MILANO – Massimo Barnabà, consulente per B-farm, torna a parlare in uno degli interventi dedicati alla divulgazione della cultura del chicco. Stavolta concentrandosi sullla tostatura e sul cambio di offerta sui porzionati, avvenuto in relazione soprattutto all’aumento dei consumi domestici a causa del lockdown.
Massimo Barnabà: Ormai il caffè al bar è un miraggio
Da diverse settimane non è più possibile ordinare un espresso al bancone di un bar, e chissà come verranno preparati e serviti i prossimi che ordineremo. Di contro, l’isolamento e lo stare a casa del popolo dei bevitori di caffè ha spinto le aziende a promuovere la propria offerta di porzionati (cialde, capsule, piattaforme chiuse o sistemi aperti), e nuovi marchi si affacceranno nel già affollato mondo delle capsule per cogliere quest’occasione.
La maggior parte delle piccole torrefazioni, che non hanno in casa macchinari per la produzione di porzionati, si avvarrà di terzisti
Che confezioneranno il prodotto partendo da caffè tostato oppure tosteranno loro direttamente il verde. Tralasciamo le questioni logistiche, di conservabilità del tostato da spedire, ed economiche e concentriamoci sulla tostatura del caffè destinato al porzionato e analizziamo i due scenari. Cioè il tostare in casa o affidare questa operazione al terzista.
Solitamente chi decide di tostare da sé il caffè lo fa perché ha una precisa conoscenza del processo di torrefazione, il colore finale e le caratteristiche sensoriali del tostato, la curva di tostatura ideale per raggiungere l’obiettivo.
Il fatto che nessuno conosca i segreti del prodotto meglio del produttore e un po’ di sano scetticismo verso le capacità altrui fanno da cornice alla decisione di tostare il caffè in casa: massimo controllo e standardizzazione dei processi.
Chi invece decide di affidare al terzista anche la tostatura oltre che il confezionamento del porzionato, si trova a fare i conti con possibili alterazioni nel gusto del prodotto indotte da un sistema di tostatura diverso, parametri di processo che difficilmente saranno quelli standard, una diversa curva di tostatura e raffreddamento.
Massimo Barnabà: Anche a parità di colore del prodotto finale sarà difficile che gli aromi dello stesso caffè tostato nell’impianto di origine o presso il terzista siano gli stessi (diciamo pure altamente improbabile)
Un torrefattore attento all’impronta sensoriale dei propri prodotti sarà costretto a ricercare, attraverso test, le condizioni di tostatura idonee a ricreare il profilo aromatico originale. In entrambi i casi l’obiettivo è mantenere inalterate le caratteristiche del tostato, quasi dimenticando che la destinazione del caffè sarà un porzionato (capsula o cialda).
Rispetto al bar cambieranno la macinazione, le condizioni di stoccaggio del prodotto, saranno radicalmente diversi i rapporti acqua/caffè utilizzati per preparare una tazzina; le condizioni di estrazione, e molto probabilmente la quantità di caffè erogato in tazza. A fronte di due processi tanto diversi, perché dovremmo preoccuparci ossessivamente che il tostato per il bar e quello per il porzionato siano fatti allo stesso modo? Anzi, sarà proprio la tostatura una delle principali variabili da aggiustare nel tentativo di ottimizzare il risultato in tazza ottenuto con il porzionato quando viene messo a confronto con il prodotto bar.
C’è un cambio di prospettiva enorme dalla produzione di un semilavorato (quale il caffè tostato in grani)
Che verrà lavorato in mille maniere diverse a casa o dai baristi, alla produzione di un prodotto quasi-finito come un porzionato, che verrà inserito in una macchina che nella migliore delle ipotesi mi permetterà di personalizzare solo il volume in tazza. Il caffè tostato diventa quindi non più il prodotto finale ma un intermedio di processo, che dovrà venire macinato, dosato e confezionato in monoporzioni. E l’intero processo di tostatura deve venir ripensato in funzione delle condizioni di estrazione del porzionato, del peso del macinato, del volume disponibile nella capsula/cialda e del processo di macinazione disponibile.
Tostatura e macinazione diventano, nel caso del porzionato, due processi dipendenti l’uno dall’altro
La tecnologia di macinazione disponibile (macine piane o rulli) e il settaggio della stessa determinano le caratteristiche che dovrà avere il mio tostato per ottenere la distribuzione granulometrica del macinato ottimale.
Tra le caratteristiche del caffè tostato ci saranno il suo colore, il calo peso, umidità, ma soprattutto il suo grado di porosità e la sua fragilità: elementi chiave che determinano la tendenza di un chicco a dare più o meno particelle fini (nell’ordine delle decine di μm) quando sottoposto a macinazione.
E la curva di tostatura, ma soprattutto la tecnologia utilizzata, determinano queste caratteristiche e alla fine la capacità di estrarre le sostanze desiderate dal macinato contenuto nella monoporzione.
Ecco perché posso decidere di utilizzare una tecnologia di tostatura tradizionale a tamburo per il caffè in grani e una tecnologia a letto fluido per i porzionati, laddove ho bisogno di estremizzare lo sviluppo del chicco, la sua porosità e quindi la capacità dell’acqua di estrarre sostanze durante la percolazione.
Attenzione quindi alla tostatura del caffè per il porzionato: va ripensato l’intero processo al fine di ottimizzare il risultato in tazza, e soprattutto tostatura e macinazione vanno a braccetto per cui non è corretto valutare la bontà di uno dei due processi quando è disgiunto dall’altro.
Per contattarlo: massimo@bfarm.it