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giovedì 21 Novembre 2024
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Silletti, la doppia vittoria AeroPress, unica a portare 2 acque: “Vinto grazie alla creatività e piedi per terra”

La doppia campionessa italiana: "Il caffè deve rimanere una bevanda semplice da far conoscere alla gente che è abituata a consumarne tanto e purtroppo non di altissima qualità. Un metodo come l'AeroPress riesce ad avvicinare in maniera divertente e non troppo complessa a livello gustativo le persone allo specialty. Lo propongo spesso al Fluid"

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MILANO – Maria Silletti non ha nessuna intenzione di tirarsi indietro quando si tratta di sperimentare con in mano un AeroPress: così, dopo la prima vittoria nazionale, ha deciso di fare il bis conquistando il primo posto per la seconda volta di seguito – mai successo prima – con l’edizione del 2022. Il segreto? Non ce n’è uno solo, ma molteplici fattori l’hanno portata a questa riconferma e poi alle qualificazioni dei mondiali, dove si augura di riuscire dove gli altri sino ad oggi hanno trovato la strada sbarrata. Abbiamo parlato con la campionessa, che attualmente lavora dietro al bancone del Fluid– Specialty Coffee & Sharing aperto di recente a Firenze, progetto de Le Piantagioni del Caffé con Idea food and beverage.

Silletti, prima domanda a caldo: com’è vincere per due volte di fila nella competizione Aeropress?

“È incredibile e fantastico allo stesso tempo. Vincere una volta è bello, perché ti dà una soddisfazione incredibile, ma è qualcosa che può succedere e che potrebbe esser soltanto frutto di fortuna. Invece, esser proclamati campioni una seconda volta significa che sto effettivamente costruendo qualcosa e la mia esperienza è dimostrata nella pratica. L’AeroPress è uno strumento complesso ed è necessario fare uno studio dietro non indifferente. La parte di training l’ho sviluppata soprattutto insieme al mio ragazzo Gianmarco Grassini che è stato per me il mio mental coach, mentre Eliana Moschetti, la mia store manager, mi ha incoraggiata durante la preparazione. La ricetta, le dosi, le ho studiate confrontandomi con il mio compagno, ed è stata una proposta che ha battuto gli schemi.

Ecco cosa ho portato in gara nel dettaglio, tra strumenti, proporzioni, tempistiche e temperature:

– 15g di caffè macinato a 26 clik con il Comandante
– 90g di acqua Wami ad una temperatura di 65° con turbolence nel versaggio e 3 spin rao a fine versaggio (pre infusione per il triplo del peso con Wami, acqua leggera con residuo fisso 180°C mg/L 34.1)
– 45 secondi di attesa per poi continuare il versaggio fino ad arrivare a 200g di acqua filtrata con 75 ppm di durezza totale alla temperatura di 80°. Anche questo versaggio con turbolence e a fine 3 spin rao.
– Ad 1.30 chiudere e capovolgere, 3 spin rao e attendere.
– A 1.45 ho iniziato a pressare fino a 2.00 minuti.

Le acque che ho utilizzato sono disponibili all’interno di Fluid. Con la Wami ad una temperatura di 65 gradi, ho gestito la maggior parte dell’estrazione, utilizzandone il triplo della dose rispetto al macinato. Turbolence e spin rao sono serviti da supporto nell’estrazione data la bassa temperatura. Nella seconda parte ho utilizzato un’acqua filtrata a 85gradi, con lo scopo di dare la giusta struttura e stabilità alla prima estrazione fatta con la Wami, trattandosi di un’acqua delicata e leggera. A 1.30 minuti ho capovolto e dato l’ultimo spin Rao per sostenere il tutto. Ho concluso poi con una pressata abbastanza dolce fino a 2 minuti. Questo ha permesso alla tazza di mantenere intatta la dolcezza fruttata, l’acidità malica e la giusta struttura che una tazza di AeroPress deve avere anche a bassa temperatura.

Quella sopra descritta è stata una preparazione che ha fatto scaturire molte domande: innanzitutto perché sono stata l’unica ad aver portato due acque diverse. Le ho testate entrambe singolarmente: la prima mi restituiva un ricco bouquet di fiori, ma produceva un corpo leggero che non mi soddisfaceva totalmente per l’AeroPress. Con l’altra invece, è stato possibile rafforzare il risultato finale, rendendolo più deciso. Ho sperimentato prima con l’ordine contrario rispetto a ciò che poi ho portato in finale: filtrata nella pre infusione e Wami nella seconda parte dell’estrazione, ma non funzionava. Invertendole invece ho ottenuto la tazza che poi mi ha portato alla vittoria.

Quando la giuria l’ha assaggiata, con la temperatura che iniziava a scendere, si è notata la differenza: se un’estrazione è fatta bene, anche col calare della temperatura conserva profumo, dolcezza, sentori di frutta. Questo mi ha portato a conquistare il campionato una seconda volta.”

Silletti: “Sono molto fiera di questa vittoria.”

