giovedì 20 Febbraio 2025
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Marco Tesconi, Keber: “Le macine dei macinadosatori sempre al centro del mondo del caffè anche nel futuro”

Marco Tesconi: "La prima attrezzatura che incontra un chicco di caffè tostato è il macinatore e il suo cuore è costituito dalla macina. Tutti i macinatori nascono partendo proprio dalla macina perché è questa che determina la velocità di produzione, e la qualità del macinato. Quindi è fondamentale lo studio della corretta geometria della macina stessa per arrivare al risultato desiderato. Se viene sottovalutato questo aspetto il rischio è proprio quello di avere un risultato in tazza qualitativamente negativo"

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La macinatura, e di conseguenza le macine dei macinadosatori, sono un passaggio fondamentale per arrivare all’espresso perfetto o alle preparazioni alternative eccellenti.  Alcuni esperti sostengono che la macinatura sia il passaggio più delicato e importante di tutta la vita del chicco di caffè. Un tema tecnico complesso, molto importante e delicato che va affrontato di petto.

Per questo ne abbiamo parlato con Marco Tesconi, global business development manager di Keber a SIGEP. In questa occasione Keber, che fa parte di Cimbali Group, ha annunciato l’apertura del sito di e-commerce a febbraio, per il mercato italiano.

Tesconi, siamo davanti a un componente fondamentale per il caffè perfetto: qual è esattamente l’importanza della macina nel processo di estrazione?

“La prima attrezzatura che incontra un chicco di caffè tostato è il macinatore e il suo cuore è costituito dalla macina.

Tutti i macinatori nascono partendo proprio dalla macina perché è questa che determina la velocità di produzione, e la qualità del macinato. Quindi è fondamentale lo studio della corretta geometria della macina stessa per arrivare al risultato desiderato. Se viene sottovalutato questo aspetto il rischio è proprio quello di avere un risultato in tazza qualitativamente negativo.

Uso la lente di ingrandimento per chiarire che, se il macinatore oltre a macinare bene, non riesce a espellere ciò che la macina produce, le particelle di caffè si scontrano tra loro e creano un attrito molto elevato. In questa condizione la temperatura della polvere di caffè diventa troppo elevata (si può alterare addirittura il colore del caffè) e ciò porta ad un’alterazione del gusto finale che risulterà sbilanciato verso l’amaro”.

Quindi per estrarre un caffè dolce ci vuole una macina adeguata?

“Sì, ma attenzione. Perché non sempre si vuole trovare la dolcezza in tazza. Oggi il mondo del caffè sta vivendo un’evoluzione molto marcata anche grazie a ciò che sta succedendo nel mondo degli specialty, l’obiettivo è poter ottenere un risultato allineato alle aspettative e ai desiderata. A tal proposito mi permetto di generalizzare.

Da un lato c’è una maggiore consapevolezza sul prodotto in tazza da parte del consumatore, che comincia a chiedere prodotti peculiari con dei gusti e delle note aromatiche alternative, non per forza specialty coffee, ma sempre caffè di altissima qualità. Dall’altro inevitabilmente i torrefattori devono adeguarsi e sempre più scelgono dove indirizzare le loro proposte in base alle richieste delle diverse tipologie di clientela.

Quindi per un caffè dolce, tratteremo il chicco in maniera specifica e useremo un materiale che enfatizzerà la dolcezza. Lo stesso discorso vale per far emergere l’acidità o un profilo aromatico fruttato piuttosto che uno molto più intenso. A parole sembra tutto estremamente complesso, ma dal materiale e dal taglio della macina riusciamo a guidare il risultato finale.

Per questo motivo noi di Keber vogliamo sapere innanzitutto quello che il nostro cliente, che è il costruttore dell’attrezzatura, vuole ottenere. Ecco che, se la macina non tiene conto dell’obiettivo del nostro cliente – che può essere produttore di attrezzatura, torrefattore o utente finale – difficilmente si ritroverà in tazza il gusto che desidera”.

Mi conferma che partendo dallo stesso caffè si può ricavare una bevanda fruttata, più dolce o più amara, semplicemente cambiando la macina?

“Assolutamente sì. E’ come un sogno che si sta realizzando, per questo sono convinto che l’argomento macine sarà il tema centrale dei prossimi anni riguardo al caffè.

Ad esempio proviamo a spostarci sulla tematica della ricetta, che è più di facile comprensione per tutti: partiamo da una macro suddivisione: caffè filtro o espresso, oppure café creme più lunghi e alti.

Già per queste ricette dovremmo essere certi di avere la macina giusta poiché quella da espresso deve riuscire a restituire una parte impalpabile che creerà un ostacolo quando l’acqua calda passa attraverso il pannello del caffè per preparare l’espresso perfetto.

