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venerdì 22 Novembre 2024
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Matarazzo di Castellabate: il napoletano che inventò le miscele e precorse i tempi

Verso la fine degli anni ’70 del XIX secolo, per errore, nel porto di Napoli furono mescolate due grandi partite di caffè: la prima brasiliana, di qualità robusta, proveniente dal porto di Santos, la seconda invece etiope-eritrea, di qualità arabica, proveniente dal porto di Massaua. Chi si rese conto che da un errore ne fosse venuta fuori invece la giusta miscela fu un giovane nobile decaduto di Castellabate: Francesco Matarazzo

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NAPOLI – Il caffè e la pizza napoletana: due must che rendono celebre la città anche all’estero. I turisti ma gli stessi italiani, arrivano sin qui per assaggiare questi due prodotti tipici. Ma quali sono le origini di questa tradizione? La miscela del caffè partenopeo dove trova il suo inizio nella storia? Il nome su tutti che esce fuori dalle ricerche è Francesco Matarazzo, nobile decaduto innamorato di Napoli e del Brasile. Leggiamo il racconto da positanonews.it.

Matarazzo: la miscela perfetta tra Napoli e Brasile

Vi siete mai chiesti perchè noi campani siamo sciovinisti su tre argomenti: pizza, spaghetti e caffè?

Comprendiamo facilmente su pizza e spaghetti, ma che c’entra il caffè? C’entra perchè verso la fine degli anni ’70 del XIX secolo, per errore, nel porto di Napoli furono mescolate due grandi partite di caffè: la prima brasiliana, di qualità robusta, proveniente dal porto di Santos, la seconda invece etiope-eritrea di qualità arabica proveniente dal porto di Massaua.

Chi si rese conto che da un errore ne fosse venuta fuori invece la giusta miscela fu un giovane nobile decaduto di Castellabate: Francesco Matarazzo, il quale emigrò dopo poco (1881) in Brasile con idee chiare, fortunatamente non solo rivolte al profitto. Matarazzo installò un vero e proprio impero commerciale. Interi paesini del Cilento, della Lucania, dell’alta Calabria emigrarono a San Paolo, Santos ed anche a Vitoria e Rio de Janeiro. Fortunata coincidenza volle che l’Italia conquistasse colonie come l’Eritrea, la Somalia e poi anche l’Etiopia. La costruzione del canale si Suez favorì ulteriormente questi accadimenti.

Quindi Matarazzo organizzò ( quasi da antesignano di Adriano Olivetti) queste migrazioni offrendo anche case, scuole, lavoro e addirittura sindacati agli emigranti sud-occidentali italiani

Idea geniale fu anche quella di esportare sementi di caffè robusta in Africa orientale e viceversa sementi di caffè arabica in Brasile. Il porto di misturazione era Napoli e quindi i napoletani acquisirono competenza ed esperienza nella torrefazione del caffè ( legna, carbone, elettricità, etc). I campani emigrati in massa a San Paolo divennero in breve i veri padroni del Palacio da Bolsa do Cafè di Santos. Istituirono il prestigioso premio
medaglia d’oro annualmente conferito alla migliore marca.

A Napoli intanto il caffè furoreggiava

Si pensi che ad inizio secolo XX a Napoli si consumava più del quadruplo del caffè di Roma e di Milano. Il gelato al caffè, il sorbetto e la granita al caffè divennero delle vere chiccherie decantate dai turisti di tutta Europa. Con l’andar del tempo molti emigrati o figli e nipoti di emigrati ritornarono in Italia, tanto che in molti comuni del Cilento e del golfo di Policastro (come Vibonati, Morigerati, Castellabate, Sapri e Maratea) il portoghese divenne il secondo idioma… non ufficiale .

Francesco Matarazzo

Nato a Castellabate (Sa) nel 1854 emigrò a San Paolo nel 1881. Creò un impero commerciale non solo nel settore alimentare (caffè, olio, vino, pasta etc.) Ma anche in quello manifatturiero e meccanico. 70 aziende facevano capo a Matarazzo con ben 20.000 operai alle sue dipendenze, buona parte dei quali italiani. Negli anni della prima guerra mondiale Matarazzo ritorna in Italia e poi aderì al fascismo, seppure in quella destra sociale che poneva l’operaio in primis. Morì nel 1937 deluso dal fascismo; i suoi figli non riuscirono a mantenere alti i livelli delle imprese paterne ed i suoi nipoti dilapidarono quell’impero commerciale ed ancor più quel patrimonio antropico di grande socialità azienda-dipendente.

Nel golfo di Policastro l’amore verso la seconda patria: il Brasile fu così intenso che l’imprenditore biellese Stefano Rivetti decise si costruire una statua del Cristo Redentore alta 22 m. In cima al monte S. Biagio a Maratea. É la terza statua del Cristo redentore più alta al mondo (dopo quella di Rio 38 m. e quella di Lisbona-Almada 25 m.).

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