazione. Non si riconosce il professionista ma il lavoratore e questo si traduce in tante ore di lavoro per una retribuzione misera con contratti pressoché fasulli.
È anche vero che negli ultimi anni un paio di torrefazioni calabresi stanno spingendo molto sulla formazione dei baristi e sulla ricerca di miscele migliori, tenendo sempre conto delle esigenze del consumatore.
Penso sia necessario formare i baristi verso il mondo degli specialty, e organizzare eventi dedicati alla degustazione e alla conoscenza di questa bella realtà. Bisogna far capire l’importanza di una filiera corta e controllata, con uno sguardo rivolto alla sostenibilità, all’etica e al rispetto delle persone che lavorano per il consumatore offrendo il massimo della qualità.”
Boasi, e lo specialty della Calabria, quindi? E come stanno reagendo lì al rialzo dei prezzi?
“In Calabria siamo ancora distanti. Penso che qui si assisterà a un processo graduale e più i baristi si avvicinano alla qualità più potranno farsene portavoce. I consumatori di fronte ai rincari non stanno reagendo benissimo, considerando che qui bere un espresso è visto nella maggior parte dei casi come un momento d’incontro tra persone, tra amici. Si rischia di entrare in un bar ed offrirne 4-5, anche perché fino a poco tempo fa era il prodotto che costava meno (0.80€) rispetto ad una semplice bibita.”
Ci parla allora un po’ del suo viaggio attraverso le microrastery? Perché Boasi ha deciso di raccontare queste piccole realtà su YouTube? Le ha mappate tutte o anche per lei è una scoperta continua? Sono tante?
Boasi: “Ho deciso di raccontare, sotto forma di video, la storia di persone che ogni giorno cercano di offrire un caffè di qualità. Alcune di queste realtà non le conoscevo neppure io e questo mi ha permesso di relazionarmi con diversi professionisti, di assaggiare tantissimi caffè specialty. Nei video mostro i chicchi, ne racconto le fragranze, gli aromi, le caratteristiche di ogni singola origine, tutti provati con il metodo cupping.
Ad oggi sono 12 le microroastery che ho mappato, ma in realtà in Italia ne abbiamo molte di più e spero di poterle raccontare tutte. Lo scopo di questo progetto è comunicare, incuriosire il pubblico, soprattutto quello meno informato, ed aprirlo ad un mondo dove il caffè viene “celebrato” dalla piantagione alla tazza.”
Pensa che sia la figura del barista che quella del formatore si siano evolute negli ultimi anni? Quali sono le nuove esigenze del mercato italiano secondo lei?
“Assolutamente sì! Siamo in crescita, seppur lentamente: la community si sta allargando. Bisogna fare rete, coinvolgere le persone senza sconvolgerle le loro abitudini. Più saremo formati, più potremmo informare il consumatore finale.”
Ha mai pensato di uscire dall’Italia? Molti giovani come lei hanno investito nella loro professione partendo all’estero e lei?
Boasi è onesto su questo punto: “Ho pensato di andare all’estero. Sto cercando anche attraverso Caffè Cannizzaro di andare a Londra, con lo scopo proprio di trasferirmi. È molto difficile certo per il Covid e per la Brexit, ma l’aspirazione è quella. Devo esser sincero, qui in Italia ancora non ci stiamo evolvendo per le condizioni di lavoro e la retribuzione.”
Boasi, ha qualche altro progetto che già bolle in pentola?
“Sicuramente nuovi contenuti da condividere sul mio canale YouTube. Sicuramente veicolerò informazioni semplici e basilari, quelle più utili al barista e al consumatore. Perché penso che fare cultura in maniera chiara renda tutto più efficace: abbiamo il dovere morale di divulgare la verità dietro la tazzina.”