Se parliamo di un filtro invece, la macina non dovrà generare polvere troppo sottile ma dovrà garantire una certa omogeneità per permettere all’acqua di restituire dei profili aromatici un po’ più acidi, facendo meno resistenza al passaggio del liquido caldo. Quindi, già come ricetta di base, dovremmo appoggiarci a due macine differenti con geometrie differenti.

Per questo motivo l’approccio di Keber è sartoriale: con il cliente degustiamo e capiamo come arrivare al gusto desiderato e in seguito si applicheranno modifiche, si svolgeranno diversi test finché non troveremo il giusto equilibrio desiderato dal committente”.

Passiamo ad un argomento didattico, nel vostro stabilimento fate macine piane e coniche, può raccontarmi di più?

“Sono due concetti tecnicamente diversi: la macina piana nasce ed è in continua evoluzione in funzione dei macinadosatori on demand perché la forza centrifuga riesce a far fuoriuscire rapidamente il caffè dalla camera di macinatura.

Mentre la macina conica è ancora molto diffusa sui macinatori con dosatore oppure dove il caffè per gravità scende verticalmente: macinatori manuali, oppure i macinatori delle macchine superautomatiche: Siamo orgogliosi di essere riconosciuti per questa tipologia come assoluti leader di mercato.

Mentre per le macine piano stiamo svolgendo attività di ricerca in modo da poter proporre soluzioni sempre più distintive”.

Cosa succede con una macina usurata sia essa conica o piana? Quanto tempo si mette ad usurarsi?

“Innanzitutto dipende dalla quantità di caffè utilizzato. Quanti chili di caffè si fanno. Quindi quanti chili può durare una macina? Ecco che la risposta dipende dal materiale che si usa, se più morbido o più duro. Più è duro più è resistente. Tra questi il più diffuso in questo momento è l’acciaio K110, materiale che permette anche di essere trattato, di avere una copertura, un coating, garantendo un’ulteriore durezza.

Specifico inoltre che in base al coating scelto è possibile caratterizzare il risultato in base ai desideri del committente. Ad esempio prendiamo una macina da 64mm a più diffusa in commercio: il cui range di costo può variare tra i 30 e i 300 euro: oltre alla qualità del macinato erogato, la differenza è data anche dalla sua durata.

Ad esempio la versione standard può resistere fino a circa 400kg, la stessa macina nella versione in acciaio K110 supera i 1000 kg, può infine un coating aggiuntivo portare fino a 2000 di macinato prima di arrivare al deterioramento.

Per accorgersi che una macina è finita ci sono due indizi principali: si nota un abbassamento della produttività e, di conseguenza si ha un minor rendimento. Inoltre, il gusto finale virerà completamente verso l’amaro, proprio perché la macina, non riuscendo a tagliare, mantiene il particolato all’interno della camera di macinatura e opera schiacciando il chicco.  Le temperature saranno per questo più elevate e si avvertirà anche che la parte superiore del macinatore surriscaldata: risultato, una crema evanescente in espresso, che scomparirà molto rapidamente in superficie”.

Tanta tecnica, un pochino di magia e tanta storia che confluirà a febbraio in un e-commerce. Che cosa vuol dire vendere in e-commerce degli oggetti apparentemente semplici ma così sofisticati?

“Tutto nasce dalla passione di Keber per un prodotto e per il mondo del caffè. È questa che fa sì che il nostro lavoro non rimanga fine a se stesso. Desideriamo portare la nostra competenza il più possibile a produttori di equipment, a torrefattori ed anche agli utenti finali.

All’inizio ho parlato di una maggiore consapevolezza da parte del consumatore. Abbiamo clienti che nei bar scelgono il caffè perché vedono delle proposte nuove e sono disposti a pagare un po’ di più, per trovare qualcosa di diverso. Alcuni di loro sono anche gli appassionati che a casa hanno i macinadosatori (anche se sono ancora una nicchia, soprattutto in Italia) e ciò ci fa pensare che ci sia l’interesse ad un miglioramento di ciò che sta già utilizzando, come una sorta di upgrade. È un po’ come le gomme dell’auto: quando si usurano posso ricomprare le stesse che mi ha fornito la casa madre, oppure posso scegliere delle soluzioni dalle performance migliorative”.

Tesconi, vuole aggiungere ancora qualcosa?

“Aggiungo una frase che racconto a tutti che siano colleghi o clienti: il momento fondamentale per un chicco di caffè è quando incontra una macina, se non se ne tiene conto tutti i passaggi successi potrebbero perdere in qualità del risultato: quindi la trasformazione attraverso una macchina espresso, sarà difficile anche con le migliori attrezzature che ci sono oggi sul mercato”.

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