mercoledì 30 Ottobre 2024

Matteo Borea sulla tazzina a 80 centesimi dell’Antico Caffè di Torino: “L’espresso non ha solo un prezzo, ma un valore”

L'esperto: "Parliamo chiaro: vendere il caffè a 80 centesimi nel 2024 è come cercare di fare un selfie con una macchina fotografica degli anni '80. Sì, forse puoi riuscirci, ma il risultato? Dubbio, se non patetico. E qui non si tratta di fare i puristi del caffè o di snobbare chi cerca di tenere bassi i costi. Il punto è più profondo e riguarda il rispetto per l'arte e la scienza dietro una tazzina di caffè e, soprattutto, per chi la produce"

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Matteo Borea, Barista Coach e terza generazione della torrefazione La Genovese di Albenga (Savona), ha voluto esprimere la sua opinione riguardo la politica dell’Antico Caffè di Torino in piazza Bodoni che offre l’espresso a 80 centesimi dal 2008 (ne abbiamo parlato qui). Secondo Borea, voler mantenere un prezzo talmente basso nel 2024 è irrealistico e irrispettoso verso tutti coloro che “investono tempo e risorse per offrire un prodotto che abbia un’anima”. Leggiamo di seguito le sue considerazioni.

Il prezzo della tazzina dell’Antico Caffè di Torino

di Matteo Borea

TORINO – “In un angolo di Torino, un odonto-barista ha deciso di sfidare l’inflazione, tenendo il prezzo della tazzina di caffè ancorato a 80 centesimi, un prezzo che sa più di archeologia che di economia. La notizia potrebbe suonare come una favola moderna, un David contro Golia dei tempi nostri, se non fosse che in questo racconto, Golia è il buon senso e David ha dimenticato la fionda a casa.

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Parliamo chiaro: vendere il caffè a 80 centesimi nel 2024 è come cercare di fare un selfie con una macchina fotografica degli anni ’80. Sì, forse puoi riuscirci, ma il risultato? Dubbio, se non patetico. E qui non si tratta di fare i puristi del caffè o di snobbare chi cerca di tenere bassi i costi.

Il punto è più profondo e riguarda il rispetto per l’arte e la scienza dietro una tazzina di caffè e, soprattutto, per chi la produce.

Affermare di poter mantenere un prezzo così basso eliminando “le spese superflue” è un po’ come dire di voler vincere il Tour de France dopo essersi allenati su un triciclo. Non solo è irrealistico, ma sminuisce il lavoro di chi, in questa “corsa”, usa biciclette fatte per competere, ossia i produttori di caffè di qualità, i baristi esperti, e tutti quelli che investono tempo e risorse per offrire un prodotto che non sia semplicemente nero e caldo, ma che abbia un’anima.

L’approccio “cash & carry” (dove probabilmente il signor Longo acquista le sue pepite d’oro nero) alla vendita del caffè è un insulto lanciato in faccia a quella delicata alchimia che trasforma l’acqua calda in oro nero.

Immaginate di andare a vedere un concerto di musica classica, per poi scoprire che l’orchestra è composta da suonatori di kazoo diplomatisi online. Sarebbe un’esperienza indimenticabile, ma per i motivi sbagliati.

E poi c’è la perla, quella strategia che è la ciliegina sulla torta di questa commedia dell’assurdo: il prezzo del caffè che triplica non appena il cliente decide di sedersi. Tre euro per lo stesso caffè che al banco costa 80 centesimi? È un po’ come invitare qualcuno a casa tua per cena e poi fargli pagare il coperto. Non solo è un evidente tentativo di “prendere per il naso” i clienti con il richiamo di un prezzo basso al banco, ma è anche un modo per dire, senza troppi giri di parole: “Grazie per essere venuto, ora levati dalla palle che mi serve il tavolo?”.

Questa strategia non solo svilisce l’esperienza del consumatore, ma getta anche ombre sulla qualità del prodotto offerto. Attrae il cliente con la promessa di un affare, per poi rivelarsi un gioco di specchi in cui l’unico scopo è far consumare di più, di fretta, e senza troppa cura per la qualità dell’esperienza o del caffè stesso.

Insomma, non si tratta solo di fare business ma di COME si fa business. E in questo caso, la strategia sembra più un esercizio di malizia che di genialità commerciale, una presa in giro ben orchestrata che lascia l’amaro in bocca, ben più del più amaro dei caffè che serve il signor Longo.

Non dimentichiamo la questione della crisi dei prezzi, un mare in tempesta che tutti nel settore stanno cercando di navigare con dignità. Ignorarla proponendo prezzi da “epoca del caffè a peso d’oro” non è solo anacronistico, è pericoloso. È come cercare di spegnere un incendio in un bosco con un bicchiere d’acqua e poi meravigliarsi quando le fiamme si alzano sempre più alte.

Il messaggio che voglio lanciare è semplice: il caffè non è solo una questione di prezzo, ma di valore. Di rispetto per chi lo coltiva, lo trasforma, e lo serve. E di consapevolezza che, in un mondo che va sempre più veloce, fermarsi a godere di una buona tazzina di caffè è uno dei piccoli grandi piaceri della vita. Non svendiamolo per una manciata di spiccioli.

In conclusione, la prossima volta che vi capiterà di leggere storie di caffè a prezzi da baratto, ricordatevi: dietro ogni tazzina c’è un mondo. E quel mondo sicuramente merita molto di più di 80 centesimi”.

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