“Perché spesso sia gli esperti sia chi sta ancora imparando, si confronta con i soliti parametri, concentrandosi troppo sulle regole che spesso però rappresentano quasi un limite alla creatività. Il caffè invece è un prodotto vivo e va trattato come tale. Il divertimento sta proprio nello sperimentare cose diverse, rispettandone le caratteristiche e il prodotto stesso. Io ho azzardato ed è uscita fuori una tazza che è stata apprezzata nell’assaggio alla cieca. Spero di portare ai mondiali una soluzione degna del lavoro che ho fatto sino ad oggi, facendo qualificare l’Italia che da anni ormai prova a farlo.”

Cosa porterà?

Silletti: “Ho delle idee, ma ancora non posso dir molto, perché tutto si basa sul caffè e sulle sue caratteristiche va testato per capire come risponde in base a determinate ricette e soluzioni. Ancora non so quale caffè mi arriverà: quando avrò la possibilità di studiarlo per bene, sarò in grado di comprenderne le giuste dinamiche per valorizzarlo. Anche per quanto riguarda l’acqua, il discorso è lo stesso: quale mi affideranno? Potrò utilizzare acque diverse? In che modo dovrò usarla per far risaltare il caffè? Un’altra incognita da chiarire è legata alla comprensione del palato della giuria: il caffè è sempre qualcosa di soggettivo ed è chiaro che non abbiamo tutti gli stessi gusti, una tazza con un’acidità spiccata e delicata potrebbe non essere apprezzata da dei giudici che magari potrebbero sceglierne una più decisa e meno strutturata, o viceversa.”

Qual è il suo segreto, Silletti?

“Tutte le volte che ho gareggiato, non mi sono mai posta l’obiettivo di vincere, mi presentavo con la voglia di confrontarmi, capire e partecipare per poter imparare e migliorarmi. Questo è quello che ti arricchisce nelle sfide: osservare la creatività e la preparazione degli altri competitor e trarne spunto. Sono sempre arrivata alle competizioni con i piedi per terra.

Il primo anno ho vinto senza aspettarmelo, e mi ha fatto realizzare che effettivamente il fatto che mi ero applicata e mi ero affidata completamente al mio studio e al mio palato a cui ho dato importanza, ha fatto sì che io arrivassi alla vittoria. Non avere mai rappresentato nessun brand mi ha portato ad affidarmi solo a me stessa e alle mie capacità.

Il percorso è personale: bisogna arrivare al risultato per sé stessi, al di là delle aziende che si hanno alle spalle. La convinzione non è necessariamente un alleato: più si rimane umili e legati al proprio impegno, più c’è la possibilità di andare avanti. Io ho collezionato anche delle sconfitte prima delle due vittorie, e questo mi ha spinto a fare meglio. Se sono arrivata qui è perché mi sono concentrata su me stessa, sul caffè, sull’estrazione e sull’AeroPress.”

Cosa le piace così tanto di questo metodo di estrazione alternativa? Ce ne sono tanti, ma lei sceglie sempre l’Aeropress

Silletti racconta: “Mi sono avvicinata all’AeroPress giocando. È uno strumento un po’ buffo e poi è davvero comodo. Sono pugliese e nei miei diversi viaggi devo dire che l’AeroPress è risultato lo strumento più facile da trasportare, e soprattutto da apprezzare perché versatile, dando anche un buon risultato in tazza. In più ha le sue complessità che lo rendono intrigante: la sua forma a cilindro piuttosto inusuale e il suo funzionamento che si basa su infusione ma anche sulla pressione. Bisogna saper utilizzare al meglio questo strumento, saper gestire la temperatura in base all’acqua che si sceglie, capire quale filtro utilizzare, quale macinatura adottare, quali tempistiche rispettare in base al contatto tra acqua e caffè per decidere che genere di tazza si desidera ottenere.

Insomma, le variabili sono tantissime. Quindi è divertente, proprio perché ti dà la possibilità di sperimentare e di lasciare spazio alla creatività. Elemento che non deve mancare in queste competizioni.

Il caffè deve rimanere una bevanda semplice da far conoscere alla gente che è abituata a consumarne tanto e purtroppo non di altissima qualità. Un metodo come questo riesce ad avvicinare in maniera divertente e non troppo complessa a livello gustativo le persone al caffè specialty. Lo propongo spesso al Fluid, soprattutto a chi non hai mai provato un caffè estratto in filtro, perché secondo me è più facile che venga apprezzato dato che al palato risulta più comprensibile, difatti una delle capacità dell’AeroPress è di ottenere maggior estrazione in tazza e un corpo più deciso rispetto ad altri metodi in filtro. In questo modo incuriosisco e riesco a creare un rapporto con il consumatore, accompagnandolo in un percorso di degustazione che di conseguenza riesce a far apprezzare anche il V60 e Chemex che risultano più complessi e meno compresivi come primo approccio.”

Metodo standard o inverso?
“Ho sempre utilizzato il metodo inverso, per comodità.”

Consiglierebbe l’Aeropress quindi?

