MILANO – Massimiliano Fabian, presidente dell’azienda produttrice di decaffeinato Demus, past president del Consiglio internazionale dell’ICO e attuale vice presidente dell’European Coffee Federation (EFC), s’inserisce all’interno del dibattito aperto dal torrefattore Antonio Quarta attorno all’aumento dei prezzi della tazzina nei bar e di tutte le sue conseguenze.
Fabian: “Il primo commento che sento di fare è: in Italia il caffè al bar di fatto costa relativamente poco”
“Se si guarda al rapporto tra il prezzo e il reddito medio prodotto in un Paese del G7 economicamente abbastanza sano. Permettere a tutti di poterlo bere al bar certo è una cosa buona ma, a parer mio, guardare solamente il prezzo è limitante. La questione va approcciata in maniera più ampia: innanzitutto, non si può parlare solo di “caffè”, ma bisognerebbe parlare di diversi tipi di caffè, con caratteristiche e qualità differenti.
Sarebbe giusto che questo aspetto fosse sempre valorizzato. Focalizzarci su di un prezzo “uniforme” non è la soluzione che premia i caffè di qualità più elevata rispetto ad altri, meno costosi ma alla portata del consumatore con minore capacità di spesa.
Guardando ad esempio alla GDO, la materia prima ha un’incidenza chiaramente maggiore, direi prevalente, mentre al bar ci sono altre, nel complesso più importanti, componenti di costo (personale, immobile, utenze, ecc.); la costruzione del prezzo della tazzina all’interno dell’esercizio deve quindi considerarle con attenzione.
Il discorso di Antonio Quarta è sostenibile se si osserva la tazzina al bar, perché il costo della materia prima caffè qui è minoritario, ma è d’uopo analizzare ogni singola situazione, possibilmente valorizzando anche i singoli aspetti qualitativi (non solo della bevanda).”