mercoledì 22 Gennaio 2025

Massimo Zanetti, il re del caffè e il matrimonio in vista: è a capo di un impero del caffè

Da leggere

  • Fiorenzato
  • Dalla Corte
  • TME Cialdy Evo
Demus Lab - Analisi, R&S, consulenza e formazione sul caffè

MILANO  – Massimo Zanetti, il re del caffè e il matrimonio in vista: è a capo di un impero del caffè: 40 società sparse nel mondo, 4 mila dipendenti. Da bambino coltivava patate e le vendeva alla madre. Poi ci ha preso gusto e si è messo in affari: «Sono nato imprenditore».

La Segafredo-Zanetti comunica pochissimo. Per questo non possiamo lasciarci sfuggire questa intervista rilasciata alla Tribuna di Treviso da Massimo Zanetti, il titolare, in corsa per la carica di sindaco di Treviso.

  • CIMBALI M2

TREVISO – Mettiamola così. Guardare il sole calare tra il roseto e gli alberi secolari di una villa cinquecentesca fresca di restauro, comodamente seduti sul bianco terrazzo della stessa, predispone già di per sè l’interlocutore alla bonomia. Certo è che la conversazione con il padrone di casa, che ti racconta la storia di quell’edificio e di lui che ci è cresciuto dentro, scorre via, piena di sapore, come una buona tazza di caffè.

Massimo Zanetti con la compagna e il figlio

Mr Segafredo, all’anagrafe Massimo Zanetti, 65 anni, capolista di Prima Treviso ha tante cose da dire. E una, soprattutto, da ribadire: «Amo la libertà, è la parola che in assoluto preferisco». La Libertà dalle tessere di partito «che sanno tanto di fascismo, nazismo, comunismo» e di tutti gli altri “ismi“ del Novecento «e che quando arrivano, ha ragione Grillo, uccidono un partito»; libertà da rispettare «perché ogni Paese ha la sua storia, le sue tradizoni e l’Occidente non può imporre il suo modello ovunque»; essere liberi di garantire, «la mia onlus che aiuta i popoli africani insegna loro ad autogestirsi»; libertà di movimento, «nella mia vita ho sempre viaggiato, conosco tutte le lingue del caffè, dal portoghese al francese».

A monte di tutto, c’è la “madre“ di tutte le libertà: quella dal bisogno. Perché Zanetti è ricco, ricchissimo, e lo dice senza imbarazzi. «Ho sempre avuto soldi, li ho avuti e fatti fruttare fin da piccolissimo tanto che i miei fratelli maggiori li chiedevano a me. Il fatto è che io sono nato imprenditore».

Zanetti indica un orto nel parco: «È quello di mia mamma, mi aveva raccomandato di preservare la villa e io ho mantenuto la promessa. Ecco, in quell’orto cominciai, che avevo 6 anni appena, a coltivare le patate: le raccoglievo e poi le vendevo a mia mamma. E lei me le pagava. Sono stati i miei primi affari».

L’attività si espande: «Più tardi passai all’allevamento di conigli: il giardiniere li andava a vendere al mercato. Ecco, io sono così, tutte le cose che ho fatto le ho sempre prese sul serio. Tanto che la mia ex moglie mi riprendeva: sei nato vecchio, mi diceva. In effetti non mi sono mai divertito tanto. O, meglio, è il lavoro che mi diverte».

Poco più che ventenne l’imprenditore rileva un’azienda fallita, la Silver Caffé e poi via via altre 14 torrefazioni. Oggi Zanetti è a capo di un impero del caffè: 40 società sparse nel mondo, 4 mila dipendenti, miliardi di fatturato. Una bella palestra per chi vuole gestire una città. Zanetti non si fa sfuggire l’assist: «Sono un ottimo organizzatore e amo circondarmi di validi collaboratori: c’è gente che ha lavorato per la mia famiglia da tre generazioni. Ma soprattutto io credo nella funzione sociale dell’imprenditore: la soddisfazione non è solo fare soldi, ma dare lavoro e benessere agli altri. E anche questo è il senso della onlus. Mi piace veder star bene la gente. Credo che sia il frutto della mia formazione religiosa: sono un cattolico praticante, mi sento un benedettino perché loro predicano preghiera e lavoro».

In realtà, va detto, Zanetti ha praticato anche il sano divertimento: è stato uno sportivo: «Papà era uno fissato con lo sport, voleva che tutti noi figli ne seguissimo uno, io il pugilato e i miei fratelli il judo»; un cantante «partecipai al festival di musica leggera di Bibione insieme ad Annarita Spinaci»; un appassionato di lirica «ho studiato per 7 anni, un nostro dipendente era corista al teatro Comunale e mi faceva intonare le opere».

«Ho fatto tante cose e nelle cose che faccio solitamente riesco, tanto che mi chiamavano Gastone Paperone», afferma, «Ma questa non è una dote perché ti fa fare confusione e rischi di non capire più qual è la strada giusta». Una spinta in tal senso è arrivata dalla ex moglie: «O mi sposi e diventi un uomo serio, oppure ti lascio»>, fu l’aut-aut della signora. «E io risposti ok, venderò solo caffè. Così è stato, senza rimpianti. Era la strada giusta».

Il matrimonio però è finito. Ci sono due figli Laura e Matteo che ora lavorano accanto al padre. «Lei è sposata, lui no: che rammarico, vorrei altri nipotini», confessa Zanetti. Nell’attesa si sposerà lui, il capofamiglia. E l’annuncio lo dà via-tribuna: «La mia compagna è Sigrid, origini norvegesi e spagnole. La sposerò».

«La città deve cambiare»

Dopo l’impegno elettorale, naturalmente: ora c’è Gentilini da battere. «La città ha bisogno di cambiare, possiamo farlo solo io o Manildo. Per cambiare sul serio», precisa Zanetti. Perché abbia sottolineato quello capisci dopo, quando, congedandoti, ti spiega che il suo libro preferito, insieme ai Promessi Sposi (letti a 4 anni) e il Gattopardo. Quel «cambiare tutto per non cambiare nulla» gli dev’essere rimasto impresso.

Fonte: La Tribuna di Treviso intervista di Sabrina Tomè

CIMBALI M2
  • Gaggia brillante

Ultime Notizie

  • Water and more