Silletti non ha dubbi: “Anche al Fluid, per chi non ha mai assaggiato il filtro, propongo l’AeroPress. Anche perché ha una capacità di estrazione più elevata rispetto a un Chemex. I sentori scaturiti dal V60 sono delicati, ma con l’AeroPress si ha un risultato più corposo, caratteristica che per noi italiani abituati all’espresso è un ottimo primo step che porta verso una tazza più complessa senza traumi. L’AeroPress è proprio il primo passaggio per apprezzare meglio la delicatezza di altri metodi. Il filtro, la pressione, l’infusione, sono un ottimo compromesso. È una cosa che posso raccontare per esperienza.

Quest’anno c’è molta più gente che si avvicina a questo modo di consumare la bevanda: in Fluid poi, che è un posto moderno e innovativo che permette a noi baristi di avere maggior approccio con il consumatore rendendolo il vero protagonista all’interno del locale, il lavoro di educazione verso chi non ha mai assaggiato il filtro è più semplice. Fluid mi lascia la possibilità di raccontare questo metodo, spiegando come possa esser un buon passaggio intermedio dall’espresso ad altri tipi di estrazione. I clienti a cui ho trasmesso e comunicato tornano una seconda volta e vogliono sperimentare il V60: il palato va costruito passo dopo passo. È una relazione vera e propria che si deve instaurare con il caffè specialty. Nel Fluid ho anche lasciato esposto il premio AeroPress, che incuriosisce soprattutto i clienti internazionali, può essere un motivo in più per portare maggior divulgazione.

Penso in ogni caso che sino ad oggi il metodo più conosciuto tra i filtri sia il V60. Ma secondo me da qualche anno a questa parte si sta assistendo a una maggiore presenza anche dell’AeroPress. Non è certo il più conosciuto al momento, ed è un peccato perché come ho detto più volte, per me resta il più efficace dal punto di vista sensoriale per poter puntare verso la divulgazione del caffè specialty.”

Silletti ambasciatrice dell’AeroPress quindi

“Non saprei – scherza Maria Silletti – ma quando ho vinto mi hanno detto: nessuno c’è riuscito per due volte. Effettivamente pensandoci, potrei considerarmi così. Mi farebbe piacere e per me sarebbe un onore. È uno strumento che sicuramente ho studiato tanto, mi piace molto e con il quale lavoro spesso.”

Progetti futuri al di là di vincere i mondiali?

“Ci sono molte idee in ballo. Da poco ho iniziato a lavorare in Fluid e a collaborare con Le Piantagioni del Caffè e Idea food and beverage, spero mi diano sostegno e supporto per creare dei bei progetti. L’obiettivo principale per me resta quello di arrivare alla gente, avvicinarmi di più al consumatore comune. Spesso gare così complesse come quelle del circuito SCA – non ho mai partecipato da sfidante a Sigep, ma come volontaria e per passione – possono risultare troppo impegnative per le persone comuni che ne rimangono un po’ distanti.

Al contrario invece, la competizione di AeroPress risulta più leggera da comprendere. E questo si sposa appunto con la mia missione: costruire un progetto, magari con Le Piantagioni del Caffè e il supporto di altre aziende, che riesca a costruire un ponte tra la gente comune e il mondo dello specialty, creando magari interazione in modo tale da incuriosire e riuscire così a diffondere questo metodo e di riflesso la cultura del caffè dietro la bevanda. Ci organizzeremo.

In vista del mondiale poi, ho tutte le intenzioni di far qualificare l’Italia e poi vedere cosa succede. Non mi so spiegare perché ancora non ci siamo riusciti in questi anni e un po’ questo mi spaventa: tutti i vincitori del campionato italiano che mi hanno preceduto erano professionisti validi. Il motivo quindi è a me sconosciuto: l’anno scorso c’era il Covid e non ho avuto la possibilità di gareggiare, ora che ho la possibilità di andarci, forse riuscirò a comprendere meglio le dinamiche della competizione e cosa ci ha ostacolato fin qui. Sono molto carica in ogni caso. Noi esistiamo, lo specialty in Italia si sta muovendo ed è ora di spingerlo. Dobbiamo esser riconosciuti a livello internazionale.”

Conclude Maria Silletti: “Tengo a fare un ringraziamento speciale a Gianmarco Grassini, senza di lui non sarei arrivata a questo risultato. Mio fratello Pasquale Silletti che mi ha avvicinato al mondo dello specialty e ha fatto sì da fare crescere in me la passione. Quando ho iniziato a lavorare in Ditta Artigianale è stato anche grazie al suo sostegno. In ogni competizione ho visto lui in particolare come supporto, anche a distanza. Lui è il mio punto di riferimento, nella mia vita, tra i primi in questo mio percorso.

Ringrazio inoltre Eliana Moschetti per l’incoraggiamento. E ringrazio in anticipo tutte le persone che avranno voglia di darmi supporto e sostenermi per la competizione mondiale di Aeropress in Canada dal 1 dicembre al 3 in Vancouver. Che dire .. auguratemi buona fortuna!”

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