MILANO – In seguito alla pubblicazione dell’articolo riportato su queste pagine, relativo alle abitudini di consumo della Commissione Europea, procediamo alla diffusione della risposta dell’altra fazione interessata. Il seguente spazio è quindi dedicato alla replica proprio da parte dell’organo europeo, per mantenere la linea della trasparenza su ogni fronte.
L’autore dell’articolo che segue, è il firmatario di una interrogazione a risposta scritta alla Commissione Europea a cui la vigilanza UE, organismo che opera a garanzia di tutti i paesi membri e non di posizioni politiche che non forniscono dati e argomentazioni verificate, ha ribattuto con puntualità punto per punto. Da leggere direttamente al link con la risposta ufficiale di Marianne Thyssen a nome della Commissione europea (24/10/2018).
Il testo riportato dall’agenzia di stampa Efa news
Il reale beneficio delle certificazioni etiche per le aziende di tè e di cacao: la necessità di una scelta consapevole per i consumatori dell’UE.
1) La Commissione non dispone di documentazione attestante casi di sfruttamento all’interno di organismi con certificazione etica. Poiché le certificazioni vengono rilasciate da enti privati, spetta a questi ultimi definirne i requisiti; sottoporle a controllo e infine stabilire quali garanzie debbano offrire ai consumatori. Tuttavia la Commissione e le delegazioni dell’UE seguono da vicino le relazioni sul lavoro forzato, il lavoro minorile e lo sfruttamento in diversi settori. Compresi quelli del tè e del cacao.
2) La Commissione ha adottato misure volte a influenzare positivamente le pratiche che possono essere direttamente o indirettamente correlate alla certificazione etica; sebbene le sue politiche abbiano un campo di applicazione più ampio rispetto alla certificazione etica in sé.
3) L’UE ha finanziato specifici progetti riguardanti la certificazione etica
Ad esempio, recentemente l’UE ha stanziato 5,6 milioni di EUR per il progetto “Trade Fair Live Fair“. Relativo anche a prodotti come il tè e il cacao. Nel quale sono coinvolte diverse organizzazioni del commercio equo e solidale (1).
L’UE ha sempre adottato misure ad ampio raggio per la promozione di condizioni di lavoro dignitose nelle catene di approvvigionamento globali
Tra cui la direttiva 2014/95/UE relativa alla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (2) e il piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile (3). Essa partecipa inoltre attivamente a consessi internazionali e instaura dialoghi programmatici. Anche in materia di commercio, cooperazione allo sviluppo e diritti umani. Al fine di favorire il rispetto delle norme internazionali del lavoro relative al lavoro forzato e minorile, sensibilizzare alle condizioni di lavoro. Nonché garantire trasparenza e tracciabilità lungo la catena del valore.
La Commissione auspica che le imprese si assumano la responsabilità del proprio impatto sulla società
Anche tramite l’esercizio del dovere di diligenza basato sul rischio lungo l’intera catena di approvvigionamento. Essa incoraggia le imprese e i governi a seguire le linee guida internazionali in materia (4).
1) Lo scopo di questo tipo di progetti è sensibilizzare non solo al consumo ma anche alla produzione sostenibile, in linea con l’agenda 2030. Gli interventi specifici sono volti a incrementare le ispezioni, i controlli e gli audit di conformità da parte dei paesi partner.
(https://wfto-europe.org/ongoing-projects/rif. CSO-NSA/2017/387-139, invito a presentare proposte EuropeAid/151103/DH/ACT/Multi, Raising public awareness of development issues and promoting development education in the European Union. Sensibilizzazione dell’opinione pubblica alle questioni relative allo sviluppo e promozione dell’educazione allo sviluppo all’interno dell’Unione europea).
2) La direttiva 2014/95/UE modifica la direttiva 2013/34/UE
Introducendo l’obbligo per le imprese di grandi dimensioni di comunicare determinate informazioni relative alla maniera in cui operano e gestiscono i rischi sociali e ambientali.
3) Nel piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile pubblicato nel 2018, la Commissione ha dichiarato che svolgerà un lavoro di analisi e di consultazione presso le parti interessate. Per valutare, tra le altre cose, l’eventuale necessità di imporre ai consigli di amministrazione di elaborare e divulgare una strategia in materia di sostenibilità. Compresa una due diligence lungo l’intera catena di approvvigionamento.
4) Ad esempio, le linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici destinate alle imprese multinazionali e gli orientamenti della stessa sul dovere di diligenza; la dichiarazione tripartita dei principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale dell’Organizzazione internazionale del lavoro; il Patto mondiale delle Nazioni Unite e i principi guida su imprese e diritti umani delle Nazioni Unite.
Di seguito l’interrogazione con richiesta di risposta scritta alla Commissione
Articolo 130 del regolamento, 9 luglio 2018
Ignazio Corrao (EFDD) , Isabella Adinolfi (EFDD); Laura Agea (EFDD) , Daniela Aiuto (EFDD); Zoltán Balczó (NI) , Tiziana Beghin (EFDD); Monika Beňová (S&D) , Nessa Childers (S&D); Thierry Cornillet (ALDE) , Georgios Epitideios (NI); Eleonora Evi (EFDD) , José Inácio Faria (PPE); Ana Gomes (S&D) , Diane James (NI); Béla Kovács (NI) ; Merja Kyllönen (GUE/NGL); António Marinho e Pinto (ALDE) , Costas Mavrides (S&D); Lola Sánchez Caldentey (GUE/NGL) , Molly Scott Cato (Verts/ALE); Claudiu Ciprian Tănăsescu (S&D) , Marco Valli (EFDD); Hilde Vautmans (ALDE) , Udo Voigt (NI); Julie Ward (S&D) , Maria Gabriela Zoană (S&D).
Nel 2015 e nel 2016 la denuncia della BBC
Una denuncia di casi di lavoro forzato, lavoro minorile e impiego di sostanze chimiche pericolose in alcuni tè venduti nell’UE con varie certificazioni etiche. Tra cui Rainforest. A maggio 2018 uno studio della prof.ssa Genevieve LeBaron dell’Università di Sheffield ha riscontrato che alcuni rilevanti sistemi di certificazione etica, tra cui Fairtrade, non riescono a creare ambienti di lavoro che siano privi di sfruttamento e lavoro forzato.
Dalla ricerca sul campo è emerso che le retribuzioni dei lavoratori agricoli nelle aziende di cacao e di tè sono gravemente basse
Inoltre, i datori di lavoro violano costantemente le norme etiche. Inoltre, la prof.ssa LeBaron ha dichiarato che «alcuni dei casi più gravi di sfruttamento […] si sono verificati in piantagioni con certificazione etica». E che la certificazione etica e i regimi di audit rafforzano in realtà i problemi endemici nelle catene di approvvigionamento .
Alla luce di quanto esposto, e dell’attuale sovvenzione dell’UE a favore delle certificazioni etiche, può la Commissione far sapere
1) se è a conoscenza di quanti casi reali di sfruttamento e lavoro forzato, compreso il lavoro minorile, si verificano in piantagioni di tè e di cacao con certificazione etica?
2) se è in grado di specificare l’importo totale finanziato a favore delle certificazioni etiche attraverso i suoi diversi strumenti negli ultimi cinque anni?
3) quali misure intende adottare per garantire che i prodotti di tè e cacao commercializzati come aventi certificazione etica non siano stati prodotti con l’impiego di lavoro forzato, così da assicurare una scelta consapevole ai consumatori dell’UE?