MILANO – Dopo 22 anni nell’azienda di famiglia, la Caffè Mauro nel 2008 ha fondato a Milano con le 3 sorelle la torrefazione Sevengrams ”Donna meno disponibile ad accettare manne dal cielo” Mary Mauro ha lavorato nell’azienda di famiglia per ventidue anni. Nel 2008, con le sue tre sorelle, ha fondato Sevengrams, “perché sette grammi sono la dose necessaria per produrre una tazzina di espresso”. Riprendiamo da Tabularosa l’intervista che l’imprenditrice ha rilasciato a Josephine Condemi sulla sua nuova impresa parlando anche di imprenditoria femminile.
Mary Mauro, una donna imprenditrice
Si parla sempre di donne che hanno problemi di indipendenza economica, ma ci sono anche donne imprenditrici, che hanno un’esperienza diversa da raccontare… “Che poi è mettere in pratica quello che la donna ha sempre fatto, cioè la gestione della giornata, l’organizzazione della famiglia, la capacità di lavorare su più piani…io mi sono resa conto di essere imprenditrice dopo. Quando si ha la fortuna di avere dei sogni in cui si vuole investire, dei progetti, una visione di un qualcosa da proporre.
Nella seconda metà della mia vita, ci si ritrova a mettere in ordine le priorità, le cose che ti sono venute meglio, per cui vale la pena spendere energie e quelle per cui non vale, e quindi ci si focalizza sugli obiettivi che avresti potuto e non hai raggiunto. Se scatta la scintilla, “ok ci provo”, si parte.
“Ci vuole una giusta dose di coraggio, ma bisogna anche essere disponibili a reinventarsi, nonostante le esperienze maturate”
Continua: “Non è il soldo che fa l’impresa, è il contrario casomai… quando avvii una attività, devi capirlo Mary Mauro (foto Antonio Sollazzo) che il fattore per cui l’idea funzionerà o no sarà frutto non delle risorse ma della bontà dell’idea e l’efficacia del mercato… Per carità, il capitale ci vuole, e questo contesto non ti aiuta molto: non sei mai abbastanza giovane, vecchio, donna… però non è l’unica variabile che conta. Certo, è un problema gravissimo ad esempio quello della mancanza di credito alle imprese da parte delle banche perché la struttura così non è orientata sui flussi che un sistema può produrre ma sulle garanzie, che è una logica più assicurativa che di sostegno… D’altra parte è pur vero che imprenditore è colui che rischia: si è disposti a rischiare quello che si ha? Perché se ci si scoraggia rispetto al bando che non si vince, all’incentivo, si perde di vista il perché si è deciso di provarci…questo è un passo fondamentale… Non c’è più spartizione netta tra lavoro e impresa, perché il lavoratore nella maggior parte dei casi, e l’Italia è un paese fondato sulle piccole e medie impresa, è parte stessa del capitale… quando si parte, si rischia tutti insieme… la soddisfazione è riuscire a creare un team che condivida i tuoi stessi valori e li porti avanti”… Parliamo proprio della gestione del potere… esiste un modello al femminile? Non credo esista uno stile femminile e uno stile maschile… Ma a lei non hanno mai fatto notare di essere una donna imprenditrice? “Sì, ma si noti che oggi il maggior numero delle imprese più giovani è femminile, perché la donna è meno disponibile ad aspettare la manna dal cielo… forse siamo un po’ più incoscienti, abbiamo più convinzione che ce la possiamo fare… In azienda non ci sono più i paradigmi militari del potere trasportati all’industria, oggi l’esigenza di un team aziendale è avere una visione globale, che anche delegando coinvolga nella mission.
Certo, esistono anche dei passaggi di crescita, di responsabilità che vanno accompagnati, e anche qui la donna ha la natura di crescere i figli, di portarli avanti… nello stesso tempo, bisogna trasmettere e pretendere competenze e continua crescita. E poi apertura. E’ necessario un cambio di visione: l’impresa non può più essere sostenibile solo nel campo del profitto, ma anche di impatto su un contesto. Quale valore sociale? Non si può chiedere un atto di fede al consumatore…”
Mary Mauro: qual è la differenza che fa la differenza?
“La differenza è la visione, il contributo dell’originalità… io ho avuto la fortuna di avere accesso a un mondo che non conoscevo, di persone appassionate di ciò che fanno, che poi è la ricchezza di questo paese, in cui si sono culture radicatissime, eccellenze straordinarie… Bisogna cambiare la visione dell’approccio ai problemi e metterla in pista… Cambiando il paradigma si può fare la differenza, anche come sistema Italia”.